Cani da caccia

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Dopo la morte di Elena Glinskaja, avvenuta nel 1538, la Russia sprofonda nel caos. 

Le famiglie nobiliari più importanti, definite genericamente "boiarde", mirano ad assumere il ruolo di guida politica all'interno del regno Moscovita. Il capofamiglia dei Sujskij, Viktor, assicura al suo gruppo una posizione di spicco alla corte del Cremlino, divenendo così il probabile candidato al trono. 

Sangue e odio scorrono a fiumi, omicidi brutali si susseguono giorno dopo giorno, il popolo è ridotto alla fame e privato di un governo. 

Ivan, legittimo sovrano, viene trattato come un inetto e abbandonato ripetutamente alla propria solitudine: qui, tra ombre celate e incubi ad occhi aperti, sviluppa una profonda avversione nei confronti del mondo e degli esseri umani.  


Mosca

Ottobre 1543


Ivan era appoggiato alla parete fredda. Sentiva i gemiti, le esclamazioni, i gridolini. La puzza di sudore impregnava l'aria. Sbirciò oltre l'angolo: due figure, avvolte in coperte di pelliccia, si avviluppavano con strani movimenti sul letto di sua madre. Era una sorta di danza incomprensibile, con le schiene che s'inarcavano e le teste che andavano su e giù ripetutamente. Gli occhi del ragazzo caddero poi sul pavimento rosso, dove un uomo giaceva con gli occhi spalancati e un rivolo di sangue che fuoriusciva dalla bocca. "Vita e morte possono stare insieme" pensò Ivan, sorridendo nel buio.

Si stancò presto di ascoltare i versi dei due signori nella sua camera. Il gioco più interessante da fare nel palazzo consisteva nello scoprire chi era stato ucciso il giorno precedente. C'erano molti punti da cui poteva iniziare la ricerca: il salone Ovest, la torre principale, la stanza del trono. Solitamente i cadaveri erano nascosti dietro le tende o nei ripostigli per le scope, ma a volte era fortunato e li trovava distesi sul pavimento. Di tanto in tanto si permetteva addirittura una sbirciatina alle ferite, per capire in che modo venivano uccisi i cortigiani. La pugnalata alle spalle sembrava il metodo prediletto.

« Ivan, dove stai andando? »

Una voce chiara e viscida: Viktor lo aveva intercettato, di nuovo. Da quando si era insediato al posto di sua madre, l'aristocratico aveva messo su più di qualche chilo. Si era anche fatto crescere la barba.

« Vado a trovare Macario. » "Vado a contare gli escrementi che hai lasciato in giro, lurido maiale."

« Lascia stare quel vecchio. Mi servi nello studio, devi firmare un paio di carte. »

« Quali carte? » "So benissimo quali carte, verme schifoso."

Viktor parve cogliere l'ironia della domanda, nonostante il tono innocente.

« Ti importa qualcosa? Non sai nemmeno leggere. » chiese l'uomo, esibendo un sorriso di scherno.

Ivan sapeva leggere e scrivere, ma non l'aveva detto a nessuno. Passava giorni interi nella biblioteca del Cremlino, sfogliando i libri sino a consumarne le pagine. Si interessava degli argomenti più disparati, dalle fiabe strampalate alle cronache di guerra. Tuttavia, per salvaguardare la sua incolumità, aveva preferito recitare la parte dell'inetto e dell'ignorante. Così, quando doveva mettere la firma o il timbro reale sui documenti di Viktor, poteva apprendere il funzionamento della politica di corte e carpire una serie di nomi e cognomi importanti.

Ma quel giorno non aveva proprio voglia di stare con quel porco di Viktor.

« Non mi va. Lo farò più tardi. » disse, facendo un passo nella direzione opposta.

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