Capitolo 22 Allyson

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Ricordi, che se pur sbiaditi dal tempo sanno farti male.

Ho la testa che mi scoppia. Sono seduta sul letto da non so quanto tempo, i miei pensieri si perdono sul pavimento sottostante, si arrampicano sulle pareti e tutto si ripete in un circolo vizioso. Le sue pozze verdi che ammiccavano quando faceva il furbo di fronte alla segreteria. La sua voce irritante durante l'ora del professor Liry. Le sue morbide labbra che improvvisamente avevano toccato le mie sui gradoni del campo da calcio che frequentava da bambino. Sembrava tutto normale, un incontro qualunque, ma la verità è che nascondeva solo tanti salti nel buio... e io, per inseguirlo e non rinunciare a lui, li ho fatti tutti, annegando nel mare nero della sua vita troppo incasinata. Solo che adesso che ho nelle orecchie la sua voce disperata che continua a implorarmi di non lasciarlo, mi sento quasi morire. Lei aveva avuto la sua prima volta con lui e ora porta in grembo suo figlio. Nel suo corpo cresce una parte di Damon e non esiste destino o fatalità che possa cambiare la dura realtà che la vita mi ha prontamente sbattuto in faccia.

Con il dorso della mano asciugo l'ultima lacrima solitaria che scorre sulle guance stanche.

«Ti farai male, Evans», aveva gridato Joselyn di fronte a tutto il campus. Forse sapeva già che avrebbe avuto la possibilità di portarmelo via per sempre. Una parola che ho detto a me stessa che non esiste, ma ora è più vera di ciò che le mie mani stanno toccando in questo istante.

Il telefono squilla, lo prendo dal comodino di fianco al letto. Leggo il nome di Kam sul display, mi schiarisco la voce prima di rispondere.

«Pronto?», dico cercando di non far trasparire le emozioni. «Ehi, principessa. Aspettavo una tua chiamata, ieri. Come stai?», trattengo il fiato per trovare una risposta alla sua domanda.

Come sto? Ancora non me lo sono chiesta.

«Non lo so... è tutto... è tutto dannatamente doloroso», ammetto con un fil di voce. «Ingiusto... sono... sono arrabbiata», aggiungo stringendo il lenzuolo in un pugno.

«Continua», mi incalza lui.

«Lo sapevo. Sapevo che poteva essere suo, ma credo che... che solo quando lo ha detto mi sono resa conto che era reale», immagino le nostre vite lontane, come mondi diversi che vagano su galassie disperse.

«Passo a prenderti», esclama d'un tratto.

«N-no, non è il caso», tento di dire.

«Non posso portare la mia migliore amica a ingozzarsi di gelato?», sorrido appena, annuendo anche se non può vedermi.

«Ma è San Valentino», gli ricordo pensando a lui e a Chaise.

«Questa sera, fino ad allora sono tutto tuo», risponde in modo scherzoso. «Alza il culo e preparati, sarò lì tra una mezz'ora», chiude la chiamata senza che abbia il tempo di obiettare.

Gliene sono grata, non resisto più in questa stanza da cui l'aria sembra esser stata risucchiata. Vado verso il bagno, apro il getto d'acqua della doccia e aspetto che il vapore riempia lo spazio, poi mi privo dei vestiti, riponendoli nel portabiancheria. Entro lasciando scivolare ogni goccia sul mio corpo, con la speranza che mi ripulisca da tutto ciò che mi ha sporcato fino a questo momento. Alla mente torna il suo sguardo, la sua bocca che assapora la mia pelle dove nessuno aveva mai osato. Lui, il primo di troppe cose... il primo bacio dato a tradimento; il primo che abbia preso il mio cuore facendogli fare mille capriole nel palmo della mano; il primo ad averlo frantumato in un solo schiocco di dita; il solo che mi abbia fatto conoscere il dolore fino in fondo alle ossa. La persona che non dimenticherò mai nemmeno se volessi. Ho provato così tante... troppe volte a odiarti. Ma sono arrivata a una conclusione, non posso odiare la metà imperfetta di me stessa. E tu lo sei sempre stato e lo sarei sempre, lontano dai miei occhi, ma vivido nel mio cuore.

Un Amore Proibito 2 - Vite LontaneWhere stories live. Discover now