•CAPITOLO 1•

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Tra tutte le cose che mia madre avrebbe potuto dire quella era l'unica a cui non avevo pensato. Da una parte mi sentivo sollevata perché sapevo che sarebbe potuta andare peggio; dall'altra parte, però, ero dispiaciuta perché avrei dovuto lasciare i miei amici e soprattutto avrei dovuto lasciare lei da sola. Dopo aver fatto un respiro profondo,per cercare di calmarmi, tolsi le miei mani da quelle di mia madre e decisi che le avrei chiesto qualche spiegazione in più prima di arrabbiarmi con lei. «Perché mi devo trasferire in America?» Mia madre si morse il labbro in difficoltà cercando di trovare le parole giuste per spiegarmi la sua decisione senza, però, farmi arrabbiare ulteriormente. «Be', ieri Billy continuava a dirmi quanto gli mancassi e mi ha detto che la camera delle tue cugine è libera quindi ho iniziato a pensare a tutte le possibilità di studio e di carriera che ci sono in America e ho concluso che fosse la scelta migliore per te.» Nonostante mi stessi davvero sforzando la mia rabbia continuava a crescere ma, una volta che il mio sguardo si fu posato sul viso di mia madre, mi morsi il labbro e scossi la testa.
Per quanto amassi quella donna ero combattuta se assecondarla e trasferirmi a Forks oppure impormi e persuaderla a non farmi trasferire. Ovviamente mio cugino e mio zio mi mancavano molto ed ero contenta di poterli rivedere ma ero anche consapevole che a Forks non avevo niente e nessuno, a parte mio zio e mio cugino; per cui ero indecisa. Dopo qualche istante sospirai e presi nuovamente le mani di mia madre tra le mie. «Mamma, tu starai bene senza di me?»
Sapevo che non mi sarei dovuta preoccupare dato che mia madre era adulta però era anche imprevedibile ed impulsiva quindi era normale che avessi un po' paura per lei. «Ma certo tesoro, io starò benissimo qui.» Più secondi passavano e più sentivo che l'indecisione si trasformava in una decisione folle e, per quanto odiassi ammetterlo, mi attirava l'idea di andare a vivere in America e vedere nuovamente i miei parenti.
Alla fine mi stavo solo trasferendo a casa di mio zio Billy e di mio cugino Jacob in una piccola città uggiosa, cosa sarebbe mai potuto accadere di così pericoloso?
«D'accordo, supponiamo che io mi trasferisca a Forks, dove andrò a scuola?» Mia madre sorrise cedendo che stavo iniziando a cedere così si sistemò velocemente un ciuffo di capelli ribelle che le era finito sugli occhi e prese il suo computer facendomi vedere le foto di un piccolo liceo immerso nella natura. «Questa è la scuola della riserva, tutti i Quileute vanno a scuola lì.» Non appena sentii il nome della tribù di Forks mi spuntò un sorriso. «Anche tu sei una Quileute?» «Sì amore e lo sei anche tu, il sangue della tribù ti scorre nelle vene.» Sentendo quelle parole non potei fare a meno di sentire uno strano senso di orgoglio nel petto; probabilmente non ero mai stata tanto orgogliosa delle mie origini come in quel momento. «Allora cos'hai deciso?» Dopo qualche istante di indecisione finale sorrisi e strinsi le mani di mia madre. «Quando parto?»

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Dopo aver comunicato la mia decisione a mio zio io e mia madre prenotammo un volo per la settimana successiva per Forks. Ovviamente prima di partire comprai diversi vestiti invernali da portarmi in America, dato che il clima della riserva sarebbe stato molto più freddo rispetto a quello ligure, e salutai i miei amici dicendo loro che saremmo comunque rimasti in contatto.
*

******

Non tornavo a Forks da molto tempo e, quando fui scesa dall'aereo, rivedere quel paesaggio nebbioso e umido mi provocò una strana sensazione; come se qualcosa dentro di me si fosse risvegliato. Nonostante tutti gli anni che erano passati, però, non era cambiato niente.
Dopo l'atterraggio cercai in tutto l'aeroporto mio zio Billy e, alla fine, lo trovai vicino ai distributori automatici a prendersi un caffè. Neanche lui era cambiato molto: era sempre abbronzato e aveva lunghi capelli neri che pian piano iniziavano a diventare bianchi. Quel giorno indossava una camicia di flanella con sotto una maglietta nera, dei pantaloni della tuta, sempre neri, e un cappello da cowboy ed era seduto sulla sua vecchia sedia a rotelle. «Ciao zio come stai? Mi sei mancato tanto!» Dissi con un sorriso per poi abbracciarlo calorosamente.«Ciao Ludo sto bene, sono sempre sulla sedia a rotelle ma si va avanti. Fatti vedere, ma quanto sei cresciuta!» Mio zio era sempre stato una persona cordiale e molto gentile e fui felice di scoprire che non era cambiato neanche quello.
Dopo aver chiacchierato un po' con Billy presi i miei bagagli e lo seguii fuori dall'aeroporto in cerca della sua auto. Quando la trovammo mio zio mi diede le chiavi ed io lo aiutai a sedersi sul sedile del passeggero. Quando io mi fui accomodata al posto del guidatore mio zio si voltò verso di me con un'espressione di disapprovazione ed un sopracciglio alzato. «Tu in teoria non potresti guidare.» «Lo so, ma tu sei sulla sedia a rotelle ed io ho fatto molta pratica. In più ho già l'età per prendere la patente in America.» Mio zio annuì senza smettere di guardarmi male ed io accesi la macchina ignorando le sue lamentele.
Mentre lasciavamo l'aeroporto mio zio riprese a parlare tra un'indicazione e l'altra. «Ah, mi sono scordato di dirti una cosa: questa sera andremo a cena a casa dei Clearwater.» Sue era la mamma di Seth e Leah; due ragazzi della riserva con cui giocavo da piccola. Be', per lo più giocavo con Seth che aveva la mia stessa età dato che Leah preferiva stare con mio cugino Jake; penso che avesse una cotta per lui quando eravamo piccoli ma non l'avevo più rivista da quando avevo smesso di andare a trovare mio zio per cui non sapevo se avesse ancora una volta per lui o no. «Oh bene; non vedo l'ora di rivedere Seth, Leah, Sue ed Harry!» Mio zio, quando ebbi pronunciato il nome del Signor Clearwater, si incupì. «Mi dispiace ma devo darti una brutta notizia: Harry Clearwater ci ha lasciati da qualche settimana, gli è venuto un infarto e non sono riusciti a salvarlo.» Non riuscivo a crederci: Harry Clearwater era una brava persona che mi dava sempre qualche caramella di nascosto e che insisteva perché gli insegnassi l'italiano quando ero piccola; scoprire che era morto fu un brutto colpo per me.
«Mi dispiace tanto zio, so quanto vi volevate bene.» Erano passati molti anni dall'ultima volta che ero stata a Forks ma sapevo che Harry Clearwater e Billy andavano tutti i fine settimana a pesca e che almeno una volta al mese andavano alle riunioni della tribù dei Quileute dove si raccontavano storie di qualche strana creatura mitologica vissuta millenni prima.
Dopo qualche minuto di silenzio Billy, per allentare la tensione che si era creata a causa del silenzio che era calato dopo la sua risposta, riprese a parlare cambiando argomento. «Be' adesso non pensiamoci più... Questa sera magari potresti rivedere Leah e Seth; te li ricordi? Giocavi sempre con Seth quando eravate piccoli, gli provavi anche ad insegnare l'italiano ma lui non ti ascoltava.» Scacciai dalla testa i brutti pensieri riguardanti la morte del Signor Clearwater e mi concentrai sul ricordo che mio zio mi aveva riportato alla mente: mi ricordavo che, quando ero piccola, avevo una cotta per Seth e che gli avevo chiesto di sposarmi. Ovviamente nessuno dei due sapeva che cosa significasse per cui lui aveva accettato ed andavamo in giro per la riserva imitando tutte le coppie che vedevamo. Alcune volte avevamo anche provato a baciarci ma nessuno dei due sapeva come fare quindi ci limitavamo a tenerci per mano e a giocare insieme.
In più, per un breve periodo, avevo provato ad insegnargli l'italiano proprio come facevo con suo padre ma non c'ero riuscita così avevo lasciato perdere.
Ero molto curiosa di sapere se quella sera avrei rivisto Leah e Seth; una parte di me sperava che sarebbero stati presenti alla cena.
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Questo era il primo capitolo della storia; spero che vi sia piaciuto. Se sì vi invito a lasciare una stellina e magari un commento dicendomi cosa ne pensate e cosa migliorare. Ciao Divergenti al prossimo capitolo!
~Ludovica~

The white wolfWhere stories live. Discover now