#6 La pietra celeste

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(Mia / Mehandra)

«Da dove viene tutta questa luce?!», sbraitò il nano.
Era impossibile fissarne la fonte: il bagliore era troppo intenso. Mia abbassò la testa e vide che il corpo senza vita dell'uomo incappucciato era ancora lì, a terra. La sua faccia, una maschera di terrore.
«Su di noi pende una grave minaccia», gemette lo stregone.
«Spegni questo affare!». La voce del ladro era come un'instabile insegna al neon, di quelle che sfrigolano coi fili scoperti nelle notti d'inverno. "Pericolo", recitava la scritta. Poco più distante, il ciccione teneva una mano sugli occhi per proteggersi dalla luce. Ma c'era qualcos'altro d'insolito in lui: oscillava, molto lentamente. Mia aveva già visto quel comportamento. L'uomo col cappuccio!
Lo stregone disse qualcos'altro che lei non comprese e l'espressione del ladro cambiò: caricò il braccio e lo rilasciò come una cannonata sulla faccia del poveretto. Il terribile urto piegò la testa dello stregone, e uno schizzo di sangue misto a qualcosa di più consistente volò sulla parete di legno dietro di loro.
Mia gridò.

«Ah!»
Qualcosa nascosto dietro al sofà la sorprese alle spalle, il copione cadde sulle sue gambe.
«Sei mia prigioniera!»
La piccola Emily premeva il coltello di plastica sul collo della madre. In quel momento, però, non era Emily: era il suo personaggio preferito, l'indiana selvaggia ("Pocaonta", come la chiamava lei).
«Emy!». Mia si sforzò di sembrare arrabbiata, ma dal modo in cui la figlia le sorrideva capì che era una battaglia persa.
Non era facile arrabbiarsi con lei; non era nemmeno facile essere una donna sola, e con una bambina così piccola. Mia, però, non era sempre stata sola. Prima che la malattia lo strappasse da loro, ad aiutarle c'era suo padre. L'aveva sempre amata come una vera principessa, suo padre. Anche quando era rimasta incinta e l'immaturo figlio di puttana aveva fatto un passo indietro, lui non l'aveva mai giudicata. Si erano abbracciati, in silenzio; e da quell'abbraccio, Mia aveva capito tutto. Da quel giorno, suo padre era diventato il nonno di Emily e il padre di entrambe. Sua madre, che aveva abbandonato il marito quando lei era ancora molto piccola, Mia nemmeno se la ricordava.
Le era rimasto solo un esiguo conto in banca più il lavoro al supermercato, che appena appena le permetteva di rimanere a galla. Le cose, però, stavano per cambiare... e in peggio. Il grande centro commerciale che avevano aperto a pochi isolati dalla sua attività aveva lentamente calamitato tutta la clientela del quartiere, e con il calo del lavoro anche il personale era stato ridotto drasticamente. "Non so se arriveremo alla fine dell'anno, Mia", le aveva confidato un giorno il signor Garrett, il suo direttore. "Se hai un piano di fuga, beh, è arrivato il momento di sfruttarlo". Solo che, Mia, un piano di fuga non ce l'aveva proprio. Almeno, non fino a due mattine prima. Le era stato recapitato uno strano pacco, quel giorno, con dentro dei bizzarri vestiti, un voluminoso copione, e... un'insolita proposta.
Il mittente, la Quirksmode Inc., Mia non l'aveva mai sentito. Aveva pensato subito a una ditta di travestimenti con un forte bisogno di farsi pubblicità, ma il compito per la quale era stata "sorteggiata tra più di diecimila persone", sembrava facile e indolore. Avrebbe dovuto travestirsi con quello che le avevano preparato, studiarsi una piccola parte, e recitarla in una specie di teatro giù in città, non molto distante da casa. C'era un bel gruzzoletto per quell'impegno così semplice; non sufficiente a camparci, ok, ma avrebbe ammortizzato qualche mese di stipendio. E, magari, nel frattempo sarebbe arrivato anche un nuovo lavoro. Forse, proprio in quel nuovo, scintillante centro commerciale.
«Lasciami studiare, Emily. Da brava.»
Ma c'era qualcosa d'insolito in sua figlia: Emily teneva le mani dietro la schiena, come se stesse nascondendo un oggetto. Per un istante, Mia dimenticò i propri studi.
«Cos'hai lì dietro?»
Emily non rispose, limitandosi a sorriderle con la sua espressione da piccola ladra.
«Su, fammi vedere.»
La girò con forza ed Emy, stranamente, non oppose resistenza. Nel pugno teneva un ciondolo, una specie di collana. La gemma incastonata nel metallo era di color blu e la prima cosa a cui Mia pensò fu che era bellissima, quella collana. Sembrava anche molto antica.
«E' una pietra magica, mamma», disse sua figlia. «La pietra celeste». Mia alzò la testa verso di lei. Aveva già sentito quel nome, da qualche parte. «Ti avvisa. Serve a quello, mamma.» Un brivido percorse il corpo di Mia: non era la voce di sua figlia, quella. «Stai attenta, mamma. Attenta al ladro. Lui è... cattivo».
«Cosa?!», gridò Mia.
Si chinò sulle ginocchia, prese la figlia per le spalle e iniziò scuoterla con forza. «Che vuoi dire, Emily?! Dove l'hai presa? Dove hai preso questa...»
La collana esplose.

«Dove l'hai preso?! Spegnilo, ho detto!». Non era una richiesta, quella del ladro: era un ultimatum. Mia sbatté gli occhi. Cos'è successo?!. Aveva avuto un'allucinazione, di nuovo. Cosa significavano tutte quelle allucinazioni? Si stava forse ammalando anche lei, come suo padre? Emily!. In qualche modo, sentiva che sua figlia era in pericolo.
«Io...», balbettò lo stregone, la bocca impastata di sangue. «Io non... non fo come». La sua testa era ancora piegata all'indietro e Mia notò per la prima volta la grossa cicatrice che partendo dalla base del mento spariva giù, dentro al colletto. Un rapido movimento alla sua destra attirò la sua attenzione.
Il guerriero!
A quanto pareva, il ciccione si era appena ripreso dalla sua trance: ammirava inebetito la zuffa a pochi passi da lui, come se fosse piovuto lì per caso. Lo stregone alzò un braccio, provò a chiedergli aiuto. Ma per il guerriero, quello fu un segnale: come un gigantesco tsunami di lardo e ossa, tutta la sua massa si catapultò verso i due contendenti. Lo scontro fu violentissimo e la collana che lo stregone portava al collo fu squarciata; rimase impigliata nelle mani del ladro. Lo stregone, invece, volò via. A Mia venne in mente il mago Merlino del film "La spada nella roccia"; aveva visto il cartone assieme a suo padre almeno un migliaio di volte. Nel film, a un certo punto, Merlino si trasforma in un razzo e saetta verso Honolulu. Nessun'isola tropicale, invece, attendeva il loro stregone. Solo la dura parete di legno. L'impatto scatenò una vera e propria esplosione: il legno della parete andò in frantumi e il missile umano finì oltre.
C'è un doppio fondo nella parete!
Quando il corpo dello stregone raggiunse la base del pozzo, un macabro rumore di ossa frantumate ne furono la conferma. Il nano iniziò a correre in quella direzione, sporse la testa oltre il baratro. «Merda, lo vedo. Non si muo...», disse, ma poi si bloccò. «Oh. Dio...». Cos'ha visto in quel buco?!, si chiese Mia.
Il ciccione farfugliò qualcos'altro, troppo piano perché Mia potesse comprendere le sue parole. Dopodiché, solo silenzio.
Mia tornò a guardare le mani del ladro. Socchiuse gli occhi anche se non ce n'era bisogno: il bagliore blu era appena svanito. Vide lo strano oggetto. L'ho già vista, quella collana. Capì anche quando: gliel'aveva mostrata Emily, prima, nella sua allucinazione.

Enkil [ DA REVISIONARE ]Where stories live. Discover now