'Il destino della rosa blu' di Alebluerose

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Perché la storia esprime lo spirito della campagna?

La storia che ho scritto racconta il destino di Elìnor, la Rosa Blu. Elìnor è una ragazza all'apparenza come tante, cresciuta in un villaggio sepolto da una perenne coltre di neve candida e si occupa di preparare medicine e curare gli ammalati assieme a Sophia, sua madre. Un giorno, però, tutto quello che ha conosciuto e amato le viene strappato via: sua madre viene assassinata da dei mercenari e sulla sua caviglia destra appare un misterioso tatuaggio di una rosa blu. È in quel preciso istante che lei imbocca il sentiero del suo destino e, da quel momento in poi, dovrà essere forte. Ho voluto donare a Elìnor la forza di rialzarsi dopo ogni brutale caduta, l'arroganza di credere di farcela sempre, anche quando sembra impossibile. Elìnor non aspetta di essere salvata e non lo vuole neppure: si impegna con caparbietà per imparare a combattere con la spada, per essere in grado di guardare in faccia il nemico e batterlo con un dardo conficcato nel petto o un poderoso fendente. Vuole farcela da sola senza attendere l'aiuto di nessuno, neppure dell'uomo che ama, perché è un'eroina che non si arrende mai, che lotta con le unghie e con i denti per emergere dal baratro. Lei è un fuoco determinato e inarrestabile che arde e divora tutto.

Estratto dal capitolo 14 parte prima:

I soldati dei Ribelli si chiusero a cerchio attorno a lei, continuando a scortarla nel loro cammino, ed Edmund fece correre la mano dentro il mantello, a indirizzo delle armi che vi nascondeva. La ragazza sentì montare una rabbia incredibile dentro di sé. Se vi era una cosa che non tollerava affatto erano le molestie nei confronti delle donne, di qualunque entità: l'idea che un uomo potesse in qualche modo sentirsi più forte di lei, in diritto di possederla contro la sua volontà e di importunarla con battute a sfondo sessuale era qualcosa che aveva sempre cercato di combattere. Era una donna, ma non per questo un uomo si sarebbe dovuto arrogare la presunzione di sentirsi superiore a lei.

«Non fare nulla di stupido e stai incollata a me» l'ammonì Lucien in un sibilo appena accennato, stringendole la mano con forza, come se avesse intuito le sue intenzioni.

Elìnor ricambiò la stretta, digrignando i denti e lanciando uno sguardo omicida in direzione di quel gruppo di pervertiti. Uno di loro rise di fronte al suo sguardo di sfida e si infilò la mano dentro i pantaloni, abbassandoli e mostrando il membro perfettamente turgido. Cominciò a toccarselo, guardandola con occhi languidi. Si passò la lingua tra le labbra seppellite oltre la coltre di barba ispida e sporca e a quel punto Elìnor affilò lo sguardo, sentendo la rabbia ribollire dentro il petto e arrivare fino al cervello, impendendole di ragionare con lucidità.

"Al diavolo l'autocontrollo!"

Si liberò dalla stretta di Lucien con uno strattone, senza riuscire a resistere oltre alla rabbia cieca che l'aveva pervasa.

«Edmund, l'arco» ordinò, con voce tremante di collera.

«Milady, non credo sia saggio...» protestò il soldato in tono incerto, stringendo l'arco a sé come se temesse che la ragazza avrebbe potuto aggredirlo per prenderselo.

L'uomo continuò a trastullarsi davanti a loro, osservando Elìnor come se fosse nuda e probabilmente immaginando di possederla, ed emise gemiti che riecheggiarono con oscenità in quel vicolo semideserto. Fu persino troppo anche per Lucien, che sguainò la daga da sotto il mantello, ma venne bloccato tempestivamente da Elìnor.

Alzò una mano e lo fulminò con lo sguardo, come a comunicargli che fosse una sua questione in cui lui non doveva intromettersi. Lucien scosse il capo tentando di ignorarla e continuò a tenere la daga ben salda tra le mani.

Elìnor si voltò verso l'uomo e fissò i suoi occhi scuri con rinnovata sfida, notando che non desisteva nonostante fosse evidente che loro possedessero delle armi.

«L'arco» ripeté con un ringhio, tendendo una mano verso Edmund. Il soldato, non incontrando la resistenza di Lucien, le porse l'arma.

«Grazie.»

Con un gesto fulmineo, Elìnor incoccò una freccia e la scoccò con precisione. Fendette l'aria con un sibilo e si piantò sulla mano sudicia e grassoccia intenta a toccarsi il membro; l'uomo sgranò gli occhi, spalancò la bocca e, incapace di emettere alcun suono, si fissò la mano colpita come se non gli appartenesse. Il dardo si era conficcato in profondità, quasi trapassandogli il palmo da parte a parte. Fece correre lo sguardo da Elìnor, che nel frattempo aveva incoccato un'altra freccia e la puntava nella sua direzione, alla mano, che si stava gonfiando e assumeva tonalità di viola poco rassicuranti. Quando realizzò, dopo qualche minuto, iniziò ad urlare come un ossesso parole assai poco forbite al loro indirizzo e afferrò la freccia con furia nel tentativo di sfilarla. Non ci riuscì e continuò a gridare in quella strana lingua oscena e rozza.

«Vattene, lurido maiale schifoso!» strillò Elìnor, scoccando un'altra freccia che lo mancò di poco e si conficcò nel muro a una manciata di centimetri dalla sua testa. L'uomo le rivolse uno sguardo furibondo e si sistemò i pantaloni alla bell'e meglio, tentando di scansare le frecce che Elìnor gli scoccava una dietro l'altra, implacabile. Si allontanò ancora con la mano ferita, incespicando sui suoi stessi piedi e vomitando una sequela di bestemmie; quando si fu allontanato a sufficienza, Elìnor ringraziò Edmund e gli porse l'arco. Il soldato si mise l'arma sulla spalla e le rivolse un sorriso accompagnandolo a un cenno del capo, in muto segno di approvazione.

Lucien borbottò qualcosa a mezza voce, rinfoderando la daga e riponendola nella tasca nascosta del mantello.

«A volte mi vergogno di essere uomo!» bofonchiò, passandosi una mano tra i capelli, quando Elìnor avanzò verso di lui con grandi falcate furiose.

«Beh, per fortuna non tutti sono così» replicò lei, ancora evidentemente scossa. Lucien si voltò, dandole un buffetto sulla spalla e sorridendole con ammirazione.

«Comunque, ottimo lavoro. Non avrei saputo fare di meglio, sei in grado di difenderti da sola.» I suoi occhi brillavano, tentando di comunicarle quanto fosse fiero di lei. Elìnor aveva pensato che l'avrebbe ripresa come la notte in cui aveva deciso di avanzare da sola nella radura, invece fu sorpresa di leggere nel suo sguardo un fiero rispetto nei suoi confronti.

«Ne dubito, ma grazie. Ho fatto ciò che andava fatto» minimizzò lei, alzando le spalle e ricambiando il sorriso. Era ancora innervosita, ma la rabbia si stava dissipando.

«Lady Elìnor, siete stata grandiosa!» esclamò con orgoglio uno dei soldati dei Ribelli, stringendole una spalla con una manona. «Diventerete un'abile guerriera.»

Elìnor rise, in imbarazzo. «Lo spero!»

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