Capitolo 1

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Provò ad urlare dal dolore. Dalle sue labbra non uscì alcun suono. Pianse, pianse silenziosamente, scosso da singhiozzi che nessuno poteva udire, e avvicinò le ginocchia al petto stringendole tra loro e dondolandosi, sperando fosse tutto un sogno.

«Jimin, ci sei?» Jin gli passò una mano tra i capelli e li scompigliò leggermente, con un sorriso sulle labbra. Jimin però non stava bene: erano passati circa dieci mesi da quel giorno, ma lui non era riuscito a superare la cosa. Da quando il destino gli aveva tolto quel grande dono che era la voce, il ragazzo non sentiva più l'utilità di vivere. Era ancora giovane, davanti a lui aveva troppi anni, troppi da affrontare senza la possibilità di parlare. Il mondo non era solo scuola, lì fuori nessuno sarebbe stato disposto a stargli accanto e cercare di capirlo, e Jimin non si sentiva pronto ad affrontare quelle difficoltà da solo.
Ma al momento aveva Jin, il suo migliore amico, che aveva imparato insieme a lui il linguaggio dei segni solo per poterci parlare.
Il ragazzo dai capelli arancioni scosse la testa e guardò il viso dell'amico, sul quale si dipinse un espressione compassionevole.
«Lo so, Jiminie, lo so» annuì lentamente il moro e gli circondò le spalle con un braccio «Oggi vieni in palestra? Possiamo provare quella coreografia che ti piaceva tanto»
«Okay, facciamo alle quattro? Prima devo studiare» (N/A: i dialoghi scritti in grassetto sono le parti di Jimin, dove non viene specificato ogni volta ma è sottinteso che utilizzi o l'alfabeto muto oppure scriva)
«Andata» schioccò le dita e mormorò delle scuse alla professoressa che lo aveva richiamato per aver parlato ad alta voce. Jimin sorrise e giocò con un mezzo di carta mentre vedeva i suoi compagni in ansia per l'interrogazione orale. Si stese sulla sedia tirando indietro la testa e fece un grande sospiro, chiudendo gli occhi e aspettando che l'ora terminasse.

-

Jimin salutò l'amico sventolando la mano e lanciò il borsone con il cambio in un lato della grande stanza con gli specchi sulle pareti. Jin si allacciò le scarpe e si sistemò il cappellino rosso sul capo.
«Allora andiamo per la canzone che abbiamo scelto la scorsa volta?»
«Sì, oggi ho voglia di qualcosa di movimentato»
Jin alzò il pollice in aria e si sistemò la felpa mettendosi in posizione non appena la musica riempì la stanza.

Jimin si concentrò sui suoi passi tenendo lo sguardo fisso sul riflesso davanti a lui, mentre di tanto in tanto si passava una mano tra i capelli per spostarli dal viso sudato.
«Figo, sta venendo bene vero?» Jin battè il cinque alla manina paffuta di Jimin, che annuì prima di lamentarsi per quanto caldo facesse.
«Togliti la felpa, rimani in canottiera» Lo incitò l'amico.
Oh no.
Il ragazzo chiuse gli occhi e fece qualche passo indietro, scuotendo la testa. Con le mani si abbassò istintivamente le maniche e strinse le braccia al petto, allontandosi ogni volta che il suo amico faceva un passo verso di lui.
«Oh, Jiminie» Jin fece un espressione severa ma triste allo stesso tempo, e lo abbracciò posando una mano sulla schiena per portarlo più vicino a sé.
«Non devi farlo, capito?» Il moro posò le mani sulle spalle dell'arancione e lo scosse un po'. «Quando sei triste mandami un messaggio, però non fare così. Io arrivo subito a casa tua e giochiamo, okay?»
Jimin represse un pianto disperato mordendosi il labbro e annuì, abbracciando di nuovo il suo amico.
«Grazie»
Si distanziò e riuscì finalmente a sorridere al moro, che con la testa inclinata, lo guardava proprio con lo stesso affetto di una madre.
«Non devi ringraziarmi»

-

Era quasi buio, seppure fossero le sei di sera, e Jimin stava tornando a casa passando per il parco. La borsa sbatteva contro la schiena mentre camminava lentamente guardandosi intorno. Non c'era anima viva, lo scroscio dell'acqua della fontana al centro era l'unico suono udibile, e per un attimo il ragazzo pensò di sedersi in una di quelle panchine e riposarsi per un po'. Fu però attirato da un suono: da un fischio.
Era un suono melodioso, come se qualcuno stesse ascoltando la musica con gli auricolari e accompagnasse la melodia fischiando. Seguì il suono incuriosito, e guardò attraverso l'albero colui che lo emetteva.
Non riusciva a vedere il viso, solo un caschetto di capelli verdi. Sì, verdi chiaro, come la menta. Era chinato in avanti, e teneva un block notes ed una matita tra le mani. Stava disegnando.
Jimin lo guardò con la bocca semiaperta per qualche secondo, finché non alzò la testa guardando verso la sua direzione. Si appiattì contro la corteccia dell'albero diventando tutto rosso in viso, e quando diede un'altra sbirciata, vide il misterioso ragazzo continuare a disegnare. Non lo aveva visto. Colse l'occasione per uscire dal suo nascondiglio e per tornare a casa.

**Angolo autrice**
Ehi ehi ehi!
Buon martedì a tutte/i.
Sì, ero indecisa se postare questa yoonmin o meno, ma grazie al consiglio della mia bestie itsnihalf ho deciso di pubblicarla e spero vi piaccia! I capitoli sono dieci, e dato che sono un po' più lunghi rispetto alla vkook (che trovate sul mio profilo) ne pubblicherò uno ogni martedì.

whistle [myg,,pjm]Where stories live. Discover now