chance

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"Times that I was so happy
Even without anything
It seems like yesterday
But I came too far
I don't remember it anymore
Because everything was for the first time
I was clumsy and filled with butterflies
Memories of those times
Are still like a dream
But where am I going right now"

Mi svegliai alle dieci del mattino. Avevo passato una nottata tutto sommato abbastanza tranquilla, ma mi facevano molto male i fianchi. Forse avevo preso freddo o avevo dormito in una posizione scomoda, semplicemente non lo sapevo. Sospirai. Mi alzai dal mio lettino e uscii fuori, sul mio balconcino, ad osservare il mondo là fuori, mentre cominciai a pensare.

Dall'ultima chiamata con la ragazza della suicide hotline, era passato circa un mese. Mi aveva detto che mi avrebbero mandato al più presto un loro impiegato, uno psicologo, quindi lasciai i miei recapiti e l'indirizzo. Era venuto, però non era davvero molto bravo ed anzi, non mi aiutava affatto essendo molto freddo e statico, perciò mi risultava difficile e imbarazzante parlare con lui. Chiesi subito di cambiare psicologo, e me ne mandarono un secondo. Ci passai una settimana, ma poi cominciò a non sapere cosa dirmi e spesso continuava a ripetermi che il mio caso era parecchio difficile. Non essendo particolarmente bravo, avevo perso le speranze ma ne chiamai un ultimo ed un terzo. Chiamai nuovamente, e mi dissero che l'altro che avrebbero mandato era una degli specialisti, diciamo tra i più bravi.

Avrei dovuto aspettare circa una settimana invece di uno o due giorni, da quello che mi riferirono. Potevo dedurre che era molto richiesta, e speravo che fosse lei la psicologa che potesse aiutarmi. Improvvisamente, i miei pensieri furono interrotti dallo squillo del campanello. Alzai la testa di scatto, e goffamente mi precipitai verso la porta per aprirla. Girai la maniglia e, piano piano, la aprii, guardando per terra.

Davanti a me, si presentò una figura. Alzai lentamente la testa. Portava una valigetta di pelle nera, e un cappotto grigio a quadrettoni pesante di almeno due taglie più grandi. Guardai la figura negli occhi, e scorsi dei vivaci e seducenti occhi neri contornati da un paio di occhiali tondi. Sussultai. Era un ragazzo, giovane e molto bello, avrà avuto la mia stessa età: sentii il cuore fermarsi per un attimo. Aveva dei capelli molto strani: erano bianchi, e verso le punte andavano sfociando sull'azzurro.
<< Buongiorno. E' lei Chae Hyungwon? >> disse. Aveva una voce molto ammaliante e un sorriso caldo. Trattenni il fiato.
<< Ehm... buongiorno. Sì... a chi devo l'onore...? >> replicai balbettando. Il tono della sua voce era molto più sicuro del mio, mentre io ero molto più timido. Ero ancora stordito. Sorrise e cacciò un rettangolino di similpelle grigia, mostrandomelo.
<< Il mio nome è Shin Hoseok. Lei aspettava una psicologa, vero? Sono stato mandato come suo sostituto. La signora è davvero occupata e ha mandato quindi il suo allievo, me. >> continuò, sorridendo gentilmente. Sbattei gli occhi qualche volta. Non potei crederci: era uno psicologo? Lo avrei potuto scambiare per un attore, un fotomodello, ma non uno psicologo; però, effettivamente, aveva dei modi di fare molto gentili e mi convinse. Osservai bene il tesserino, poi lo guardai.
<< Non voglio dubitare di lei, ma... aspetti. Verificherò se quello che mi dice è vero. >> risposi, un po' insicuro. Ebbi una reazione che non mi aspettavo, ovvero che annuì vigorosamente dandomi ragione, sentendosi affatto ferito nell'orgoglio o altro.
<< Oh sì sì, ha ragione. Faccia pure. >> disse, indietreggiando di un passo. Rimasi a guardarlo e poi chiamai il numero, per conferma. Non era un impostore ed era davvero stato mandato lì, quindi lo feci entrare.

Rimanemmo nella sala, fermi e in silenzio. Mi trovavo in una situazione di estremo disagio e vergogna. Lo pregai di accomodarsi, e ci sedemmo sulle poltroncine rosse uno di fronte all'altro. Non riuscivo a parlare, e non potevo far altro che arrossire.
<< Posso offrirle qualcosa? >> sussurrai, in estremo imbarazzo.
<< Cortesemente un caffè. >> replicò, sovrastandomi con la sua voce forte e sicura. Mi scosse un brivido e annuii, precipitandomi a farlo. Poi tornai da lui, mentre il caffè bolliva. Cercai di attaccare bottone.
<< Ehm... spero che lei riuscirà ad aiutarmi. Ho avuto due psicologi ma nessuno dei due ha saputo aiutarmi. >> dissi. Mi guardò, puntando il gomito sul bracciolo e reggendo poi il viso con la mano.
<< Farò del mio meglio - oh, e dammi del tu. La confidenza è essenziale. >> replicò lui. Stranamente, sorrisi.
<< Allora non preoccuparti delle formalità neanche con me. >> dissi, sedendomi. Poi sentii un fischio dalla cucina e scattai in piedi, correndo verso la cucina. Mi morsi un angolo del labbro e spensi immediatamente il fornello vedendo che il caffè stava traboccando. Feci un gran respiro e presi la moka, riempendo una tazzina di caffè nero bollente. Ringraziò e aspettò che mi accomodassi. Lentamente, prese il caffè con una calma eleganza, e mi sentii a disagio per quanto era fine. Aveva un'aria molto regale. Tirò fuori un taccuino e una penna e accavallò le gambe, abbassando un po' la testa per scrivere qualcosa.

good morning friend; hyungwonhoHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin