Capitolo 46

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MADISON P.O.V.

Due colpi alla porta risuonarono nella stanza, seguiti da una voce bassa
" Madison, vorrei parlare con te ".
Merda.
Non ero pronta.
Le due ore di pianto in camera mia non erano servite a prepararmi per questo e nemmeno il pranzo che avevo ovviamente saltato.
" So che stai ascoltando, ti prego aprimi " continuò Luke, bussando ancora un po', più rumorosamente.
" Vattene " risposi dopo qualche minuto di apparente calma, sicura però che fosse ancora lì fuori, lo sentii infatti sospirare e poi cercare inutilmente di persuadermi.
" No, per favore. Io voglio, devo parlarti, quello che è accaduto ieri... "
Non ero pronta.
" Stai zitto " lo interruppi ringhiando e quasi aprii la porta per prenderlo a sberle. Come si permetteva di parlarmi? Lo odiavo, lo odiavo così tanto. Era colpa sua se in quel momento mi sentivo più fragile che mai, pronta a crollare sotto il peso di una piuma, se mi sentivo così dannatamente ingenua e stupida, se mi sentivo semplicemente distrutta, vuota e stanca. Volevo solo tornare a casa.
" Madison io... " tentò di nuovo e questa volta mi ritrovai ad urlare
" Stai zitto cazzo, lasciami stare " così forte che pochi secondi dopo sentii le voci dei nostri genitori avvicinarsi. Merda.
" Che succede? " questo era sicuramente suo padre.
Chiusi gli occhi, lasciandomi cadere sul letto, mentre Luke diceva
" Niente, stiamo solo discutendo per una cosa "
Qualcuno bussò alla mia porta,
" Mad, che succede? " era la voce preoccupata di mia madre.
" Sto bene, sono solo stanca " mentii e sentii gli occhi riempirei di lacrime, di nuovo.

" Sei contenta di tornare a Londra? " mi chiese Bob, in un patetico modo di cercare di iniziare una conversazione mentre metteva in moto la macchina e ci allontanavano da Cheverpool. Annuii, continuando ad accarezzare i capelli di Thomas, addormentato sulle mie gambe.
Era sera, le otto di sera ad essere precisi e finalmente tornavamo a casa. Mia madre e mio padre non avevano nemmeno provato a convincermi a cenare prima di partire quella volta, semplicemente si erano scambiati uno sguardo quando avevo detto che non avevo fame e avevano fatto un cenno con la testa. Poi avevamo fatto le valige e una volta finita la mia, l'avevo caricata in macchina, dove mi ero rinchiusa con la musica al massimo. Luke non era stato così stupido da provare a parlarmi di fronte ai nostri genitori, così mi aveva semplicemente sorriso e io lo avevo ignorato, come avevo ignorato i suoi genitori che mi dicevano che era stato bello passare del tempo insieme. Stronzate.
" Il dottor Chepis lavora ancora, sai? So che è passato un po' di tempo, ma penso sarebbe utile andare a trovarlo ancora, solo qualche volta a settimana " interruppe i miei pensieri Johanna, guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore della macchina e sorridendomi, tesa.
No.
" Non ho bisogno di andare di nuovo dallo psicologo! " gridai allarmata, sentendo distruggersi la mia facciata calma, come potevano dirmi di andarci ancora? Non avevo mai pianto di fronte a loro, non avevo raccontato loro dello stupro, non avevo raccontato loro di cosa fosse successo con lui, per evitare proprio questo.
" Madison calma, non urlare o sveglierai Thom" squittii mia madre agitata, ma era troppo tardi perché il bambino si stava stropicciando un occhio con la manina e ci guardava confuso.
" Siamo arrivati a casa? " chiese poi, mio padre scosse la testa e gli rispose
" Ancora qualche oretta, torna a dormire dai " sorridendogli.
Misi da parte l'ansia improvvisa e mi costrinsi a sorridergli anch'io, invitandolo di nuovo a sdraiarsi sulle mie gambe. Sbadigliò e lo fece, riaddormentandosi dopo pochi minuti di puro silenzio che regnava nell'automobile, fatta eccezione della radio che trasmetteva canzoni vecchie.
" Non ho intenzione di andarci, non ne ho bisogno " parlai infine, a bassa voce, Bob corrugò la fronte, ma non disse niente, mia madre invece mormorò
" Non intendevo dire che ne hai bisogno, penso solo possa essere utile parlare con qualcuno, ecco. Non ci vuoi raccontare niente, non parli con tuo fratello e adesso non hai nemmeno un telefono. Sono preoccupata per te ".
Ignorai le sue parole e ripetei
" Non ci vado " facendola sospirare.
Non ci volevo andare e non ci sarei andata. Non ho niente che non va per cui andare dallo psicologo, pensai nervosa, ma non risultai sincera nemmeno a me stessa.
" Ti abbiamo preso un appuntamento per domani, alle cinque del pomeriggio, e mi aspetto che tu ci vada " parlò allora mio padre, lasciandomi senza parole.
Come si erano permessi di fare una cosa del genere senza nemmeno chiedermelo? Non ci volevo andare da quel dannato dottor Chepis ancora. Erano passati anni dall'ultima volta, ma ricordavo ancora il suo tono gentile che mi incasinava la mente e riusciva sempre a farmi dire anche ciò che non volevo dire, a farmi ricordare cose che non volevo ricordare, farmi rivivere momenti che non avrei mai voluto vivere nemmeno una volta, il tutto perché ' mi sarebbe stato utile '.
" Non ci vado, non ci voglio andare " gemetti, sentendo gli occhi offuscarsi, ero così stanca di piangere. Sembrava quasi che fosse diventato il mio nuovo passatempo, piangere, e mi sentivo così odiosamente debole tutto il tempo.
" Non mi importa cosa vuoi tu Madison, mi importa cosa fa bene per te " sbottò lui, la voce decisamente più alta del tono calmo e deciso che si era imposto prima.
" Thom sta dormendo " gli ricordò mia madre irrequieta, per poi guardarmi e supplicarmi
" È solo una seduta, ti prego Madison. Solo una, poi deciderai se farne altre o lasciare perdere " ma dallo sguardo di mio padre capii che una decisione era stata già presa.
Sarei andata dal dottor Chepis ancora, e non per una seduta, ma molte. L'avevo capito ormai, peccato che non riuscissi ad accettarlo.
Non risposi, allora chiusi gli occhi, fingendo di dormire finché l'auto non parcheggiò nel giardino di casa.
« Carnaby Street 45 » lessi sul cancello e sorrisi, finalmente eravamo a casa. Quella sensazione di sollievo tuttavia terminò appena mio fratello Theo uscì dalla porta principale, seguito da Megan, e mi guardarono entrambi subito attraverso il finestrino della macchina; lui infuriato e offeso, lei colpevole.
Theo sapeva, Meggie alla fine non era stata capace di stare zitta.
" Perchè non mi hai detto niente? " sibilò infuriato Theo non appena scesi dall'automobile, gli lanciai uno sguardo di supplica e mormorai
" Ne parliamo dopo " intanto che mia madre ci guardava, allarmata.
" Che succede? " chiese infine.
Merda.
" Nulla " rispose Megan al mio posto, arrossendo e guardando per terra.
" Nulla un cazzo, Madison dobbiamo parlare, andiamo dentro " continuò lui, ignorando tutti e prendendomi per il polso.
" Theo, Madison cosa succede? " chiese allora mio padre, suo figlio maggiore scosse la testa e mi trascinò praticamente dentro casa.
" Perchè cazzo non mi hai detto nulla di Thompson? " sbottò infine quando si chiuse la porta alle spalle. Teneva i pugni chiusi e mi guardava dritto negli occhi, il verde delle sue iridi non mi era mai sembrato tanto scuro. Non lo avevo mai visto così arrabbiato ad essere sinceri, e questo mi spaventava. Era sempre stato un ragazzo dolce e calmo.
" Perché cazzo non mi hai detto cosa ti ha fatto Jason? " ripeté.
Cercai di ignorare la fitta di dolore al solo suono del suo nome, costrinsi i miei occhi a non lasciarsi scappare nemmeno una lacrima e risposi fredda.
" Non ti riguardava e non ti riguarda nemmeno adesso "
" Non mi riguarda? " mi fece eco incredulo, annuii leggermente intimidita e lui urlò
" Sono tuo fratello e tu sei mia sorella dannazione, è ovvio che mi riguardi! Perché non mi hai detto niente? Cazzo Madison, io non ci posso credere! Pensavo ci dicessimo tutto! Insomma avevo capito anch'io che c'entrava Thompson, ma quando Megan mi ha raccontato quello che ti ha fatto, io davvero non riuscivo a crederci! "
E fu in quel esatto momento che nonostante lui mi avesse tradita, umiliata, derisa, nonostante io l'avessi odiato, allontanato, insultato, nonostante avessi pianto tutte le mie lacrime per lui, mi ritrovai di nuovo a difenderlo perché nessuno poteva davvero parlare male del mio lui di fronte a me, così sbuffai dal nervoso e contraccambiai
" Megan eh? È bello sapere che la mia migliore amica dica le mie cose a tutti! Molto leale! Voi non sapete niente di niente, pensate di conoscerlo o forse sapere tutto di lui solo perché ficcanasate nella mia vita " mentendo ad entrambi e dirigendomi spedita verso la mia camera.
Theo mi raggiunse senza problemi e continuò ad urlare, benché non fosse nemmeno a trenta centimetri da me.
" Stai scherzando?! Io non posso davvero crederci, quanto sei stupida? Come puoi difenderlo dopo tutto quello che ti ha fatto? Te la stai prendendo con Meggie perché me l'ha detto? Madison sei tu che avresti dovuto dirmelo, ma avresti dovuto farlo subito! "
Sentii la porta di casa aprirsi, segno che i miei genitori erano entrati, ma in quel momento non me ne importò nulla e risposi a tono.
" Lo difendo perché lo amo, idiota, e Megan si è comportata da stronza! "
Strabuzzò gli occhi incredulo e disse con un tono insopportabilmente simile al mio.
" Devi fidarti di Jason, tu non lo conosci per ciò che è, sono solo pregiudizi i tuoi " imitando il litigio che avevamo fatto qualche giorno prima, quando gli avevo esplicitamente detto di stare fuori dalla mia storia amorosa. Ironico il fatto che ancora adesso lo stessi difendendo, con la stessa rabbia e determinazione di prima. Non avevo smesso di amarlo, non avrei mai potuto, anche se lui non aveva mai iniziato.
" Stronzate! Ho sempre avuto ragione e adesso che anche tu lo sai, continui a difenderlo! Questa cosa mi manda in bestia Madison! Ti ha tradita e umiliata nel peggiore dei modi, come cazzo fai a dire di amarlo? Guarda come ti ha ridotta! " continuò mio fratello fuori di sé, alzando la voce, mentre sentivo dei passi avvicinarsi.
" Tu non sai niente, stai zitto dannazione " imprecai, spingendolo via da me ed entrando in camera mia, per poi sbattere la porta. Due secondi dopo quella si riaprì,
" Theo accidenti, lasciami stare " sbottai allora, ma non era lui. Era Megan.
" Fuori di qui " ordinai, sorprendendo me stessa per il mio tono fermo e freddo, non sembravo instabile come invece mi sentivo dentro nè stavo piangendo . Non volevo più piangere, mi ero stancata.
" Madison ti prego, so di non essere stata la perfetta migliore amica, ma l'ho fatto per il tuo bene. Theo doveva sapere " mi supplicò, il rimorso chiaro nel suo sguardo, un sorrisetto sarcastico comparve sulle mie labbra e sputai
" Theo doveva sapere è vero, ma sarei dovuta essere io a dirglielo, una volta pronta per farlo. E noi non siamo migliori amiche, non più, perciò non preoccuparti " per poi sbatterle la porta in faccia e chiudermi a chiave.

Tu mi porti fuori dai miei incubi.  Wattys2020Where stories live. Discover now