IV

146 3 1
                                    

Lucy

Dopo il brutto incidente costatole quasi la vita, un'ambulanza la trasportò in ospedale per operarla d'urgenza.
Dopo lo scontro con l'auto di Lucy, il conducente dell'altra macchina era sparito, come se non fosse mai esistito. La polizia ritenne impossibile che dopo uno scontro del genere il guidatore della Volkswagen grigia ne fosse uscito illeso ma, esaminando la scena del crimine e la macchina del quasi assassino, rinvennero un mattone posizionato sopra il pedale dell'acceleratore. Era stato tutto programmato.
Lucy riportò diverse fratture alle ossa, un polmone perforato, un trauma cranico e una forte emorragia interna; i medici che la operarono ritennero necessario indurle un coma farmacologico a causa del grandissimo dolore che le fratture le procuravano.
La notizia dell'incidente si era diffusa a macchia d'olio su tutta Pittsburgh allarmando i cittadini su un possibile pirata della strada a piede libero. Quando i genitori di Crystal seppero dell'accaduto corsero immediatamente all'ospedale e rimasero accanto al suo letto giorno e notte.
Anche in quell'occasione Noah non si fece vedere quasi per niente, era troppo distrutto dall'assenza di Crystal, diceva. Nonostante le continue ricerche delle autorità locali, di Crystal ancora nessuna traccia; la maggior parte della gente che seguiva questo caso la dava ormai per spacciata poiché il lasso di tempo passato era veramente troppo.

Crystal

Sbattè le palpebre più volte per realizzare ciò che le era stato marchiato a fuoco sulla coscia destra.
Dei numeri.
Gli stessi numeri che venivano utilizzati per marchiare gli animali da allevamento.
NJ2478C.
Alzò lo sguardo verso il vetro della stanza e lo fissò disgustata, sperando che gli uomini al di là di esso sapessero quanto fosse nauseata.
Un animale.
Per loro non era altro che quello.
Un animale da macello.
Chissà forse l'avrebbero venduta come schiava; oppure a qualche sadico che l'avrebbe sottoposta a lente e dolorose torture portandola sempre ad un centimetro dalla morte ma mai troppo vicina per morire; o forse l'avrebbero mandata a lavorare in qualche night club, a fare la spogliarellista per vecchi ubriaconi e falliti senza famiglia.

La porta si aprì e Crystal girò la testa con uno scatto quasi fulmineo fissando l'uomo che stava avanzando verso di lei.
Era alto, sul metro e novanta, aveva gli occhi neri come la pece e i capelli dello stesso colore; era di corporatura molto muscolosa che lo costringeva a camminare con le braccia leggermente larghe. Lo riconobbe, era l'uomo che aveva comunicato ai colleghi che era sveglia

"Il soggetto è sveglio".
Ricordava quelle parole ma soprattutto la freddezza con cui le disse.

Arretrò di qualche passo fino ad arrivare con la schiena addosso al morbido rivestimenti delle pareti. Con due ultime grandi falciate la raggiunse e si posizionò di fronte a lei gonfiando il petto. Prese la ragazza per il collo e la sollevò da terra con un ghigno perverso sul volto che lo faceva sembrare ancora più spaventoso.
Crystal cercò di togliersi dal collo quelle due grosse mani che le stavano mozzando il respiro: provò ad infilare le suo unghie nel dorso nelle mani, provò a tirare calci e a dimenarsi ma tutto ciò non servì a niente, quell'uomo la teneva ancora saldamente.
Quando Crystal credette di stare per morire, "la montagna" lasciò la presa facendola cadere a terra in ginocchio, tossì tutta rossa in viso cercando di far entrare aria nei polmoni che le bruciavano da morire.
Quando rialzò lo sguardo, un suono metallico si diffuse per tutta la stanza seguito poi da una voce anch'essa metallica.

"Chase basta, non vorrai far spaventare la nostra ospite, giusto?"

Crystal guardò quell'uomo confusa:
ospite? Che voleva dire? Di certo lei non li trattava così gli ospiti, non li marchiava a fuoco e non li legava su un lettino mentre li faceva quasi impazzire.
Si alzò su con fatica appoggiandosi al muro, i polmoni ancora le bruciavano e aveva la gola secca. Chase seguì ogni suo movimento senza staccarle gli occhi di dosso. Quando fu in piedi la prese per un braccio e la portò, quasi trascinandola, fuori da quella stanza.
Appena varcata la porta una giovane ragazza, di circa la sua età, si avvicinò a lei sorridendole amichevolmente

"Venga cara, la porto nella sua stanza. Chase, puoi anche andare, qua ci penso io."
Le aveva dato del lei?
Prima la trattano come un animale e poi le mandano qualcuno che la accompagni in camera? Assurdo.
Le mise un braccio intorno alle spalle e la condusse, dopo svariati corridoi, di fronte ad una porta. La aprì rivelandole un appartamento vero e proprio: aveva la cucina, un salotto con una tv e una camera da letto.
Appena fece un passo per entrare la porta si sbarrò dietro le sue spalle, sentì il chiavistello girare forse due o tre volte, non ne era sicura.
Avanzò cautamente verso l'interno del suo appartamento, perlustrò la camera da letto, il bagno, il salotto e la cucina. Una volta arrivata in cucina notò sul tavolo dei vestiti grigio scuro con sopra un biglietto.
Lo prese tra le mani, lo aprì e lesse il contenuto:

"Lei è stata scelta da noi per lavorare al nostro fianco e rendere il mondo un posto migliore.
Indossi i vestiti che le abbiamo consegnato e si goda il soggiorno.
Buona giornata".

Lo girò dietro per vedere se ci fosse scritto altro, qualcosa che le dicesse il vero motivo per cui era lì o perché non avrebbero potuto convocarla per un colloquio invece che rapirla, drogarla e marchiarla a fuoco.
Prese i vestiti da sopra il tavolo, si spogliò e li indossò: erano come quelli che portavano i carcerati solo di differente colore.
Trascinò i piedi fino alla camera da letto, presa da un'improvvisa stanchezza si buttò sul letto e si addormentò subito dopo.

SPAZIO AUTRICE

SCUSATE PER IL RITARDO NELLA PUBBLICAZIONE MA SONO AL MARE E HO POCO TEMPO PER PENSARE ALLA STORIA.
GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE LA STANNO LEGGENDO :3

All the love xx,
andxa❤

SoldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora