♥︎ - Capitolo 4

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« Arthùr, Arthùr vieni qui!»
C'erano poche cose importanti per un tipico inglese come Arthur. La pronuncia corretta, il self-control, la Patria, la regina, l'educazione, la magia, il suo gatto... ed il suo tea.
Una vena iniziò a gonfiarsi ed a palpitare sulla fronte del britannico, che si fece rosso in viso.
Arthur Kirkland era un comunissimo londinese, con le sue abitudini, il suo lavoro e una vita decisamente tranquilla. Finché un uragano dall'erre moscia, i vestiti oscenamente appariscenti ed un forte profumo di rose gli aveva travolto - e sconvolto - la vita. Ormai Francis e Arthur andavano uno per i cinquantasette e l'altro per i cinquanta e, sebbene gli anni passati assieme non fossero certamente pochi, Arthur non poté far a meno di inalberarsi come una scimmia isterica quando si girò. Erano venticinque stramaledettissimi anni che sopportava ufficialmente la rana, eppure questa continuava ad interrompere e rovinare le sue amatissime abitudini e tradizioni, senza una motivazione adeguata! Il cretino lo guardava con la cornetta del telefono alzata, un sorriso da beota in volto mentre gesticolava come una casalinga esaurita. Ovviamente la tazzina di porcellana lanciata contro il francese fu d'obbligo. E le grida della rana consuetudine.                                                                                                                                           « VENTICINQUE FOTTUTI ANNI CHE TI SOPPORTO E ANCORA NON HAI CAPITO CHE NON DEVI ROMPERE ALLE CIQUE DEL POMERIGGIO?!»
« Je te casse la gueule! Pazzo! Tu sei un pazzo! Mi hai sfiorato! Ora pulisci tutto!»
Più la rana gesticolava, più Arthur l'avrebbe voluta strozzare.
« I don't give a flying fuck! E ora dimmi perché mi hai interrotto.»                                
« C'è tuo figlio Alfred al telefono, fils de pute !»                                                                     « Thank you, idiot. »
Alfred, dall'altro capo del telefono, non riuscì a far a meno di ridere. Grande e vaccinato, sentiva molto la mancanza dei suoi, il tono burbero di Daddy e la voce stridula di Papa. « Alfred? Come va?» Arthur si stava trattenendo in tutti i modi dal non investire il figlio con una raffica di domande ed Alfred, sapendo quanto potesse essere apprensivo il genitore, gli raccontò per filo e per segno tutto l'accaduto fino a quel giorno, omettendo certi dettagli riguardo Ivan, ovviamente. Arthur annuiva ed annuiva. Ed Alfred riusciva perfettamente a immaginare l'espressione crucciata sul volto del padre, sicuramente vestito con un gilet ed un pantalone scuro, mentre batteva ritmicamente il piede sul legno del pavimento del salotto, davanti ad egli l'espressione seria di un antenato ritratto nel quadro posto sopra al camino, certamente acceso, tutto condito dalla voce di Papa che probabilmente stava lavando i piatti...cantando qualche canzone di Edith Piaf. Il ricordo di lui e suo fratello Matthew che giocavano assieme sul tappeto porpora del salotto fece venire il magone al povero Alfred, che si ripromise di andarli a trovarli al più presto.

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« Ti manca casa eh?» La figura robusta del cosacco era resa surreale dalla luce che entrava fioca dalla finestra della mensa. In quel momento Alfred ed Ivan erano soli, Ivan era obbligato a consumare tutti i pasti in solitudine, o meglio, senza gli altri carcerati. Un gelido sorriso comparve sul volto pallido di Ivan. Alfred sorrise forzatamente. « A te no?» Lo sguardo del russo si incupì, scuro cielo annunciatore malaugurato di temporale nefasto ed Alfred si sentì indifeso al cospetto della potenza della Natura. Presto percepì le glaciali dita di Ivan attorno al collo, una stretta soffocante. «Ti burli di me, americano?» « In Russia non scherzate mai?» Alfred mascherò il puro terrore con l'ironia ed evidentemente riuscì nel suo intento, poiché il viso di Ivan si rilassò e la tempesta sembrò non cominciare mai. « In Russia amiamo i giochi. Vuoi che ti mostri qualcosa?»  Il ghigno ammiccante del russo prometteva tante cose, tutte indecifrabili per la povera mente dell'americano, sotto pressione.  « H-Hell yeah! Gli eroi non rifiutano mai!»  Il ghigno si allargò e Alfred si domandò se non avesse sbagliato risposta.

Prisoner 彡 RusAmeDär berättelser lever. Upptäck nu