#11 - Alchimia di Sangue

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Care cavie e fidati lettori, un nuovo aggiornamento di Come ti rovino la storia, sono forse impazzito? Ne parliamo nello spazio del rovinatore, per adesso vi ringrazio per essere qui e vi lascio subito all'ultima entrata nella famiglie delle cavie, naghree!
La storia che mi ha lasciato modificare è "Alchimia di Sangue", un'opera completa veramente intrigante e che non si fa scrupoli a *cof* *cof* spoiler. Ok, sto zitto. Però sono contento quando trovo materiale che non si crogiola nel buonismo a tutti i costi. No, sto zitto. 
Ah, ho deciso di modificare la prima parte del "Capitolo 1", quasi dimenticavo. Buona lettura!

Quando aprì gli occhi, Aleideen capì che c'era qualcosa che non andava

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Quando aprì gli occhi, Aleideen capì che c'era qualcosa che non andava. Non erano le galline nella stanza, non era neanche il tagliaerba parcheggiato sul divano e nemmeno l'hot dog gigante gonfiabile che entrava dal balcone.

No, la testa le puzzava, e il dolore martellante le impediva di mettere in ordine i pensieri. Socchiuse appena gli occhi. Lo stomaco le bruciava ed aveva un lieve senso di nausea. Si portò una mano alla tempia e massaggiò. Sperava che avrebbe lenito il dolore, ma non servì a molto.

Con un gesto automatico spostò l'altra mano al fianco, alla borsa dei medicinali che, da brava ipocondriaca, portava sempre con sé. Un po' di moment, del gaviscon e pure un multivitaminico le avrebbero fatto bene. Le dita annasparono nel vuoto, sfiorarono il freddo umido del pavimento su cui era sdraiata, la stoffa morbida dei pantaloni, e nient'altro.

Spalancò le palpebre e si tirò a sedere, il respiro affannato. Le sue borse. Le sue pillole ed i suoi antidolorifici. Non usciva mai senza, erano la sua unica certezza.

Gli occhi guizzarono a destra e a sinistra, scrutarono invano la stanza, in cerca del maltolto. Un leggero reflusso gastroesofageo le ricordò che era stata una stupida. Uno sturalavandini incollato sulla testa glielo ricordò ancora di più. Si era mossa senza controllare di avere lo stomaco in ordine. Un respiro profondo, poi un altro. Doveva calmarsi e rimediare alla mancanza di poco prima. Se Mastro Gregg la Spugna l'avesse saputo, le avrebbe fatto ripetere tutte le prime lezioni sull'arte del post sbronza, tutte le basi.

Chiuse di nuovo gli occhi, prese un altro respiro e si concentrò. Rimase immobile finché non fu certa di aver sventato il pericolo di tirare fuori tutto il contenuto del suo stomaco.

Si lasciò andare, rilassò i muscoli e prese un respiro profondo. Quel bruciore, la mente annebbiata. Doveva essere il vino paesano di Francosimo il bombolaio, quello stendeva pure i cavalli.

Contro il suo corpo che le diceva di tornare a dormire, di non pensarci, di svaccarsi come un barbone in estate al parco pubblico, Aleideen si decise a studiare l'ambiente. Rimase un momento ad ascoltare, in cerca di qualche segno di attività umana, ma gli unici rumori erano i versi delle galline, la pubblicità del tonno rio mare nella tv infilata nel camino ed il ventilatore storto con la carta igienica attaccata alle palle. No, pale, volevo dire pale. Tornò a sedere, aprì di nuovo gli occhi e si guardò attorno.

Il disordine nascondeva i dettagli, ma la luce che filtrava dalle finestre era sufficiente per capire qualcosa in più sullo spazio in cui si trovava: una salotto con cucina, un balcone ad un lato ed un corridoio che spariva dietro un muro dall'altro. Non riconosceva quell'appartamento. C'era un altro divano, oltre a quello con la macchina da giardino, ma era vuoto. Un tavolino reggeva un numero enorme di lattine vuote di birra impilate alla buona le une sulle altre, un patetico tentativo di evitare di doversi allungare fino al secchio dell'immondizia. Allungò una mano verso il muro: su tutta la parete e su metà del soffitto c'era scritto con la cioccolata "CHE BEL MURO". Sfregò le dita e le annusò. Ok, non era cioccolata.

Afferrò il bordo di una sedia mezza rotta e si tirò in piedi, ma la stanza prese a girare. Si appoggiò alla mensola dei dvd con fette di salame infilate nelle custodie e trattenne un risolino isterico. Era stata stupida. Alzarsi così, di colpo, non era stata certo una mossa degna di un'alcolista esperta. Era già il secondo errore, quel vino doveva aver fatto più effetto di quanto non avesse pensato.

Non appena il mondo attorno a lei si fu fermato, si decise a muovere qualche passo. Il pavimento era appiccicoso e puzzava di birra, in alcuni punti di vino e in altri di roba brutta. Deglutì a vuoto mentre cercava di convincersi che sotto i suoi piedi ci fosse solo Nutella e, sperava, un po' di terra.

Percorse il perimetro sfiorando il muro con le dita e raggiunse la prima porta nel corridoio. Toccò il legno, accarezzò la superficie fino a sentire le ammaccature a forma di testa umana e bussò piano per non disturbare. Poi arrivò alla maniglia... l'afferrò e girò lentamente. La porta si aprì e vide il bagno. Finse di non vedere il motorino nella doccia. Cioè, ormai.

Si appoggiò al muro e chiuse gli occhi.

Aveva piovuto, quel mattino. Un temporale estivo, di quelli che fanno bestemmiare come un galeotto cresciuto a pane e pedate perché tipo volevi andare a mare con la tipa e tipo domani non puoi perché tipo c'hai il matrimonio della cugina della tipa che tipo una volta ci hai provato ma quella era tipo fidanzata ma tu tipo pensavi che fosse una di quelle che battono e tipo glielo avevi pure detto ed ora tipo ce l'ha a morte con te, ma tipo la tipa non lo sa. Ora che tutto era passato, la luce che entrava dalla finestra si rifletteva sulle bottiglie colorate che Mastro Greg la Spugna teneva dietro il bancone del bar. Che poi diceva che usava quelle così poteva vendere gli alcolici sottomarca spacciandoli per prima scelta. L'importante era che i clienti ne rimanessero ammaliati, che immaginassero chissà che roba potente. Zio Greg era un tipo dritto.

Dopo il flashback generato dai fumi dell'alcol, quando bevi succedono sempre cose strane, controllò pure le altre stanze. Se c'era qualcun altro lì, doveva trovarlo. Tutto vuoto. Si mordicchiò il labbro e cercò di riflettere. Era in una casa vuota, devastata ammerda in tutti i sensi, non si ricordava niente, boh. A questo punto meglio filare via, vuoi che le danno la colpa?

Si trascinò fino alla finestra e si issò, facendo leva sul davanzale. Capì dove si trovava, riconobbe il quartiere. Adesso ricordava, forse, era andata ad una festa universitaria. Non si sporse troppo, ma le bastò a capire che l'appartamento era al quinto piano e, poco lontano, c'era il parcheggio del McRoad ed il palazzetto dove fanno i campionati dei mangiatori da competizione. Ora doveva solo ritrovare la borsa e svignarsela.

Un brivido le percorse la spina dorsale e le fece drizzare i capelli alla base della nuca. Si erano fregati tutto? Perché erano andati tutti via? Cominciava a ricordare, erano entrati scavalcando dal terrazzo, era la casa di uno che aveva lasciato il balcone aperto. Che bastardi ad abbandonarla lì. Adesso ne sarebbe uscita senza farsi notare? L'avrebbe passata liscia? Come avevano portato il motorino al quinto piano? Ma soprattutto, dove avevano preso le galline?

Spazio del rovinatore
Ciao e di nuovo grazie per aver letto questo capitolo. Lo so, lo so, avevo detto che non avrei fatto passare un mese per aggiornare ed invece eccomi qui. Faccio davvero schifo a gestire più libri insieme. Ma vedrò di velocizzare, davvero. 
Detto questo, che ne pensate del capitolo? La povera protagonista mi è sembrata una vittima perfetta per un post sbronza tremendo e ci è voluto poco per trasformare una cella desolata in un appartamento abbastanza devastato :D
E a te, autrice, ti è piaciuta questa rilettura?

Come sempre fatemi sapere nei commenti che ne pensate, tiratemi tanti insulti per la mia lentezza, votate se pensate che questo capitolo lo meriti e seguite il mio profilo se pensate di poter essere interessati ad eventuali future pubblicazioni su questa piattaforma. Bye :D

Come ti rovino la storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora