II

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—Sapevo che ti avrei trovata qui— dice Chris facendomi spaventare. È entrato nella libreria e mi sta fissando, che sono ancora sul davanzale.
—Ti sta bene quel kimono— osserva lui.
—La domestica, la signora Robbins, mi ha detto che potevo indossare ciò che volevo...— mi giustifico.
—Lo so, gliel'ho detto io— risponde Chris.
—Non doveva stare via tutto il giorno?— gli chiedo.
—Un mio impegno è stato rimandato, perciò ho avuto il tempo di passare da casa a mangiare— mi spiega. —E per favore, dammi del tu.
—Come mai hai tutti quei vestiti da donna?— domando, ma lui in tono evasivo risponde: — È pronto il pranzo— ignorando totalmente la mia domanda. Scendo dal davanzale e seguo Chris, che mi conduce ad una grande cucina. È un po' strano che un uomo del genere viva in una casa vecchia in stile vittoriano, sembra più un tipo da arredamento moderno.
La signora Robbins ci serve il pranzo, e mentre mangiamo Chris cerca di fare conversazione per conoscermi.
—Che lavoro fai?— mi domanda. Che lavoro facevo mi viene da correggerlo, ma poi mi trattengo. —Interior Design— rispondo.
—Da quanto?— chiede.
—5 anni— dico. —Tu che lavoro fai?
—Compro e a volte rivendo azioni, ho una società, ma penso che tu l'avevi già capito— spiega.
—Ho fatto un anno di psicologia all'università, poi ho abbandonato e ho studiato design— mi giustifico.
—E ti stai chiedendo perché un uomo come me vive in una casa del genere con mobili antichi— dice.
Come fa a saperlo?
—Devo capire le persone che mi trovo davanti nel mio lavoro, e passi la maggior parte del tempo a contemplare i mobili— spiega Chris. —Vivo qui perché mi piace starci, ma ho anche una baita in montagna.
Bella risposta, penso.
—È una bella casa— commento, poi continuo a mangiare guardando il piatto. Odio sentirmi analizzata.
—Come ti ho già detto oggi pomeriggio devo andare via, perciò se hai voglia di fare qualcosa chiedi alla signora Robbins— mi dice Chris.
—Okay— mi limito a rispondere. Lui si alza dal tavolo e se ne va, passandomi accanto. Non mi saluta, ma sento le sue dita che mi sfiorano il fianco.
Che uomo strano.
Finito di mangiare, decido di chiedere alla signora Robbins qualche spiegazione.
—Perché mi sta tenendo qui?— le chiedo.
—Da piccolo ha sofferto molto per abbandono, perciò si prende cura degli altri— risponde lei.
—Quindi ogni persona abbandonata la porta in casa facendole fare tutto quello che vuole?— domando.
—Credo che trovi qualcosa di interessante in lei— si limita a dire. Evidentemente anche lei non sa molto. —Se vuole fare qualcosa mi dica pure.
—Cosa potrei fare?— le domando.
—Come sa già c'è la libreria, può leggere quello che vuole, altrimenti può uscire nel giardino, ci sono le stalle con i cavalli se vuole vederli, oppure ci sono le sale da ballo con il pianoforte, dovrebbe esserci il nostro musicista a provare per il ballo di sabato— mi spiega.
—Il ballo di sabato?— chiedo perplessa.
—Sabato si terrà un ballo in stile ottocentesco qui, Chris organizza spesso degli eventi, soprattutto di beneficenza— dice la signora Robbins.
—Che giorno è oggi?— domando.
—Giovedì.
Registro l'informazione, poi chiedo: —Mi può condurre alle sale da ballo?
—Ma certamente— risponde la signora Robbins con un gran sorriso, per poi farmi strada. Entriamo in un grande salone dalle pareti color rosa antico e il pavimento in piastrelle di marmo bianco con una grande scalinata sulla sinistra e un sontuoso pianoforte sulla destra, alla quale è seduto un uomo di mezza età in giacca e cravatta.
—Se ha bisogno di qualsiasi cosa mi chiami— dice la signora Robbins, poi se ne va. Attraverso il salone timidamente e mi dirigo verso il pianoforte, apprezzando ciò che il musicista sta suonando. Quando sono abbastanza vicina, il pianista mi nota e mi saluta cordialmente smettendo di suonare. —Buongiorno signorina.
—Salve— rispondo, chiedendomi distrattamente come mai non si sia fatto alcun problema il pianista nel vedere una completa estranea nella villa.
—A cosa devo il piacere della sua visita?— mi domanda. Sembra quasi che venga dall'ottocento quest'uomo.
—Stavo apprezzando la sua buona musica— rispondo.
—La ringrazio— dice il pianista sorridendomi. —Come si chiama?
—Jaylene— mi presento, perché presentarmi come Jay mi sembra inappropriato con un uomo del genere, anche se legato a questo nome non ci sono bei ricordi. —E lei?
—Io sono Richard Winfield— risponde l'uomo. —È un piacere conoscerla signorina Jaylene. Mi dica: sarà presente al ballo sabato?
—Spero di sì— dico. —Sembra che sarà un bell'evento, soprattutto se lei sarà presente a suonare.
—La ringrazio molto, e per quel che mi riguarda sarebbe veramente incantevole in un bell'abito— risponde in modo così carino da farmi sorridere. Poi nella mia mente si insinuano dei grandi dubbi. Perché si comportano tutti così gentili con me? Perché quest'uomo non si fa alcuna domanda sulla mi presenza? Perché Chris mi sta ospitando? All'improvviso mi manca il respiro, devo assolutamente uscire da questa casa.
—Grazie— mi limito a dire, poi me ne vado a passo svelto e cerco di ritornare in cucina, dove spero di trovare la signora Robbins. La vedo intenta a pulire dei soprammobili in un salotto, così le domando dove sia l'uscita per i giardini. Lei abbandona subito ciò che stava facendo e mi fa strada verso un'uscita sul retro della villa. Apro la porta ed esco, trovandomi davanti un grande giardino con eleganti mobili per esterni come sedie e tavoli sulla destra, dall'altra parte uno stagno con tanti pesciolini colorati e di fronte a me in fondo una sorta di boschetto di pini e sequoie, molto più curato rispetto a quello al di fuori della recinzione. Mi dirigo a tentoni verso il boschetto, e senza nemmeno accorgermene mi ritrovo con il petto contro il tronco di un albero, le mani appoggiate alla corteccia per sorreggermi. Cerco di riprendere a respirare normalmente, e quando lo faccio mi siedo per terra con la schiena contro l'albero.
Mi incanto osservando il cielo fra i rami, fino a quando mi tranquillizzo abbastanza da avere il battito cardiaco al solito ritmo. Decido di chiarire tutti i miei dubbi stasera quando tornerà Chris, per ora è inutile preoccuparsi.
Passo il pomeriggio girovagando per la villa, sorprendendomi di quante stanze ci siano qua dentro, poi mi rintano nella libreria di stamattina e inizio a leggere un libro a caso. Fino ad ora è abbastanza intrigante da invogliarti a continuare a leggerlo, speriamo che non sia come tanti libri che ho a casa che mi annoiano dopo un po'. Mi correggo, che avevo a casa.
Verso sera vedo una macchina entrare dal sontuoso cancello, la stessa macchina che avevo visto quando ho trovato la villa, e da essa ne esce Chris. Si ferma a parlare con un uomo, il giardiniere credo, che avevo visto quando sono uscita, poi lui entra a passo spedito. Ripongo il libro sullo scaffale ricordandomi a che capitolo sono arrivata e cerco di ritrovare la via per la cucina, perdendomi un paio di volte, per poi ricordare la strada. Quando sono quasi arrivata però sento la signora Robbins e Chris discutere a bassa voce.
—Perché l'hai lasciata uscire?— domanda Chris. Sembra arrabbiato.
—Stava male, voleva uscire solo un attimo, dopo è rientrata— si giustifica la signora Robbins.
—Poteva scappare— la rimprovera lui.
—No, non poteva, non ha altro posto in cui andare— risponde lei. —Non puoi rinchiuderla qua dentro per sempre.
C'è una lunga pausa prima che Chris dica: —Sì che posso.

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