you, me and a pair of beers

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Le mie gambe dolevano ad ogni minimo passo che facevo, era come camminare su mille chiodi appuntiti. Avevo lavorato troppo, e questa era l'unica cosa certa, dato che ormai non facevo altro che quello.
Era come mettere la cera e togliere la cera, solo che in cambio mi davano un misero stipendio, che bastava giusto per pagarmi l'affitto del mio piccolo appartamento e per fare la spesa una volta alla settimana. Ma alla spesa rinunciavo spesso, preferivo ordinare la pizza sotto casa o piuttosto chiamare il cinese infondo alla via, che ormai mi faceva lo sconto per tutti i ravioli che ordinavo.
In poche parole, la mia vita era monotona, anzi dire che lo fosse era come informare tutti i miei conoscenti che Adam Levine sarebbe venuto a portarmi la pizza a casa, cosa completamente impossibile.
Mi sentivo interamente vuota, senza nessuno scopo, e non era di sicura uno dei sentimenti migliori.
Era come se fossi rinchiusa in una gabbia, come un animale, che cerca in tutti i modi di scappare, ma non riesce mai nel suo intento. Viene sempre bloccato, e per me a farlo c'è il mio capo, che chissà per quale assurdo motivo, mi disprezza.

❝John, buonasera, sì, sono sempre io.❞ parlo al telefono, appena John della pizzeria risponde.

❝Vorrei ordinare due pizze, una diavola ed una boscaiola, aggiungici una birra, o anche due.❞ concludo il mio ordine, ricevendo una sua esclamazione in conferma, che mi affermava che in dieci minuti il suo assistente sarebbe stato difronte al mio campanello.
Non dovevo far altro che aspettare, ed uno sfigato, messo peggio di me, sarebbe venuto a bussare alla mia porta.
E poi mia sorella si lamentava del fatto che non avessi un ragazzo, ci potrei giurare, non bacio una persona di sesso maschile da fin troppi anni, anche se ero molto giovane.

Il campanello suonò, ed i miei pensieri sui ragazzi volarono via nel momento in cui questo rumore invase la casa. Mi sbrigai a cercare il mio portafoglio, per estrarre le solite venti banconote, che avrei dovuto dare al ragazzo delle consegne.
Presi i soldi, mi diressi verso la porta e apertala mi ritrovai stordita.
Un ragazzo, che chiamare dio greco sarebbe stato un eufemismo, sostava in piedi difronte alla mia soglia. Era praticamente impossibile fosse il ragazzo delle consegne, dato che neanche due giorni fa era il caro Mike che veniva sempre a portarmi la pizza.

❝Hai sbagliato porta?❞ domando, ormai incurante di come fossi vestita.

❝No, in realtà sono qui per la consegna.❞ esclama, facendo cenno alle pizze presenti tra le sue mani, di cui mi rendo conto solo ora.

❝Oh, non le avevo viste, quanto è?❞ mi sarei voluta sbattere una mano in faccia, se non fosse stato per la sua presenza, cosa che mi trattenne da imprecare a tutti i venti.

❝Diciannove dollari e cinquanta.❞ riflette, prima di dirmi il prezzo esatto e subito li porgo la banconota, dicendogli che poteva benissimo tenersi il resto.

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