Lacrime di vergogna

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Cremlino

10 Agosto 1548


Le urla di Anastasija si propagavano per le sale del palazzo come una terribile canzone. Gli echi rimbalzavano contro le pareti, richiamando l'attenzione di inservienti, soldati e religiosi. Erano grida di puro dolore, spaventose e raggelanti. 

Ivan correva a perdifiato attraverso i corridoi e gli androni ancora anneriti dall'incendio che aveva devastato Mosca. Inciampava ad ogni passo, cadeva e si rialzava ansimando come un cavallo inseguito dai lupi. Il suo sguardo nero era attanagliato da una sorta di maledizione mistica, le pupille rimanevano fisse e perfettamente dilatate. Sudava, la corona era già caduta qualche decina di metri più indietro e il mantello sembrava strappato in diversi punti: un folle ghermito dalle ombre. Chi ostacolava il suo frenetico avanzare veniva scagliato a terra o gettato contro i muri.

Lo Zar raggiunse una porta di legno intarsiato e la spalancò con un calcio e un mugugno. Oltre il pregiato uscio si apriva un lungo corridoio ricolmo di arazzi, ricca mobilia e vasi decorati. Poco distante, nella penombra del Cremlino, un'altra porta simile alla precedente era piantonata da una coppia di militari; le urla di Anastasija si fecero più forti.

« FATEMI ENTRARE! » sbottò Ivan, ansimando.

Le guardie si osservarono l'un l'altra, drizzando le picche e serrando le mascelle. Una di loro rispose, il volto incupito dalla maschera di chi doveva dare brutte notizie.

« Non possiamo permettere a nessuno il passaggio. »  

« C-che cosa? IO SONO L'IMPERATORE! LASCIATEMI PASSARE! »

« Signore, è stato Lei a ordinarlo: nessuno deve entrare in questa stanza. »

« Non m'importa di quale ordine ho dato! Toglietevi di mezzo! »

I soldati si fecero da parte, spaventati dalla bocca grondante e dagli occhi di fuoco di Ivan il Terribile. Lo Zar cominciò a spingere i battenti, ma si ricordò di aver chiuso la porta qualche ora prima. La disperazione attanagliò il suo cuore: la chiave, una dannata chiave d'oro incastonata di diamanti, si trovava da qualche parte nel suo studio privato. 

« Buttate giù la porta. » disse improvvisamente.

Le guardie tornarono a fissarsi, imbarazzate e al contempo spaventate da quella richiesta.

« Imperatore, non credo sia... »

Un urlo agghiacciante, culmine di una sofferenza indicibile, coprì per un istante qualunque altro suono.

« ANASTASIJA! »

Ivan si gettò con tutto il peso contro la superficie di legno, imprimendo nella spallata una forza che non credeva di possedere. La porta cedette di poco, protestando con uno scricchiolio. Un secondo colpo la scardinò definitivamente.

All'interno vi era un letto a baldacchino di pregevole fattura, con tende di bianca seta e lenzuola perlacee. Tutt'intorno stazionava un nutrito gruppo di personaggi vestiti di candido, con strambi cappelli sulla testa e soffici panni tra le mani. Anastasija era sdraiata sul materasso e indossava una veste completamente coperta di sangue.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 16, 2017 ⏰

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