Fase IV: Depressione. (Seconda parte)

373 44 52
                                    

Le mani, dalle mani si capiscono un sacco di cose.
Quelle di Ivan erano ruvide, con le nocche sbucciate. Mani di chi a scuola ci era andato poco, ma che si erano aggrappate forte a qualunque appiglio servisse per tirare avanti.
Quelle di Eis non erano come le sue: erano lisce, e curate, e a Ivan piaceva sentirsele sulla pelle, fra i capelli, ovunque. Avevano dato più carezze che pugni, donato più amore che dolore.
E la sua bocca... dio... aveva il fuoco al posto delle labbra. Un fuoco che Ivan alimentava con la propria di bocca, con la lingua, con i denti. Che gli scorreva nelle vene come fiamma liquida e che, temeva, sarebbe infine giunto a bruciargli anche l'anima. Mai, in tutta la sua vita, aveva desiderato qualcuno con una simile intensità.
L'irritante biondino era sotto di lui, e l'espressione di puro piacere che aveva in viso gli donava così tanto che, per una volta, non provava l'irrefrenabile bisogno di far scontrare le nocche sul suo naso. I loro corpi erano aggrovigliati assieme tra lenzuola che sapevano di nicotina e sesso, i loro respiri affrettati l'unico suono che le orecchie di Ivan riuscissero a cogliere, come se non ci fosse un mondo al di fuori di quel letto, tutto iniziava e finiva con loro due. La sua pelle aveva il profumo delle cose sbagliate; lo inebriava, gli dava alla testa più del bicchiere di vodka di troppo, e lo stuzzicava parecchio più in basso, tanto che la brama di muoversi, di renderlo suo, non era ormai soltanto un desiderio ma una vera e propria necessità fisica.
Spinse il bacino in avanti, e...

Spalancò gli occhi nei primi bagliori del pallido sole d'autunno, che si era arrampicato fino alla finestra di quella stanza. L'orgasmo l'aveva colto di sorpresa, nemmeno fosse stato un adolescente pieno di ormoni che certe esperienze le viveva per la prima volta. Scalciò via le lenzuola sporche di seme. Incredulo. Sconvolto. Inorridito. Non poteva sul serio aver sognato di...

Schizzò in piedi. Aveva bisogno di una doccia, di un buon caffè e di schiarirsi le idee. Stava quasi per congedarsi nel piccolo bagno annesso alla camera, quando si accorse che Iya era sveglia e che lo stava fissando con occhi pieni di domande.

«Buongiorno. Dormito bene?»

«Ti sei agitato parecchio.»

Non c'erano orologi nella stanza. Nei bordelli più che in qualsiasi altro posto il tempo era denaro, e farne perdere al cliente la cognizione era un buon modo per guadagnarne di più. Per sapere l'ora Iya sbirciò il cellulare di Ivan lasciato sul comodino. Erano le sei e cinquantotto.

«Mi dispiace. Ho avuto... un incubo»
Mentì, ma la ragazza girò il capo per guardare il garbuglio di lenzuola sul fondo del materasso, tornando poi a fissare lui con un sopracciglio inarcato.

«Sicuro fosse un incubo?»

Era sveglia da più di quanto Ivan avesse immaginato. Si grattò imbarazzato la nuca, suscitando la curiosità di lei.

«Chi stavi sognando?»

«Nessuno» si rese conto da solo che non si sarebbe mai fatta bastare la risposta, così aggiunse: «nessuno di importante»

«Ed è bravo a letto questo "nessuno di importante"?»

«Non quanto te.»

E a quel proposito... recuperò il portafoglio dalla tasca del giaccone, finito a far compagnia al resto degli abiti sul pavimento a scacchi rosa e neri. Ne tirò fuori diecimila rubli*, che porse alla ragazza «grazie della nottata.»

«Sai...» fece lei, inumidendosi indice e pollice per poi mettersi a contare con disattenzione le banconote «lo schiaffo era vero.»

«Come mai hai finto il contrario?»

«Perché confidavo che il senso di colpa ti spingesse a passare la notte con me. Sei uno dei clienti meno peggiori» si strinse nelle spalle «e perché mi vergognavo. Certe cose non si raccontano a chiunque» infine, gli sventolò la mazzetta sotto il naso «e anche per questi.»

Senza dire altro, Ivan aggiunse un'ulteriore banconota da duemila rubli** a un compenso già più generoso del dovuto, poi andò a farsi la sospirata doccia.
La confidenza di quella piccola manipolatrice gli aveva inaspettatamente suggerito il da farsi, e l'acqua bollente gli fu un poco di conforto. Uscì dal bagno sempre turbato, ma con una nuova consapevolezza: doveva parlarne con Nikoleta. Amica e analista, lei era l'unica che avrebbe potuto aiutarlo.
Iya già aveva lasciato la stanza. Si rivestì velocemente, e fece lo stesso.

***

Nikoleta non fu propriamente entusiasta di vederselo comparire sulla soglia di casa alle sette e trenta del mattino. Quantomeno non l'aveva svegliata: andò ad aprirgli con una tazza fumante di tisana al timo e zenzero nella mano destra, e un volume di "Sesso Guerra Morte" di Sigmund Freud in lingua originale in quella sinistra. Lo squadrò da dietro gli occhiali dalle spesse lenti, avvolta in un plaid con un decoro di gattini.

«Quanto è importante da uno a dieci?»

«Mi seve un consulto»

«Non ho nessunissima intenzione di venire a letto con te in questo moment...»

«Un consulto psicologico.»

Praticamente fu come se avesse pronunciato la parola d'ordine. La donna si fece da parte con un sorriso beato, liberando il passaggio per permettergli di entrare.

«Perché non l'hai detto subito?!»

Gli fece strada in uno stretto corridoio, reso tale non da pareti troppo ravvicinate, ma da pile e pile di libri appoggiati sul pavimento e ammassati contro di esse.
Casa di Nikoleta era un luogo bizzarro: un misto tra una biblioteca senza scaffali, una galleria di arte astratta e l'appartamento di un'universitaria. Strutturata su due piani, stracolma di oggetti, quadri e di cose lasciate in giro, che puntualmente perdeva e ritrovava magari dopo settimane. Lo condusse in salotto invece che nello studio dove solitamente riceveva i pazienti. Ivan si mise seduto sul divano, accanto al pupazzo di un pinguino e a una scarpa col tacco, a proposito di cose lasciate in giro.

«Vuoi un infuso? Un tea?»
Chiese Nikoleta, infilandosi nella piccola cucina a vista.

«Caffè, grazie»

«No, in quello ci metti troppo zucchero»

Fece ritorno alcuni minuti dopo con una tazza di Kusmi Tea***, che gli piazzò sbrigativamente in mano.

«Quindi...» disse, sprofondando nella poltrona di fronte a lui «di cosa volevi parlarmi?»

«Io volevo il caffè» replicò imbronciato.

«Non divagare, Ivan.»

Sbuffò, sorseggiando il suo tea per prendere tempo, e scottandosi anche un poco la lingua.

«Ho fatto un sogno»

«Un sogno bello o un sogno brutto?»

«Entrambe le cose.»

La donna ne rimase sorpresa. I sogni che in genere angosciavano Ivan avevano elementi ricorrenti come siringhe, sua madre o sconosciuti in vicoli bui, e mai li avrebbe definiti anche solo in parte piacevoli.

«Cosa hai sognato?»

«L'idiota del bar... quell'Eis... ho sognato di andarci a letto.»

- - -

*Diecimila rubli: pressapoco centoquarantasei euro.
**Duemila rubli: circa trenta euro.
***Kusmi Tea: nota marca di tea russo.

La versione migliore di meWhere stories live. Discover now