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Park Jimin era un banalissimo ragazzo di paese, senza sfumature e senza un qualcosa che lo rendesse unico.
Preferiva starsene nella sua camera a leggere che uscire fuori come i suoi coetanei, preferiva avere un telefono a tasti che uno smartphone e preferiva la compagnia dei suoi genitori che quella altrui. Anche se lui aveva degli amici, Taehyung e Jungkook. E cosa non più vera della famosa frase "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"? Jimin era uguale ai suoi due amici, forse si erano scelti proprio per questo.
Non frequentando la stessa scuola, si riunivano il sabato sera a casa di Jimin per giocare a scacchi. Si parlava del più e del meno e molte volte la conversazione finiva con un silenzio imbarazzante. Però si volevano bene, preferivano stare insieme che stare con gli snob del paese, la cui vita era molto più divertente della loro.
Per loro la parola "divertente" significava uscire fuori in bicicletta e percorrere i confini del paese senza uscir fuori da esso, perché vietato dai genitori. Jimin provava un brivido lungo la schiena ogni qualvolta si avvicinasse al confine del paese. Guardava oltre le montagne il tramonto e adorava quando, gli ultimi raggi del sole gli illuminavano il viso di luce arancione.
Ma quando ritornava a casa, scuoteva la testa e dimenticava quella sensazione di follia. Saliva in camera e ritornava a leggere uno dei suoi libri. I suoi genitori erano parecchio protettivi nei suoi confronti, così limitavano ogni attività per averlo sempre accanto.
In paese, Jimin aveva la nomina di essere un ragazzo educato e noioso e tutti lo odiavano per questo. Ai loro occhi, Jimin era perfetto. Ma se solo avessero saputo cosa passava per la testa di Jimin..
