#1 L'adunata

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(Mia / Mehandra)

L'odore del legno fresco le irritava le narici. Otto fiaccole sulla parete illuminavano il corridoio, e le ombre proiettate dal fuoco danzavano sui rilievi intagliati, animandone le figure.
Mia avanzò verso la stanza cerimoniale, sapendo già che gli altri la stavano aspettando. Quando superò la soglia, tutti e sei si girarono verso di lei.
«Benvenuta, principessa Mehandra», disse l'uomo col cappuccio. Fatta eccezione per il naso, il suo viso era completamente avvolto nell'ombra. Mia si sedette nell'unica seduta rimasta vuota, attorno alla grande tavola.
«Ci siamo tutti», proseguì l'uomo.
L'enorme guerriero davanti a lei la stava fissando. Non riusciva a scorgere i suoi occhi, eppure ne sentiva il peso addosso. Chiuse meglio la parte alta del mantello; il guerriero tornò a giocherellare con le proprie mani sul tavolo.
«Ora la profezia prevede che i sei fratelli di Enkil, il Re che ingoiò la propria spada, prestino giuramento», continuò l'incappucciato.
Qualcuno gemette e tutti si girarono in quella direzione.
«Chiedo perdono», disse il piccolo uomo seduto sul fondo. L'ascia appesa alla sua schiena incombeva di un paio di spanne oltre la testa; dalla folta barba spuntò una mano, e il nano si grattò con forza sul volto. L'uomo col cappuccio fece finta di niente, e riprese a parlare.
«Voi siete i discendenti dei sei fratelli di Enkil: i suoi soldati più fidati, seppelliti con lui in questo luogo sacro. Jorha, il Magnanimo». Indicò il guerriero. «Dorones, la sacerdotessa». Alla destra del soldato sedeva una donna dai lunghi e lucenti capelli corvini. «Sifodas, il ladro». Sifodas era un uomo dalla carnagione color dell'ebano, e completamente nudo dalla cinta in su. «Pehr, lo stregone». Un signore molto alto, con un vistoso copricapo rosso, si alzò in piedi. Guardò tutti, uno alla volta; fece un profondo inchino, poi si rituffò sulla sua sedia. «Dinerth, l'invincibile». L'uomo col cappuccio puntò il nano per un attimo, poi riallineò il proprio sguardo con quello di Mia. «E Mehandra: la principessa. La prima figlia di Enkil il Grande».
All'improvviso, la sua voce si fece più cavernosa. «Jorha, Dorones, Sifodas, Pehr, Dinerth, Mehandra: giurate voi, i fratelli di Enkil, di tornare a servirlo, quando il Grande, questa notte, verrà risvegliato?»
«Sì!», latrarono in coro gli altri.
«Che la profezia, dunque, possa avverarsi!». L'uomo col cappuccio si alzò in piedi, allargò le proprie braccia verso l'alto formando una "V"; iniziò a tracciare col busto piccoli cerchi concentrici, via via più grandi, molto lentamente.
«N'alaquel sinome, Enkil! N'alaquel sinome, lye Aran! N'alaquel sinome, Enk...»
Qualcosa iniziò a vibrare. Una, due, tre volte. Borbottando, anche gli altri si alzarono in piedi. Ci pensò la suoneria a spezzare l'incanto; Mia riconobbe il motivetto del "Benny Hill Show" [ http://bit.ly/1gzj2HT ].
«Scusate, è il mio», balbettò la donna dai capelli corvini. «Devo rispondere, è mio figlio. Ecco... è a casa da solo e... chiedo scusa, voi continuate pure.»
Sifodas, il nero dal petto nudo, batté un pugno sul tavolo. «Non ci sarà da rifare tutta la trafila, adesso, vero?! L'entrata in ordine, lo stupido giuramento...».
«Non saprei, devo controllare», rispose l'uomo col cappuccio, scoprendo il volto. Allungò una mano sotto il tavolo, e fece apparire un voluminoso libro. «Non credo si parli di interruzioni, nel copione». La donna col telefono, toltasi la parrucca, nel frattempo si stava allontanando verso il corridoio. Facendo scoppiare il chewing-gum che masticava di nascosto, Mia si accorse che il ciccione vestito da guerriero la stava di nuovo guardando.
«La smetti di fissarmi le tette, Jorha il "magnone"?!»
«Cosa?! Io... io non mangio tanto, sono solo di corporatura robusta!». Il suo volto iniziò ad accartocciarsi su sé stesso. «E comunque, non è colpa mia se sei vestita come...»
«Come una troia?! C'era scritto così, nel contratto. E per fortuna che il costume prevedeva anche un mantello.»
«Già, il contratto!». Il nano fece un salto dalla propria sedia. «I soldi ce li prendiamo lo stesso, no?! Perché io, di questo Enkil che si lecca la propria spa...». Si bloccò all'improvviso, gli occhi spalancati. «Merda! Questa maledetta barba di plastica prude come un branco di termiti». Si strappò i peli che gli ricoprivano il volto, li lanciò sul tavolo.
«Perdonatemi», disse quello vestito da stregone. «Ma di che soldi state parlando? Io ho pagato per avere l'onore di assistere alla resurrezione di Enkil il Grande!»
Tutti si girarono verso di lui; ci fu qualche secondo di imbarazzato silenzio, in cui l'unico rumore era il frusciare del copione in mano all'uomo col cappuccio.
«Non dice nulla», sbuffò questo, poi richiuse il libro. «E poi qui dentro non vedo un cazzo. Certo, però, che le istruzioni erano chiare: "lasciare tutti gli oggetti personali all'entrata"».
Mia si scostò dal tavolo, e proprio in quel momento una brezza gelida iniziò a danzare con i sottili peli della sua nuca.
«C'è freddo, qui dentro», disse il nero vestito da ladro. Dall'altra parte del corridoio, qualcosa volò per terra. Qualcosa di grosso, penso Mia. Tutti si girarono, tendendo le orecchie in ascolto.
«La sacerdotessa... cioè, la donna. Lo sentite anche voi?», chiese il nano.
«No, no. Che cosa hai sentito?», fece eco qualcun altro.
«Appunto, nulla: ha smesso di parlare.

Enkil [ DA REVISIONARE ]Where stories live. Discover now