#9 Breaking bad

181 28 17
                                    

(Mia / Mehandra)

«Tutto a posto?», chiese la voce del ciccione.
Mia si accartocciò attorno al suo personale angolo di buio, ma dalla stanza cerimoniale sopraggiunse uno strano rumore.
«Torno subito, ok?». Il guerriero si allontanò.
Mia rilasciò i propri polmoni: da quanto tempo stava trattenendo il fiato? Un grido incomprensibile squarciò l’aria; qualcosa di enorme cadde a terra. Poi, di nuovo il silenzio. Mia attese una manciata di secondi, ma non vedeva l’ora di togliersi da lì. Il fiato del ladro era ancora sul suo collo, ma non era soltanto quello: sapeva che una presenza condivideva quella stanza con lei; era lì, da qualche parte, nascosta nel buio.
Devo andarmene da qui!
Riuscì a mettersi su quattro zampe; sfruttò gomiti e ginocchia, escoriando la propria pelle contro le ruvidità del pavimento. Il corridoio era vicino, ma ogni metro che faceva le costava enormi  dolori alle parti basse. Lo superò, strisciando come un militare dilaniato da una granata. Varcata la soglia della stanza cerimoniale, si bloccò. Il corpo del guerriero era a terra, capovolto in una posa innaturale. Russava, e quello era l'unico rumore all’interno della stanza. Vide il buco nella parete: era sempre lì, qualche metro dietro al ciccione. Dal pozzo usciva un’insolita nebbia, che si disperdeva verso l'alto in una miriade di boccoli densi e canuti.
Il respiro di Enkil.
La testa di Mia iniziò a girare; la stanza, il corpo del ciccione, il tavolo, il cadavere dell’uomo col cappuccio: tutto intorno a lei stava danzando. Si alzò in piedi, urtò qualcosa, cadde di nuovo. Il volto tumefatto dell’uomo col cappuccio era a pochi centimetri dal suo; le sue labbra si mossero. Non un solo mondo. E quando avvengono intersezioni…”, dissero, senza emettere alcun suono. Se c'erano mondi, intersezioni da raggiungere, ragionò Mia, allora servivano dei passaggi. Varchi. Alle sue orecchie giunsero nuovi suoni; sembravano urla di soddisfazione, e provenivano dall’antro oltre la parete.
«La principessa non torna indietro», disse Mia. Poi, si gettò nel buco. Avrebbe volentieri domandato a qualcuno se prima di lei fosse entrato un Bianconiglio, ma non c'era nessuno.

[ Colonna sonora: "Uprising" (Muse) ]

[http://www.youtube.com/watch?v=w8KQmps-Sog]

I corpicini erano sparsi sul pavimento come carte da gioco. Mostri, piccoli e deformi. Mia cercò di non calpestarli mentre seguiva quelle urla trionfanti. C'era davvero tanta luce in quel posto; abituati all'oscurità dei piani alti, gli occhi le dolevano, e mettere a fuoco era praticamente impossibile. Uno dei mostriciattoli si materializzò davanti a lei: aveva orbite enormi, troppo grandi per appartenere a un essere umano. Mia e lo strano abominio gridarono assieme. La scure apparve da dietro; colpì l'aborto alla base della nuca.
«Sì, merdoso!», gridò il nano. Si accorse della presenza di Mia, sgranò gli occhi. «Principessa, fate attenzione! Questi stronzetti sono pericolosi». La creatura giaceva sul pavimento, priva di vita; Mia si portò una mano alla bocca. «Folletti», annuì il nano. «I maledetti servitori di Belarius».
«Belarius?», balbettò Mia.
«Ma… ancora non comprendete, Altezza? Guardate dove ci troviamo: il bastardo, di sopra, è soffocato. Ma il suo malefico laboratorio va avanti: fabbricano lo stesso veleno con cui…». Il nano si bloccò; abbassò l'ascia sui propri piedi. «I nostri fratelli… non ricordate? Nessuno di loro è stato risparmiato!». Poi alzò il pugno, digrignando i denti. «Ma la maledizione del Re alla fine ha colpito: la profezia aveva visto giusto, e i traditori stanno cadendo, uno dopo l'altro!». Un grido lanciato in una lingua aliena tagliò la conversazione: uno dei demonietti correva verso di loro, teneva dritto sulla testa un oggetto contundente. «Fermo lì, pazzo schifoso!», latrò il nano. Caricò le braccia all'indietro, rilasciò, e la sua ascia roteò come un missile attraverso la stanza; colpì l'essere dritto negli occhi, mandandolo gambe all'aria. «Buon Dio…», sospirò Dinerth, «questo valeva almeno mille punti, eh, Maestà?». Corse a riprendere la propria arma, poi si girò verso di lei; le fece l'occhiolino. «Mettetevi al sicuro, Altezza, qui finisco io». Qualcuno urtò contro qualcosa, da qualche parte nella stanza. «Ehi, ti ho visto, sai?», gridò il piccoletto, alzando il dito. Poi, sfrecciò in quella direzione. Mia non lo rivide più.
Un laboratorio, pensò, dando una rapida occhiata a ciò che aveva attorno. In effetti, ora che gli occhi si erano abituati alla forte luce, decise che quel posto ne aveva tutta l'aria. In giro c'erano oggetti bizzarri, e delle più svariate dimensioni: ampolle, alambicchi, recipienti per la cottura; ogni contenitore era appoggiato sopra lunghi e lucenti tavoli di metallo. Dentro a maestose colonne di vetro, invece, ribolliva spumeggiando chissà quale sostanza infernale. Il fumo bianco e inodore era ovunque.
Mia appoggiò la mano su un mobile alla sua destra, e solo in un secondo momento si accorse che era una cassa. C’era una targhetta, su quella cassa, la lesse ad alta voce.
«Fratelli.»
Il suo sguardo scivolò oltre: c’erano altre quattro casse, tutte uguali alla prima.
Bare!
”Voi siete i discendenti dei sei fratelli di Enkil: i suoi soldati più fidati…”, disse, nella sua testa, la voce di Belarius.
«Seppelliti con lui in questo luogo sacro», terminò Mia. Il copione, ormai, lo conosceva a memoria.

(Sheldon / Sifodas)

Quando Sheldon aprì gli occhi, intorno a lui trovò solo inchiostro nero. Si portò una mano alla testa e la ritrasse un po' più umida. Leccò le dita, riconobbe subito il sapore del sangue.
Sono ferito!
Già. Ma… dove si trovava? Ricordò la telefonata di quella mattina: era stato il suo nuovo procuratore a contattarlo. Li chiamava così, Sheldon, quelli che gli mostravano le ragazzine. Non li potevi mai vedere in faccia, quelli, erano scaltri. Eppure, di tutti i tipi bizzarri da cui si era rifornito, quello era il più insolito. Non gli aveva chiesto nulla per la sua pregiata mercanzia, niente di niente. Al contrario, aveva promesso altra roba. Bastava solo che lui si presentasse a un incontro, un meeting nel quale avrebbe dovuto travestirsi da idiota. Da ladro, per essere precisi. “Ti divertirai parecchio”, gli aveva assicurato l’uomo del mistero. Una promessa un tantino azzardata, giudicò Sheldon; soprattuto, visti gli attuali sviluppi.
«Stanno arrivando.»
Era la voce di una donna. Sheldon gridò. Pochi secondi più tardi il suo urlo lasciò il posto a una risatina di sollievo.
«Gesù! Vecchia scrofa, sei ancora viva! Me l'hai fatta, sai?! Ci sono cascato come…»
«Sistemeranno tutto loro.»
«Ok, basta così. Spegni la radio, troia», ringhiò Sheldon.
Qualcosa esplose. La deflagrazione non era molto vicina, ma fece tremare le fondamenta dell’edificio. La vescica di Sheldon abbandonò l'abituale vigore, e il caldo liquido che conteneva iniziò a scorrere tra le sue gambe.
«Cos'era quello?!», balbettò.
«Li riconoscerai», rispose la sacerdotessa.
Ci fu un nuovo scossone, questa volta più vicino. Sheldon gridò ancora. «Cosa cazzo succede?!».
«Dal colore delle loro armature.»
Dentro a tutto quel buio, la vecchia era praticamente invisibile. All'improvviso, il mondo intero esplose davanti a Sheldon. Uno tsunami di luce e polvere lo investì, ebbe appena il tempo di coprirsi la faccia con le mani. Qualcosa di duro rotolò contro la sua gamba. Scostò le braccia, e finalmente li vide. Erano in tanti, tutti fermi a osservarlo. Immersi nella controluce del giorno alle loro spalle, il gruppo di guerrieri era armato di tutto punto. Sheldon sollevò l'oggetto che lo aveva urtato, lo prese per i capelli. Capelli?!. Per la terza volta in quei cinque minuti, gridò.
Uno dei soldati si mosse: appoggiò il grande scudo blu a terra e protese il suo mastodontico braccio verso Sheldon. Un attimo dopo, anche gli altri gli erano addosso. “Le Legioni del cielo.”, ricordò il ladro. “Li chiamavano così per il colore delle loro vesti, ma erano solo spietate orde di assassini.”. Caos. E distruzione.

Enkil [ DA REVISIONARE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora