Capitolo 2

8 1 0
                                    

Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi.
~Albert Einstein
₪₪₪₪₪₪₪

-Che hai?-Kevin mi stava ripetendo questa domanda da quando siamo entrati in classe un'ora fa

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


-Che hai?-
Kevin mi stava ripetendo questa domanda da quando siamo entrati in classe un'ora fa.
Fissavo la parete ingrigita e crepata su cui erano state fissate delle cartine sull'emisfero nord e quello sud del pianeta. I miei occhi continuavano a soffermarsi su quella carta disegnata senza realmente vederla.
La professoressa di italiano continuava a spiegare un certo Svevo, ma il mio cervello non era collegato e non stava di certo in quelle quattro pareti che avevano tutta l'aria di essere una prigione.
Non era collegato da quando avevo sentito la sua voce nella mia testa.
Potevo benissimo dare la colpa alla mia stanchezza, sia fisica che mentale, ed è proprio quello che feci.
Mi girai svogliatamente verso il mio compagno di banco, che aveva le sopracciglia folte e castane aggrottate fino a che si poteva vedere uno spesso solco sulla sua pelle abbronzata naturale.
-Niente-
Una risposta secca che però celava più di quanto si voleva far credere.
Non era esattamente niente.
Sembrò capirlo anche lui, infatti le sue iridi azzurre si scurirono leggermente, e sbatte' piano la sua mano sul banco, facendomi abbassare lo sguardo sul suo libro aperto.
-So che non è cosi- bisbiglio' per non farsi riprendere dalla prof, che incurante di noi procedeva con la sua spiegazione -Non puoi mentirmi. C'entrano quegli incubi?-
Gli avevo raccontato di quei sogni circa un'anno fa, quando in un pigiama party mi svegliai nel cuore della notte. Sempre sudato e sempre stravolto.
3.33
Sempre a quell'ora.
Gli dovetti spiegare tutto, sotto al suo sguardo attento e indagatore.
Avevamo dato entrambi la colpa al trauma che avevo subito alla morte di mia madre.
Non avevamo più ripreso quel discorso, anche se quegli incubi non accennavano a diminuire.
Beh, fino ad adesso.
-Si- sussurrai, chinando la testa, non potendo sopportare oltre quelle sue iridi, che nonostante fossero azzurre non avevano niente a che fare con quell' azzurro.
Kevin sospirò. Un profondo e tremante sospiro.
Sollevai la testa e puntai gli occhi sulla professoressa.
La vidi inizialmente sfocata, sbattei rapidamente le palpebre, per la seconda volta in quella giornata.
La mia vista non migliorò, anzi. Prima vedevo sfocato, poi nitido, e poi ancora sfocato.
Mi stropicciai gli occhi con le mani, ma quando li riaprii vidi quella stessa luce del mio sogno.
Lei era tornata.
Stava lì, davanti a me, come se fosse una brutta premonizione.
L'aula sembrò riempirsi di quella luce, e poi tutto si spense.
Non vedevo niente.
Poi nella mia testa si susseguirono dei flash di immagini.
Una casa, un bosco, una capanna.
Faceva male. Tanto male.
Urlai, ma nessuno sembrava sentirmi.
-Aiutami, Steve!-
Cercai di pensare lucidamente, anche se la mia testa sembrava essere stata conficcata in un cesto di spilli, e anche se la mia vista sembrava essersi oscurata.
-Chi sei!?-
-Sono Haziel, devi aiutarmi!-
-Tu non sei reale!-
Mi presi la testa fra le mani, e mi strinsi forte i capelli.
-Steve!-
Realtà e sogno si mischiarono tra di loro, e quasi non sentii una mano che mi squoteva.
-Steve, svegliati amico mio!-
-Steve!-
La mia vista tornò normale.
Kevin mi stava guardando da sopra con sguardo preoccupato.
Da sopra? Ero caduto?
Mi sforzai di sollevarmi. I miei muscoli erano indolenziti, e le mie gambe quasi non ressero il mio peso quando mi risollevai del tutto.
La classe intera mi stava guardando, e la professoressa mi stava accanto.
Imbarazzante.
-Prof, lo posso accompagnare in infermeria?-
-Si, però dopo devi ritornare in classe-
Guardavo tutto dall'esterno, come se fossi uno spettatore di fronte a uno spettacolo di teatro.
Il mio migliore amico mantenne la parola, e mi accompagnò in infermeria, dove la signora Stone ci guardava con un cipiglio preoccupato.
-Cosa è successo?-
-Steven è svenuto, lo può controllare? Magari ha avuto solo un calo di pressione-
Svenuto? È questo quello che era successo?
-Si certo, controllero' subito- l'infermiera mi si avvicinò -Steven? Puoi sederti su quel lettino?-
La fissai allucinato, e guardai il suo dito che indicava una barella poco piu in fondo, cosi annuii.
Mossi il primo passo, ma Kevin mi fermò.
-Avvisami quando stai meglio okay?- mi guardo' intensamente e gli feci un cenno con la testa.
-Va bene- la mia voce era roca, come se in realtà avessi solo dormito.
Mi diressi verso quel piccolo lettino, e cauto mi ci sdraiai.
-Aspettami qui che vado a prendere un paio di cose. Non muoverti- l'infermiera mi guardò, e a passo svelto uscì da quella stanza.
Mi portai una mano sul volto, aspirando quell'odore di disinfettante e candeggina.
Doveva aver pulito da poco.
-Non stai affatto maluccio così- una voce femminile mi fece sussultare, e tirare su di scatto da quella barella.
Per un istante la mia vista si annebbio' ma si schiari' quasi subito.
Sull'uscio della porta c'era una ragazza.
La stessa ragazza che avevo visto stamattina.

InconceivableDove le storie prendono vita. Scoprilo ora