Capitolo 1

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Sii ciò che sei e di' ciò che senti, perché quelli a cui importa non contano e a quelli che contano non importa.
~Bernard M. Baruch
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Apro svogliatamente i miei occhi al trillo della sveglia

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Apro svogliatamente i miei occhi al trillo della sveglia.
Soffoco un grugnito, seppellendo il viso stanco sotto il cuscino, ignorando il suono insistente di quella macchina infernale sul mio comodino.

Allungo stancamente un braccio e premo a caso i pulsanti su di esso, facendo smettere quell'orribile trillo, che nonostante l'avessi spento le mie tempie pulsavano come se fosse ancora in funzione.
Incredibilmente avevo passato le ultime 4 ore dormendo peggio degli animali in letargo, e cosa ancora piu bella nessun incubo mi aveva fatto visita.
Mi trascinai stancamente fuori dalla stanza, diretto in cucina. Non prima però di darmi un occhiata allo specchio.
Avevo un aspetto orribile; gli occhi chiari assonnati e stanchi ornati da borse scure, la mia pelle già chiara di suo era di un pallore spettrale. I miei capelli erano peggio di un nido di rondine. Sparati in più direzioni senza un apparente senso.
Mi appoggio sul bancone della cucina mettendo sul fuoco la brocca di caffè.
La casa , troppo grande per ospitare solo una persona, appare troppo silenziosa. Quasi spettrale.
L'unico suono che si sente è il fischio della brocca che mi fa capire che il caffè è quasi pronto.
Oramai però mi ero abituato a tutta quella pace che regnava quasi sempre in quelle quattro mura.
Mio padre sen'era andato tempo fa per andare in un casinò. Quella notte non è piu tornato a casa, e io nemmeno avevo avuto voglia di andarlo a cercare. Ero stufo delle sue continue uscite, delle sue scommesse, e dei gridolini di quelle ragazze senza dignità né cervello che lui si portava a casa.
Mi aveva ignorato peggio della peste, perché secondo lui gli ricordavo lei.
Come se io non stessi abbastanza male per la sua morte. Come se non me ne fregasse nulla.
Ora sono io a dover gestire tutte le spese, lavorando in una sudicia officina poco lontano dalla mia casa.
Bevvi frettolosamente il mio caffè, e divorai una fetta di pane con la nutella.
Dovevo sbrigarmi per andare a scuola.
L'orologio che stava sulla parete della cucina segnava le 7.40.
Mi precipitai a cercare un'abbigliamento adatto, che in questo caso era un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe con sopra un giacchetto in jeans.
Le temperature non si erano ancora abbassate, fuori tirava una brezza leggera.
Presi il mio iphone con le cuffiette, preparai lo zaino e mi affacciai allo specchio del soggiorno, cercando di dare un contegno ai miei capelli disordinati, così presi le chiavi e uscii di casa.
Mi misi le cuffiette nelle orecchie e avviai lo shuffle, che cominciò con Havana.
Mentre la voce di Camila Cambello accarezza le mie orecchie, mi estraniai completamente da ciò che mi circondava.
Non ne potevo fare almeno. La musica per me era l'unica cosa che contava.

Havana, ooh na-na
Half of my heart is in Havana, ooh-na-na
He took me back to East Atlanta, na-na-na
All of my heart is in Havana
There's somethin' 'bout his manners (uh huh)
Havana, ooh na-na

Quando sollevai il mio sguardo mi accorsi di essere arrivato ai cancelli della scuola. Mi tolsi le cuffiette, interrompendo la musica.
-Hey Bro!-
Mi girai e vidi Kevin venire verso di me.
Lui era l'unico amico che avevo. L'unico di cui potevo realmente fidarmi.
Anche quando eravamo bambini lui mi è sempre stato accanto.
-Hey Kev!- 
Ci salutammo con una pacca sulla spalla e un abbraccio.
-Come l'hai passata quest'estate?- un sorriso malizioso fa capolino sulle sue labbra piene. Roteo gli occhi.
-Uh niente. Sole, mare, piscina e casa-
I suoi occhi azzurri strabuzzano -Ragazze?-
Scossi la testa. Non ero un tipo molto socievole. Le ragazze erano tutte come quelle che portava mio padre a casa.
Senza cervello.
Decisi di cambiare argomento.
-Tu invece come l'hai passata l'estate?-
Il suo sorriso si allarga. Rivelando una fila di denti dritti e bianchi.
-Ragazze,mare e ancora ragazze-
-Quando ti troverai una ragazza fissa?- ghignai.
-Quando gli asini voleranno mon amour- disse imitando una voce femminile e scoccandomi un bacio volante.
Risi e scossi la testa.
Sempre il solito.
La campanella suonò, e alcuni ragazzi cominciarono ad entrare manco fosse una porta per il Paradiso.
Mi avviai lentamente all'entrata, facendo passare dei ragazzi che sgomitavano e schiamazzavano, urtando le mie povere orecchie con le loro voci.
Ma ecco che all'improvviso i suoni divennero ovattati, sentii un brivido lungo la schiena.
Avevo la terribile sensazione che qualcuno mi stesse osservando.
Mi girai.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri mi stava osservando.
Steve!
La voce dell'incubo tornò.
Aiutami!
Sbattei piano gli occhi, e quella ragazza non c'era più.
Non mi era mai successo che la voce del mio sogno si materializzasse anche durante le ore del giorno.
Quella ragazza l'avevo già vista da qualche parte nella scuola dove andavo.
Ma sapevo che questa volta era stato diverso.

InconceivableWhere stories live. Discover now