33. Oblivion

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33.

A volte li vedo, e ci penso. O ci penso e poi li vedo. Sarà che io ero troppo impegnata, troppo immersa nei miei piccoli problemi quotidiani che riuscivano a rendere terribile una giornata altrimenti splendida, per accorgermene. Nessuno ci pensa che in una giornata ci sono almeno un miliardo di cose irripetibili che si possono fare. Correre per strada sotto il temporale, ad esempio. Inzuppandoti fin sotto ai vestiti. O tuffarsi in mare e nuotare a largo anche se l'acqua dovesse essere troppo fredda. O guidare di notte in posti sconosciuti tanto per schiarirti le idee. Non c'è niente a impedirci di rendere la nostra giornata unica. Siamo noi che lo decidiamo, noi che crediamo di non potere. In realtà ci sono pochissime cose che possiamo realmente non fare.
È così che lo schema mentale che ci spinge a compiere le stesse identiche azioni ogni giorno ci limita. È in giornate senza pioggia, senza mare, senza cielo stellato fuori dal finestrino della macchina che ci sentiamo oppressi. Giornate che diventano terribili per una B, per una multa o per un treno perso. Quando in realtà di terribile non c'è proprio niente.
E di questo te ne accorgi solamente quando si presentano le vere giornate terribili. E quando arrivano, finiamo per pregare in un Dio in cui non crediamo piuttosto che affrontarle. Più li vedevo, più ci pensavo. Come può essere l'uomo l'animale più evoluto al mondo e rimanere così stupido. Quelle matricole erano felici, felici e ignare. Ci sono davvero pochissime cose che possono non accadere durante i quattro anni di college. E almeno un miliardo di scelte che avrei potuto prendere per evitare quella giornata terribile.
La invidiavo, la loro ebbrezza. La sensazione di novità e indipendenza del primo anno. Loro salivano in una giostra dalla quale io stavo scendendo. Avrei solo voluto che sapessero quanto brevi fossero quegli attimi. Quanto si potesse tirar fuori da ogni singolo giorno. Volevo che sapessero che il loro tempo non era illimitato. Ma breve e soprattutto precario.

prima

«Come predetto, Alexis Bristol ha fatto in modo che i jeans a zampa tornassero di moda. Sono scioccato dal tuo potere in questo college.» Più spesso di quanto credeva, Drake parlava senza che nessuno lo ascoltasse. Ma in genere per lui avere ascoltatori non era fondamentale, bastava che facessi finta. Sentivo, ma non ascoltavo. Il sole batteva troppo forte e io mi perdevo nei particolari delle persone che mi passavano accanto fin troppo spesso. Avevo dato un'occhiata piuttosto invadente alla lunghissima treccia a spina di pesce di quella ragazza - doveva chiamarsi Beth, avevamo partecipato allo stesso concorso di scrittura creativa al primo anno - poi avevo pensato "finiscila, Dio santo, è strano", così avevo dirottato lo sguardo altrove. Le persone mi affascinavano, era difficile non guardarle.
«Terra chiama Alexis», soffiò Julie alla mia destra, risvegliandomi da quel trance giusto in tempo per non prendere la porta della mensa dritta in faccia. Mi accolse una piacevolissima aria fredda. Ogni tanto il dirigente della mensa scolastica decideva di essere magnanimo, accendere l'aria condizionata e non scioglierci come ghiaccioli. «Quanti gradi faranno? Quaranta?»
Julie si strinse nelle spalle. «Non più di ieri o dell'altro ieri. Oggi ci dovrebbero essere le patatine fritte. Ah, e ho dei buoni per dei nachos...»
Sollevò la sua nuova borsetta tutta gemmata, l'ultimo modello di Gucci. Poi infilò la mano dentro e tirò fuori, sventolandoli, due bigliettini rossi con l'immagine dei nachos piccanti della mensa.
«L'hai fatto solo per sfoggiare la tua borsa, ammettilo, materialista», attaccò Drake.
«Sì, non lo nascondo. È stupenda, vero, Lex? Cavolo, ti sei di nuovo persa? Ma che guardi?»
Mosse la mano davanti alla mia faccia.
Sbattei le palpebre, facendo un sussulto che per poco non fece tremare i vetri delle finestre.
Non lo so, perché mi fossi persa. Ma più guardavo Simon muoversi e gesticolare mentre scambiava qualche chiacchiera con Morgan e Alison, più mi sentivo in colpa. Provavo compassione... e dispiacere. Dopo tutto quel tempo. Forse proprio perché sapevo che le cose non avrebbero mai smesso di essere imbarazzanti o strane e non ci saremmo mai comportati come due normali amici. Non sapevo perché fosse così importante per me che lo fossimo, ma lo era. «Il fatto che ti imbamboli mentre guardi Simon mi spaventa», disse Drake dandomi di gomito. Alzai gli occhi all'insù. Che scemenza, non stavo mica fantasticando su quel sul ciuffo disordinato e il suo sguardo scaltro da buffone.
O le sue battute pessime. Simon non esercitava alcun fascino su di me, questo poco ma sicuro.
Mi chiesi dove fosse finito Jake. Ultimamente aveva molto meno tempo da dedicarmi, ma me lo facevo bastare. Eppure non studiava chissà quanto; più che altro era il tirocinio e l'orario scolastico a rubargli più ore dell'anno scorso.

Amami nonostante tutto 3Kde žijí příběhy. Začni objevovat