CAPITOLO 5

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Caccio un grido acutissimo che rimboma per tutta casa.
Il salotto è a soqquadro e due persone giaciono in una pozza di sangue: sono i miei genitori.
Papà è steso a terra davanti il divano mentre mamma é seduta su questo ma accasciata sul tavolino che vi si trova davanti. Sono immobile, completamente confusa e pietrificata. Non riesco a fare niente, non provo niente, sono completamente vuota. Non escono lacrime ma non sono felice, sicuro per il fatto che siano stati dei genitori di merda che mi hanno fatto vivere le pene dell'inferno é ovvio che non possa essere dispiaciuta però allo stesso tempo non esulto pazza di gioia, diciamo che prevale la me saggia che il massimo che puo fare è pensare alle conseguenze. Penso a cosa accadrà ora, se mi interrogheranno, de daranno la colpa a me, sono sola e ancora minorenne ma mi rifiuto di andare in una casa famiglia. Innanzitutto decido di salire in camera mia e prendere tutte le mie cose, non sono molte perciò non ci vuole tanto e poi mi dirigo verso la porta ed esco come se niente fosse. Appena giro l'angolo però mi sento afferrare da dietro e quancuno mi tappa la bocca, cammino all'indietro trascinata e quando mi voltano mi trovo circondata da uomini che mi puntano contro pistole e coltelli.
"Stai zitta e non ti succederà nulla"
Faccio di tutto per restare calma e per fortuna ho un indole tranquilla perciò ho la prontezza di non gridare, voglio solo capire cosa diamine sta succedendo. Respiro lentamente.
"Ci devi consegnare 10mila dollari entro un mese se non vuoi fare la fine dei tuoi genitori"
Spalanco gli occhi e il respiro si accellera, adesso un po di paura si sta impossessando di me
"Ma io... non ho tutti questi soldi, non ho proprio niente in realtà... come faccio..."
rispondo con voce tremante.
"Non è un problema nostro..."
dice l'uomo che ho davanti. Mi squadra dalla testa ai piedi con un sorriso beffardo in volto per poi esclamare con aria maliziosa
"...al massimo se proprio non ci riesci puoi pagare in un altro modo bellezza".
Non riesco a nascondere un espressione disgustata che si fa spazio sul mio viso paonazzo di rabbia e paura.
"Ovviamente se ne parli con la polizia farai una brutta fine"
Sbarro gli occhi e degludisco.
"Ora vai bellezza, ci si rivede tra non molto"
Abbassano le armi e mi giro mentre l'uomo che mi teneva ferma mi da uno schiaffo sul sedere, faccio un balzo e accellero il passo. Sono arrivata in una zona più affolata perciò mi siedo un attimo su una panchina per riprendere fiato e riflettere. Sono ancora un po scossa per tutto quello che ho vissuto in neanche 10 min. e ora comincio a capire che sono davvero nei guai. Non ho uno spicciolo e sono compleatamente sola, non posso pagare il debito lasciato dai miei genitori, che schifo di vita. In un attimo però ho un'illuminazione, tiro su la testa con uno sguardo illuminato e un sorriso enorme. Come posso essermi scordata, io non sono più sola, adesso c'è lui e posso chiedergli aiuto perciò caccio il cellulare dalla borsa e compongo il numero di Cole.
"Pronto"
"Cole sono io, El"
"Ehi piccola, come va? Gia ti manco?"
"Si... ehm no... cioè ho bisogno di vederti, è successa una cosa"
"Ok piccola tranquilla, arrivo da te"
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Lo vedo scendere dalla macchina che mi viene in contro, è cosi bello con quel cappotto che odeggia per il vento. Si siede vicino a me sulla panchina
"Ciao piccola, eccomi dimmi tutto"
Ho la testa china perciò Cole me la solleva con un dito da sotto il mento e spalanca gli occhi nel vedere i miei fanali col ghiaccio rossi e gonfi e le guance rigate dalle lacrime. Mi getto al suo collo e lo stringo forte, lui ricambia la presa e mi tiene stretta tra le sue braccia.
"Ehi ehi ehi, tranquilla respira che si risolverá tutto, ci sono io con te"
mi dice con voce preoccupata ma allo stesso tempo confortante.
"Vieni con me piccola, andiamo a casa e sistemiamo tutto"
faccio un respiro profondo e mi alzo in piedi, ancora con il viso paonazzo.
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Il traggitto in macchina é stato abbastanza breve e molto silenzioso, io guardavo fissa la strada con aria visibilmente stanca e spaventata, Cole mi ha sempre tenuto la mano. Ora siamo sul divano e sto per raccontargli tutto
"Allora..."

"Non ho parole, è una situazione assurda, io li ammazzo a quei bastardi"
sbotta Cole alzandosi in piedi, comincia a camminare in tondo come un matto mentre scrocchia le dita e sul suo volto appare sempre di più un espressione davvero colma d'ira. Io mi faccio piccola piccola nel mio angolo di divano, ancora un po traumatizzata da quello che è successo.
Cole capisce che facendo in questo modo non mi è di aiuto cosi mi osserva un secondo e decide di mettere da parte la rabbia per cercare di farmi stare meglio, si siete accanto a me e mi prende una mano.
"Scusa piccola, ora però stai tranquilla, ti prometto che andrà tutto bene, ci penso io e tu comincerari una nuova vita"
Annuisco aggiungendo un sorrisetto timido per poi sprofondare tra le sue braccia.

Daddy's Babygirl Where stories live. Discover now