And the winner is... Wattys 2018

Magsimula sa umpisa
                                    

Ma, prima che questo accada, ho un progetto molto più "vicino" al traguardo, una raccolta di racconti scritta a otto mani che uscirà ai primi di dicembre. Sarà un auto pubblicazione, perché io e le altre autrici (e tutto il gruppo di volontari che sta credendo nel progetto) abbiamo deciso di devolvere i proventi a Telethon e volevamo che la raccolta uscisse con i nostri tempi e senza doverci preoccupare di trovare un editore. Ho scritto cinque racconti su ventidue e, più ci lavoro, più sento Oltre le Nebbie del Tempo come il mio figlio primogenito. Come con i gemelli, si è formato per secondo, ma nascerà per primo. Sono eccitata e al tempo stesso terrorizzata.

D: L'essere donna è un fattore che può influenzare la propria carriera nell'editoria? Conosci qualcuno che ha pubblicato e ti riportato la sua esperienza?

R: Lavorando come editor free-lance, mi sono trovata a camminare in punta di piedi vicino a questo grosso, vecchio drago chiamato Editoria. Per ora, a influenzare la mia vita in questo settore è stata l'età (e il fatto che ho la faccia di una sedicenne non aiuta), più che il genere. Accumulare esperienza non è facile, se i datori di lavoro vogliono assumere solo persone che di esperienza ne hanno già, o al massimo sfruttare tirocinanti malpagati (o non pagati affatto)... ma è una storia che probabilmente tutti i millennial conoscono, questa. La cosa curiosa, fingendo per un attimo che l'esperienza personale conti qualcosa come campione statistico, è che le editor che conosco (sia via internet, sia di persona) sono quasi tutte donne.

D: Passando alla tua vita quotidiana, se stata mai vittima o hai assistito a un episodio misogino o antifemminista? Se sì, come hai reagito in quella circostanza?

R: Ho dovuto pensarci, per rispondere a questa domanda. Mi è tornata in mente quella volta che ho visto una coppia litigare in stazione e non ho avuto il coraggio di fare nulla (sia perché sono una nana da giardino alta un metro e una ciliegia, sia perché dimostro al massimo sedici anni e ho l'autorevolezza di una sedia) e poi quella in cui io e una mia amica, tornando a casa di una serata fuori, siamo state seguite da un tizio in macchina e abbiamo dovuto fingere di entrare in un palazzo per essere lasciate stare. O ancora le volte in cui mi sono trovata a parlare di catcalling e mi sono sentita dire che «è un complimento», quando mi sono sentita dire che il tradimento «è colpa di quella [inserite insulto a piacere] che viene a insinuare il povero ragazzo», o ancora quando un conoscente del mio ragazzo (stavamo facendo Pasquetta fuori in comitiva) ha cercato di spiegarmi perché, anche se il corpo è mio e la vita pure, non mi dovrebbe mai e poi mai passare per la testa di abortire. Sono tutti eventi "piccoli", se confrontati ad altri più pesanti (e cerco sempre di non aprire quella scatola e lasciarla confinata in soffitta), ma sono soprattutto le cose piccole, credo, a fare l'insieme della nostra quotidianità. Viviamo molte più cose "piccole" che grandi, statisticamente... e, se non ci fossero le piccole, alle grandi non si arriverebbe.

D: Come influiscono le tue convinzioni nel tua vita di tutti i giorni? Come insegni/insegneresti ai tuoi figli il rispetto per la parità di genere? Come speri che cambi il mondo in questo frangente?

R: Devo ammettere che sono una femminista convinta, ma "tardiva": ho cominciato a notare che qualcosa nel mondo non girava nel verso giusto solo qualche anno fa. Ho cominciato a informarmi il più possibile, da allora, ma il vero grande cambiamento nella mia vita, da che ho aperto gli occhi, è che litigo molto più spesso (indovinate un po' quanto sono stata carina ed educata nelle discussioni citate sopra...) e tendo a bacchettare amici e conoscenti, che per chissà quale miracolo non solo sopportano, ma riescono a guardare oltre i modi per cogliere il messaggio. Proprio oggi mi sono esibita nella Bacchettata Olimpionica, quando, discutendo di trame per nuove storie, una mia amica ha detto «Be', mi piace che lui sia il "principesso" della storia.» e io subito triggerata a spiegarle che «per favore, non dire 'ste cose che mi fai inacidire lo yogurt» e giù a elencarle i motivi per cui parole come "principesso" e "mammo" sono il Male Assoluto. Non sono troppo delicata, lo ammetto, ma ho la fortuna di essere circondata da persone che preferiscono dirsi le cose in faccia, anche con durezza. Adoro il rapporto che ho con i miei amici, per questo – e non solo per questo.

Per il resto... pur non volendo dei figli (non ho alcun istinto genitoriale e non mi scuserò per questo), faccio doposcuola a una bambina e nelle ore che passiamo insieme cerco di insegnarle il rispetto, per se stessa e per gli altri, oltre alla matematica e alla storia. E, quando capita, faccio del mio meglio per incuriosirla, spronarla, darle una visione della realtà che non sia semplicistica solo perché ha dodici anni. Più che insegnargliela, cerco di trasmetterla, la parità di genere – il tempo dirà con quali risultati. Ovviamente, vorrei che il mondo cambiasse in meglio, possibilmente senza tornare indietro su conquiste che davamo per acquisite, e si avviasse verso uno smantellamento dei ruoli di genere. Sogno un mondo in cui dichiarazioni come quelle di Alessandro Strumia non abbiano più motivo di essere smontate perché non esisterà più qualcuno che le pronunci... e sogno un mondo in cui non debbano più esistere le quote rosa, perché le donne sono valutate esattamente con lo stesso metro degli uomini, dove non ci sia bisogno di sfilare per le strade per dire al mondo che la propria esistenza è valida quanto le altre (e non penso solo ai Pride, ma a tutte le manifestazioni che hanno bisogno di gridare «io esisto, vivo su questa Terra e non ho intenzione di andarmene!»), perché che l'esistenza di tutti sia valida è talmente ovvio che non c'è bisogno di ribadirlo. Dite che sogno troppo in grande? Può darsi, ma una volta qualcuno ha detto che «se puoi sognarlo, puoi farlo» e io di Walt mi fido, scusate.

D: Hai consigli per i lettori e scrittori per scrivere su qualcosa che tratti il nostro tema?

R: Be', non so se sono la persona più adatta a dare consigli, ma ci provo.

Come primo consiglio, direi di trattare i personaggi come persone. Sembra banale, ma spessissimo capita che certe caratteristiche (il genere, ma anche l'orientamento sessuale, il colore della pelle...) sembrano avere più peso di quanto non dovrebbero e portano a caratterizzare il personaggio come uno stereotipo, dimenticando che le caratteristiche che ho citato (come tutte le altre) sono appunto solo questo, caratteristiche. Potranno aver influenzato il vissuto del personaggio in una certa parte della sua vita, ma questa persona è di più, ha una vita, interessi, obiettivi... tanto, tanto altro che merita di essere esplorato. Ragazz*, scappate dai token characters a gambe levate: faranno solo male alla vostra storia!

Il secondo – e con questo vi lascio – è di informarvi il più possibile. Leggete i saggi divulgativi di chi, con certe situazioni, ha lavorato e lavora, ma soprattutto le testimonianze. Le testimonianze sono importantissime per capire come persone vere hanno reagito alle esperienze che intendete far vivere ai vostri personaggi... e, soprattutto, vi apriranno gli occhi sul mondo. Google, checché ne possano dire i suoi detrattori, è il vostro migliore amico.

D: Grazie mille per il tempo che hai speso per noi, ti auguriamo mille di questi Wattys e dieci collane in pubblicazione, magari una tutta all'insegna di WritHer!

R: Grazie a voi! Sono molto contenta dell'occasione che mi avete dato: stimo tanto la vostra campagna e l'impegno che ci mettere! Dando un'occhiata veloce alle mie risposte, mi rendo conto di non essere stata sintetica. Chiedo scusa: ci provo, ma non sempre mi riesce! Grazie ancora per il vostro tempo!



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