6) Lake view

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Il vento che entra dal finestrino della macchina di Mickey mi sferza i capelli, dandomi fastidio.

Siamo diretti al cuore di Chicago, dove si possono ammirare altissimi edifici, gente ricca con i macchinoni e il lago Michigan, la mia meta.

Tecnicamente non ci stiamo andando insieme: lui mi sta solo dando un passaggio. Prima, quando mi ha chiesto di fare un giro, io ci ho riflettuto e ho capito che ho un disperato bisogno di stare da sola e pensare.

In momenti come questo, quando ne ho la possibilità, raggiungo il  parco Lake view che, come già dice il nome, offre una bellissima vista sul lago.

"Sicura che non vuoi che rimanga?" Mi chiede gentilmente Mickey mentre supera una smart fucsia che va troppo lenta.

"Sì, devo incontrare una mia amica e poi…" A metà bugia mi rendo conto che non sono obbligata a dirgli proprio niente. "… non sono affari tuoi."

Lui sbuffa e per un solo secondo distoglie lo sguardo dalla strada. "Ma che ca…" I suoi occhi grigio-azzurri si soffermano sul mio fianco e poi ritornano a guardare l'asfalto.
"Okay, hai ragione, ma potreste venire rapite, stuprate o ammazzate, quindi, dato che non mi vuoi fra i coglioni, memorizzati almeno il mio numero. Se vi succede qualcosa, chiamami."

Stringo i pugni.
  In questo momento mi sento talmente infelice da non riuscire a stare insieme alle altre persone. È come se la mia tristezza le infettasse.
Lo vedo nello sguardo di Mickey. Lui sente che qualcosa in me è cambiato, che sono più distrutta adesso di quanto non lo fossi un paio d'ore fa.

Parlare con Lip mi aveva fatto distrarre solo per poco, perchè poi l'urgenza di risolvere i miei problemi ha preso il sopravvento, e con essa la frustrazione di non sapere come fare.

Niente Ryder. Niente polizia.

Ma non voglio neanche mettere nei casini Lip, Ian, Mandy e Mickey. Sono sicura che ognuno di loro ha già le proprie rogne.

"Puoi lasciarmi qui" dico indicando un parcheggio all'ombra poco distante da noi e dal lago.

"Il numero" insiste lui.
"Va bene."

Ferma la macchina nel punto che gli ho indicato e mi detta il suo numero, che io salvo nella mia rubrica. Poi lo chiamo così che anche lui possa avere il mio.

"Grazie di tutto, Mickey. E ringrazia anche gli altri."
"Non abbiamo fatto niente, ma è stato un piacere. Questa sera chiamami."

Ridacchio nervosa. Non so se lo farò. "Contaci."

Mi allontano dall'auto e vado verso la mia panchina preferita, quella che di fronte ha sia il lago che i maestosi palazzi in vetro, ma quando mi giro casualmente, noto che Mickey è ancora lì.
Sta aspettando che io incontri la mia amica. L'unico problema è che lei non esiste.

Per un attimo vado nel panico e non so cosa fare. Mi guardo attorno con finta nonchalance. Il parco è quasi deserto: ci sono solo tanti alberi, una grande distesa di erba, qualche panchina qua e là, un anziano che dà delle briciole ai piccioni, una donna che fa jogging, due ragazzi che si fumano una sigaretta e... Eccola! Seduta sull'erba, con la schiena appoggiata al tronco di un grande albero che la tiene all'ombra, c'è una ragazza che sta leggendo un libro.

Mi fiondo da lei e le dico:" Se mi abbracci e fai finta di conoscermi, ti do cinque dollari."
Lei mi guarda stranita. Chissà cosa starà pensando…

"Affare fatto!" Si alza con finto entusiasmo e mi stringe a sè come fanno le migliori amiche dopo che non si vedono per settimane intere.

"Grazie mille" le sussurro all'orecchio mentre annuso il profumo alla vaniglia dei suoi capelli castani e ricci.

Qualche secondo dopo ci stacchiamo e inziamo a parlare. Lei si chiama Iris e vive nel West Side. Si stava godendo il pomeriggio in attesa che si facesse sera per poter uscire con il suo ragazzo.

"Sei fortunata" le dico. "Io invece non ho avuto il coraggio di dire al ragazzo che mi ha accompagnata qui che volevo semplicemente stare da sola."

I suoi occhi, coperti da un paio di occhiali da vista viola, si riempiono di compassione.
"Ero anch'io così: mi ci voleva sempre troppo tempo per dire agli altri di cosa avevo bisogno e finivo sempre per soffrire, ma poi ho capito che non dovevo vergognarmi di parlare e di agire perchè questa è la mia vita. Solo mia. Nessun altro deve impedirmi di viverla come la voglio."

La ascolto con ammirazione mentre mi viene la pelle d'oca. Ha ragione. La mia situazione già fa schifo e non posso permettermi di farla peggiorare ancora di più.

"È stato un piacere conoscerti. Grazie al cielo quel mio amico se n'è andato subito dopo che abbiamo iniziato a parlare." Tiro fuori dalla borsa il portafoglio.
"Lascia stare. Non voglio i soldi, dammi il tuo numero piuttosto così possiamo pranzare insieme qualche volta."

Le sorrido. Questa ragazza mi sembra caduta dal cielo proprio quando ne avevo bisogno.
Ci scambiamo i numeri e poi ci salutiamo. Io vado ad accomodarmi sulla mia panchina in legno scuro, che fortunatamente è libera, e rimango per qualche minuto a guardare i riflessi lucenti del sole sulla superficie del'enorme lago.

Amo la sensazione del calore sulla mia pelle perchè mi rilassa in un modo incredibile.

Aaron… cosa devo fare con lui? Cosa posso fare? Non voglio che venga arrestato o picchiato. Voglio solo che venga aiutato, curato. In nome di tutto quello che abbiamo passato insieme negli ultimi due anni, io tengo ancora a lui.

Mi manca il vero Aaron. Mi manca più di ogni altra cosa.

La vista mi si sta offuscando. È colpa delle lacrime. Sto piangendo. Sto soffrendo.

Lo rivoglio indietro. È per questo che non riesco a lasciarlo. Aaron…

Mi alzo velocemente e mi dirigo verso la fermata dell'autobus più vicina.
Ho deciso: gli parlerò e cercherò di convincerlo che farsi aiutare è la scelta migliore.
Devo provarci.

Cammino a passo sostenuto. Tutto attorno a me sembra sbiadito e sfocato. I colori, le persone, gli edifici, le macchine. Ogni cosa.
Sono così confusa… Gli ultimi giorni sono stati così diversi e pieni di speranze.

Le mani mi iniziano a tremare. Non mi è rimasto più niente.

"Attenta!" Una signora di colore mi strattona di lato prima che io possa andare a sbattere contro un palo della luce.

"Stai bene, ragazza?" chiede lei premurosa.
Annuisco e la ringrazio.

Alla mia sinistra qualcosa attira la mia attenzione: sul muro di mattoni rossi è appeso un grosso manifesto pubblicitario del Chicago med.

Sono raffigurati i volti di vari medici e imfermiere, ma la cosa che mi attrae di più è la scritta bianca in basso:Nessuna persona che soffre rimarrà senza cura

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Sono raffigurati i volti di vari medici e imfermiere, ma la cosa che mi attrae di più è la scritta bianca in basso:
Nessuna persona che soffre rimarrà senza cura.

Angolo autrice:
Cosa ne pensate di questo capitolo? Cosa avrà in mente di preciso Chantal? Chiamerà veramente Mickey?
Il prossimo sarà un capitolo veramente intenso e decisivo. Preparatevi 😉

A giovedì prossimo
Xoxo

Be Shameless  SOSPESA Where stories live. Discover now