Capitolo 42

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JASON P.O.V.


" Probabilmente starà vomitando l'anima " mormorai sbrigativo, scoccai un bacio sulla fronte di Madison e uscii dalla porta, raccomandandole di chiudere a chiave. Percorsi velocemente il corridoio, ignorando le varie coppiette odiose che quasi si stupravano, e scesi le scale. La festa era ancora più rumorosa e affollata di prima, come facevo a trovare Derek se quella testa di cazzo nemmeno mi rispondeva più al telefono?! Mi affrettai a tornare ai divanetti nella speranza di trovarlo lì, insieme a Megan, Tyler e Emily, ma non c'erano più. Imprecai ad alta voce, fermando una ragazza e chiedendole se avesse visto un certo Derek Leitham.
Ottima scelta, pensai sarcasticamente tra me e me quando mi accorsi che la ragazza in questione era ubriaca. Ridacchiò qualche parola a caso e si allontanò, sempre ridendo.
Fermai altre sei persone, due ragazze e quattro ragazzi, ma nessuno sembrava aver visto quella testa di cazzo del mio migliore amico.
Stavo perdendo un sacco di tempo e non potevo far a meno di pensare a Madison, da sola nella camera di quel ragazzo. Aveva chiuso a chiave come le avevo detto, vero? Non mi fidavo della persone alle feste, erano sempre quasi tutti ubriachi, me stesso compreso. Anche se a dire il vero, non ero ubriaco nè sobrio, in quel momento ero una via di mezzo.
" Sai dov'è Derek Leitham? " chiesi spazientito all'ennesima persona contro cui mi scontrai.
" Prima era in cucina " mi rispose e non la ringraziai nemmeno, tanta la fretta con cui mi diressi lì.
Quella fottuta cucina era decisamente piena di gente, ma riconobbi subito Derek per terra, la schiena appoggiata contro il muro e quello sguardo. A differenza mia, a volte lui fumava anche qualcosa in più della normali e tossiche sigarette, perciò avevo già visto quel tipo di sguardo, quello totalmente perso e decisamente fatto.
" Che cazzo Der?! Perchè sei così fatto? E dove sono gli altri? " gli urlai in un orecchio per farmi sentire visto la musica alta, ma non parve nemmeno notarmi. Quanto cazzo era fatto? E cos'aveva preso, precisamente?
" Derek, cazzo! " lo richiamai, scuotendogli il braccio, imprecai un'altra volta e provai a farlo tirare su in piedi, con il risultato che cadde per terra e scoppiò a ridere.
" L'hai voluto tu, stronzo " sputai spazientito, raccogliendo un bicchiere vuoto dal bancone e riempendolo d'acqua fredda dal lavandino. Non esitai, rovesciandogli addosso tutto il contenuto sotto gli sguardi increduli dei presenti, ma l'unica cosa che ottenni da lui fu un'altra risata. Conoscevo Derek meglio di me, non era da lui drogarsi così tanto, perchè cazzo l'aveva fatto? Sentivo che c'era qualcosa di strano sotto, ma non capivo.
Feci per urlargli quanto cazzo fosse stato stupido a prendere quella merda e che lo avrei preso a calci in culo se non si fosse alzato, ma vidi le sue labbra muoversi. Stava dicendo qualcosa, ma non riuscivo a sentire nulla per quella musica di merda. Mi avvicinai per cogliere qualche parola di quello che mi sembrava un discorso senza senso.
Dopo qualche secondo, mi sembrò di aver capito il nome di " Victoria ", cosa cazzo c'entrava quella puttana? Stava delirando, non c'era con la testa.
Lo ripeté più volte, finché non nominò Madison e in quel momento sentii la mia ansia triplicarsi. Perché mi sentivo così nervoso? Madison era al piano di sopra, al sicuro, che mi aspettava.
" Derek porca puttana, cosa minchia c'entra Victoria con Madison? " sbottai esasperato, ricevendo parecchi sguardi curiosi dalle persone intorno a me che ignorai.
" Victoria, lei voleva - Victoria voleva parlarle. Voleva parlare a Madison " balbettò in risposta l'altro dopo una quindicina di secondi in cui continuava a dire cose senza senso, gli presi il volto tra le mani, costringendolo a guardarmi, e chiesi mentre il panico iniziava a farsi strada in me
" Di cosa voleva parlare Victoria a Madison? "
La confusione apparve chiaramente nei suoi occhi e lo vidi concentrarsi intanto che cercava di ricordarsi. Era tutto così fottutamente frustrante, che cazzo voleva Victoria da lei?
" La scommessa, Victoria sa " disse infine Derek e ogni traccia di coscienza sparì dal suo volto.
" Victoria sa della scommessa?! Sa tutto?! Lo vuole dire a Madison? " chiesi allarmato, urlando, ma il ragazzo non c'era più, era scivolato nuovamente in quello stato di assenza mentale che la droga nel corpo gli imponeva.
Dovevo immediatamente tornare da lei, dalla mia Madison, ma come cazzo facevo con il coglione non cosciente di fronte a me? Non potevo lasciarlo lì, non in quelle condizioni, Der era come un fratello per me. Bestemmiai a gran voce dalla frustrazione, provando inutilmente di farlo alzare, ma cadeva sempre per terra a peso morto e iniziava pure a spaventarmi. Di cosa si era fatto?
" Jason va tutto bene? " domandò la voce gentile di Megan e quasi piansi dal sollievo quando notai la ragazza di fronte a me guardarmi preoccupata e poi soffermarsi su Derek, disteso a terra privo di sensi.
" Oh mio dio, che è successo? " aggiunse, gli occhi spalancati dallo stupore.
" Si è drogato e non capisce un cazzo, ho paura per lui, ti prego tienilo d'occhio, io devo andare assolutamente " la supplicai e non aspettai nemmeno per una sua risposta, ma mi fiondai fuori da quella cucina di merda e attraversai la sala di corsa, facendomi spazio tra le persone a spintoni. Megan era una brava ragazza, sarebbe stata con lui, lo sapevo, ora dovevo solo occuparmi della mia piccola.
Mi stavo ancora facendo spazio tra le persone, quando la notai in cima alle scale.
Era vestita, i capelli leggermente spettinati e il viso pieno di lacrime con il trucco sbavato e stava scendendo, camminando velocemente.
" Madison " la chiamai, spingendo ancora di più le persone intorno a me e avvicinandomi, alzò lo sguardo da terra, incrociandolo per due secondi con il mio e mi sentii raggelare.
Lo sapeva, lei sapeva tutto. Lo avevo capito perfettamente da quel suo sguardo, pieno di odio e dolore, ma c'era di più. C'era anche delusione, tristezza, risentimento e repulsione. Era lo stesso sguardo che avevo visto nel mio sogno, ma nella realtà mi faceva molta più paura. Avevo paura, sì, paura di perderla.
" Madison " boccheggiai sconvolto da quell'impatto visivo, distolse lo sguardo dal mio e la vidi affrettarsi verso l'uscita. Se ne stava andando via, via da me.
Notai con la coda dell'occhio Victoria sulla rampa delle scale che mi guardava sorridente e dietro di lei Luke Darliston, anche lui che sfoggiava un sorriso come se avesse appena vinto la lotteria. Bastardi.
" Madison non è come pensi " gridai sopra la musica, cercando di raggiungerla, ma le persone erano fottutamente in mezzo.
La chiamai più volte gridando, ma non si girò e la seguii fino fuori da quella villa, dove riuscii finalmente ad afferrarle un braccio e costringerla a girarsi, il tutto di fronte ad una trentina di persone che fumavano tranquille e parlavano tra loro.
" Cosa Jason? Cosa cazzo vuoi da me ancora? " ringhiò Mad furiosa, facendomi fare un passo indietro dalla sorpresa. Non mi aspettavo tutta quella rabbia e mi spaventava ancora di più, come facevo a farle capire che mi spiaceva se mi guardava come se mi volesse morto?
" E non dirmi che non è come sembra perchè le foto con te e Victoria a letto, o le foto della nostra prima volta sono abbastanza chiare " aggiunse fredda, mentre tante altre lacrime cadevano sul suo viso perfetto.
Merda, santa merda. Volevo dirle che mi spiaceva e che ero stato un coglione, ma invece tutto quello che dissi fu,
" Come hai fatto ad averle? ".
Un singhiozzo fuoriuscì dalla sua bocca, seguito dal nome di Victoria. Che cazzo aveva fatto quella puttana? Come porca troia era riuscita ad averle e poi, di quali foto parlava Madison quando diceva delle foto di me e Victoria a letto?!
" Mi dispiace " dissi finalmente, provando ad accarezzarle il braccio, ma fece due passi indietro e mi lanciò un'occhiata assassina.
" Ti dispiace? Ti dispiace?! Vaffanculo, sai che cazzo me ne faccio del tuo dispiacere. Jason tu mi hai usata per uno stupido patto e umiliata con quelle foto. Hai messo da parte il preservativo della nostra prima volta per una malata collezione di preservativi delle prima volte! Quale cazzo di ragazzo normale lo farebbe?! " sbottò, mentre mi sentivo affondare sempre di più nella fossa che mi ero scavato da solo.
" Che succede? Perché urlate? " sentii la voce confusa di Tyler alle mie spalle, seguita da quella di Emily e Megan.
" Cosa cazzo è questa storia? " mi chiese quest'ultima, affiancandosi alla sua migliore amica e guardandomi furiosa. A quanto pare pure lei aveva sentito quanto ero stato un coglione, fantastico.
" Madison, ti posso spiegare... " la supplicai, ma lei mi interruppe urlando.
" Mi puoi spiegare? Jason cosa caz-cazzo mi devi spiegare?! Mi fidavo di te, dan-dannazione, mi fidavo ciecamente e tu per tutto questo tempo mi hai s-solo presa per il culo! Tu ti sei solo preso gioco dei miei sentimenti e- " ma non riuscì più a continuare visto i continui singhiozzi che le spezzavano la voce.
" Mi fai schifo, ti odio " disse infine, scoppiando a piangere tra le braccia di Megan, e io non potevo fare nient'altro se non stare lì di fronte come un deficiente con il cuore spezzato. Le facevo schifo. Mi odiava.
Aveva ragione cazzo, ero una merda, ma rimaneva ancora dell'egoismo sufficiente in me per provare a convincerla che non lo era così tanto. Io dovevo, non potevo vivere senza lei.
" Piccola, ti prego... " iniziai, ma intervenne Emily velenosa.
" Non ti permettere di chiamarla in quel modo, schifoso bastardo ". Da quando in qua quella stronzetta era così odiosa?
" Emily, non è davvero come sembra, Jason ha sbagliato, ma lui me ne aveva parlat... " mi difese Tyler, ma venne interrotto anche lui dalla sua ragazza.
" E tu sapevi di questa scommessa e non hai detto niente? " gridò sconvolta.
Intorno a noi si era formata una piccola folla di stronzi curiosi che avrei ucciso uno a uno se non fosse stato che la persona più importante della mia vita era di fronte a me e stava singhiozzando per colpa mia.
Colpa mia, ecco cos'era. Ero stato così coglione. Sentii a malapena Emily urlare altri insulti a Tyler, perché la mia persona più importante, il mio centro del mondo, si stava allontanando.
" Madison, lasciami spiegare, ti prego " la pregai, prendendola per un polso e strattonandola in modo da obbligarla a girarsi. Non poteva lasciarmi, non poteva. Come avrei fatto senza lei o il suo sorriso? I suoi sguardi intelligenti o le sue risatine adorabili? Non poteva farlo.
" Avevi detto che non te ne saresti mai andata via, lo avevi promesso " le ricordai, sentendomi barcollare in bilico a un burrone.
" Hai venduto e scommesso sul mio corpo a soli 30£. Questo valevo io per te, questo valeva il mio amore " rispose ad occhi chiusi, tremando, e iniziai a tremare anch'io.
" Non è così " mi opposi e fu in quel momento in cui lei mi porse una delle domande più importanti della mia vita.
" Mi ami? "
La amavo? No, l'amore era una puttana, io non ci credevo. Non risposi e lei si strinse nelle spalle, bisbigliando,
" Io ti ho amato davvero tanto ".
Quel passato prossimo suonava così fottutamente male, ma non poteva lasciarmi, lei non poteva.
" Non mi ami più adesso? " sussurrai in preda al panico, lei si asciugò un'ultima lacrima sulla guancia e mormorò,
" È finita Jason " salendo poi su un'auto insieme a Megan e scomparendo dalla mia vista.
Ero caduto, giù per il burrone in una caduta libera.
Improvvisamente trovai il duro terriccio del giardino di casa Speedy contro i miei jeans e gridai il suo nome più volte in ginocchio, sentendo gli occhi inumidirsi per la prima volta dopo tanto tempo.
Mi aveva lasciato. Avevo rovinato la cosa più bella dal mia vita; lei se n'era andata.


MADISON P.O.V.

" Mad, piccola mia, per favore aprimi la porta. Dobbiamo parlare " tentò di convincermi inutilmente mio padre alle quattro del pomeriggio di Lunedì. Era da tre giorni ormai che ero chiusa in camera mia e non avevo intenzione di uscirci. Ero entrata in casa piangendo quel Venerdì notte, urlando che volevo stare sola e che non volevo parlare con nessuno, avevo ignorato mia madre e mio padre così come avevo ignorato mio fratello e la mia migliore amica in macchina ed ero corsa in camera mia. Avevo versato la mia intera anima sul mio cuscino, rovinandolo con il trucco e addormentandomi alle cinque del mattino, distrutta emotivamente e fisicamente, e ancora adesso lo stesso cuscino era stretto tra le mie braccia mentre guardavo apaticamente fuori dalla finestra.
" Madison, devi mangiare qualcosa. Sono preoccupato " continuò lui, più insistente, bussando ripetutamente alla porta. Avevo provato a mangiare, ci avevo seriamente provato, ma non avevo fame e quando finalmente ero riuscita a mangiare metà cracker, la nausea si era impossessata di me e avevo vomitato. L'unica cosa che riuscivo a prendere era il caffè, andavo avanti con quello, ma mi rendeva anche nervosa, così da trasformarmi in uno zombie emotivo. Se non piangevo disperatamente sul letto o per terra, mi ritrovavo a guardare qualche punto fisso in attesa che tutto quel dolore sparisse e scattavo se qualcuno mi chiedeva qualcosa o nominava lui.
Lui era un tasto dolente. Bastava il suo nome per farmi urlare e scoppiare a piangere, per questo probabilmente la mia famiglia aveva capito che c'entrava qualcosa, ma dopo il secondo pianto isterico nessuno si era più azzardato a nominarlo.
Nemmeno io. Nominarlo voleva dire sentire il triplo del dolore, che era ancora peggio del vuoto che costantemente sentivo. Vuoto sì, perché senza di lui non sentivo più nulla.
Come poteva una persona essere così legata alla mia felicità, senza che nemmeno io me ne rendessi conto? Era strano perché di fatto, era stato tutto una bugia. Falso. Ecco l'aggettivo per descrivere il nostro, ma che dico, solo il mio amore.
E questa era la cosa peggiore. Lui mi mancava, cazzo se mi mancava. A volte mi chiedo come si faccia a sentire la mancanza di qualcuno che ci ha distrutti, completamente. Poi mi ricordo che se quel qualcuno lo si ama, tutto è possibile, nonostante questo significhi autodistruzione.
" Madison, ho ordinato cibo cinese dal tuo ristorante preferito, tu ami il cibo cinese. Per favore apri la porta e mangia qualcosa. Non ti chiederò nulla, giuro " mi supplicò Bob e percepii il suo tono ansioso, mentre sentiva sua figlia scoppiare nell'ennesimo piango isterico.
" Odio il cibo cinese, mi fa schifo! " gridai, buttando con forza il cuscino contro il muro mentre mille ricordi mi tornavano in mente.
Mi aveva portata al ristorante cinese lui, un giorno. Lo conoscevo veramente da poco, ed ero ancora convinta che non ci fosse nemmeno una piccolissima possibilità che io mi  innamorassi di lui. Illusa, come se fosse mai stato possibile. Lui era semplicemente una di quelle persone che una volta incontrate e conosciute, non potevi fare a meno di dargli tutto il tuo amore, fino a consumarti. Quel giorno comunque, era stato così bello, era stato uno dei primi dei tanti giorni belli che si sarebbero susseguiti. Ricordavo perfettamente che mi aveva portato in quel ristorante e aveva scherzato sul fatto che la cucina cinese era una delle poche cose che avevamo in comune e quanto mi aveva fatto ridere lui.
Mi aveva fatta ridere fino a farmi innamorare di lui, anche se ai tempi ancora non lo sapevo.
Un sorriso amaro spuntò sulle mie labbra quando mi accorsi che quel " ai tempi " corrispondeva a malapena a tre mesi fa.
Incredibile quanto si può cambiare in poco tempo grazie a una persona, in bene o in male, e lui mi aveva cambiata, con lui ero cambiata. Insieme. Con lui avevo conosciuto l'amore, non ricambiato, ma pur sempre amore, con lui avevo anche fatto l'amore, con lui mi ero lasciata andare tante di quelle volte da perdere il conto, con lui ero stata così felice, completa, con lui ero stata me stessa e non avevo avuto paura.
" Sei sicura di voler andare a questa gita con i Darliston? Non sei obbligata, lo sai " sospirò l'uomo, ormai arreso. Scossi la testa nonostante Bob non mi potesse vedere e bisbigliai in un tono appena udibile
" Voglio andarci ".
E volevo davvero. Mi avrebbe fatto bene un po' di aria nuova, Londra iniziava ad essere un po' troppo stretta per me. Non che uscissi per le strade, ma ero stata costretta a togliere la SIM del telefono e buttarla nello sciacquone nel water per smettere di ricevere chiamate o messaggi. Da Megan, Emily, Tyler e soprattutto lui. Me ne aveva inviati così tanti di messaggi, lui. Non li avevo nemmeno letti, era bastato vedere il suo nome nel blocco schermo per convincermi che questo telefono di merda andava disattivato.
E Megan era venuta anche due volte a trovarmi, la prima da sola e la seconda con Emily, ma non avevo voluto parlare nemmeno con loro.
Non avevo parlato seriamente con nessuno, a dire il vero. Ero rimasta da sola ed ero così noiosa con i miei pianti disperati che ormai neppure Prada voleva stare con me.
" Partiamo tra un'ora, sii pronta " mi avvisò infine mio padre e finalmente lo sentì allontanarsi, borbottando tra sé frasi sconsolate.

Tu mi porti fuori dai miei incubi.  Wattys2020Where stories live. Discover now