14. Vaes Aresak

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Faceva freddo nella foresta, molto freddo. Faceva così freddo che quando il sole sorse, Viserys vide le foglie e i tronchi rivestiti di una patina bianca luccicante. Gli animali, escluso qualche insetto temerario, preferivano restare ancora nelle loro tane a scaldarsi. Forse anche per questo il ragazzo non volle smettere di correre nemmeno quando fu più che sicuro di aver scaricato del tutto la tensione.

La luce dell'alba però non gli rivelò solamente la brina sulle piante. Ai suoi occhi si stagliò, dietro i tronchi degli alberi, il mare. Una massa tra il blu e il grigio sopra la quale il sole, un cerchio giallo pallido, illuminava il cielo di un identico colore. Quando fu sufficientemente vicino, il giovane si arrampicò su un grosso scoglio ed ebbe la visuale libera su tutta la baia.
Il vento freddo era fastidioso, ma il profumo dell'acqua salata - non certo più calda dell'aria - gli dava comunque un senso di pace e riposo. Uno strano senso di familiarità a cui non era abituato non avendo mai avuto una casa.
Alla sua sinistra poteva osservare gli alberi della foresta degli Ifequevron affacciarsi su tutta la lunghezza della scogliera, anche se di tanto in tanto le rocce più vicine all'acqua cedevano il posto ad una sabbia scura su cui non cresceva nulla. La costa curvava per protendersi verso l'orizzonte fino ad un lontano promontorio di cui la luce dell'alba rendeva visibile solo la sagoma.
A destra invece, la grande sorpresa: delle alte - quanto fatiscenti - mura bianche con una torre costruita a picco sugli scogli. O quantomeno dovevano esserlo stato qualche secolo addietro: l'edera e il muschio, con altri verdi compagni d'armi, si erano inerpicati fino alla sommità distrutta di quel muro in rovina. Alcuni rampicanti avevano persino sviluppato dei discreti tronchi di legno - e forse proprio grazie a questi la struttura era rimasta parzialmente in piedi. Non mancavano ovviamente le parti crollate e i cumuli di detriti, ma nel complesso sembrava tutto ben conservato - nell'accezione più ampia del termine.
Viserys si avvicinò per capire meglio di cosa si trattasse. Si appellò anche alla mappa e al senso dell'orientamento che aveva sviluppato durante il suo viaggio - e che sapeva di non aver mai posseduto prima in alcuna forma o misura.
Non gli fu difficile capire di essere giunto a Vaes Aresak.

La città che era stata la gloriosa colonia di Ibben ormai non aveva più nulla da offrire ai viandanti. Appariva come una distesa di erba e pietre che un tempo dovevano essere appartenute agli edifici e alle case dei più ricchi, con qualche albero cresciuto qua e là lontani dalle pietre.
Solo il porto, ben visibile dal cumulo di detriti su cui il ragazzo si arrampicò per entrare, aveva mantenuto la forma delle sue banchine senza che la natura riprendesse possesso di tutto. Infine egli notò che vi erano alcuni tratti della cinta muraria ancora intatti, come quello visto all'alba.
Tuttavia, consapevole di essere sveglio da più di un giorno intero e praticamente senza più fiato per la corsa, Viserys rinunciò all'idea di esplorare le rovine subito e preferì sedersi su un blocco di pietra a guardare il mare e le sue onde. Ed ecco, tutto ad un tratto, una nave all'orizzonte!
Il giovane osservò per quasi un'ora la nave muoversi verso ovest, cioè verso il promontorio che, prima di avvicinarsi alla 'città dei codardi', aveva visto in lontananza alla sua sisnistra. Prese di nuovo la mappa. Apparentemente laggiù doveva trovarsi nientedimeno che Nuova Ibbish, a circa una giornata di cammino - a passo sostenuto - da dove si trovava in quel momento.
La stanchezza - accumulata, appunto, in un giorno intero di veglia - però prevalse su qualsiasi buon proposito, per cui il ragazzo restò seduto dov'era godere della fredda ma in fondo anche un po' gradevole compagnia della brezza e del suono delle onde. Il Mare dei Brividi. Nome del tutto meritato per via di quelle temperature.
Proprio mentre si riposava assorto nella pace del mare e delle rovine, gli riaffiorarono, naturalmente, tutti i pensieri che aveva avuto dopo ad aver ucciso Maestro Hoscar. Per tenerli lontani decise - altrettanto naturalmente - che era ora di mangiare.

Non fu facile prendere a mani nude un pesce rimasto intrappolato una pozza durante il ritiro della marea, ucciderlo, cucinarlo e soprattutto toglierne le lische, ma il risultato fu degno dell'impresa. D'altronde il ragazzo non mangiava pesce da prima del matrimonio di Daenerys con Khal Drogo - sembrava passata un'eternità - e scoprì solo tra i ruderi di Vaes Aresak quanto gli fosse mancato quel sapore.
Terminato il pasto tornò a riposare dove si era messo prima, cercando di pianificare il suo viaggio per Nuova Ibbish. Sarebbe partito la mattina seguente sperando di arrivare entro sera, in modo tale da non dover passare una notte nella foresta - giacché in qualche modo la città in rovina gli pareva offrire un rifugio migliore degli alberi.
Prima ancora che la sua mente potesse deviare verso i pensieri più bui, Viserys la udì. La voce del silenzio, che sembrava chiamare proprio lui, proveniva dalla torre a strapiombo sul mare. Si avvicinò rapidamente e vi entrò da quella che un tempo doveva essere stata una porticina.
Dentro, una piccola stanza spoglia, senza finestre ma con un fuoco acceso al centro che scaldava e illuminava come per magia tutto l'ambiente.

Viserys non è morto: è alle Hawaii con Elvis (sospesa)Where stories live. Discover now