One.

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Sei anni.
Quel posto ormai era la casa di Draco da sei anni.
Sei lunghissimi anni.

Io non sono pazzo.
Sono solo e abbandonato, ma non pazzo.
Continuò a ripetersi l'ormai ventiduenne.

Non sono pazzo, non sono pazzo.

Era solo un adolescente con i soliti comunissimi problemi forse, ma i suoi genitori decisero che era mentalmente instabile.
A volte aveva forti sbalzi d'umore e capitava che, anche senza motivo, iniziava a piangere e ad avere crisi isteriche.
A volte era colto da un'improvvisa rabbia, che gli faceva rompere tutto ciò che trovava.
Dal bullismo che subiva a scuola diventó bulimico.
Forse aveva solo un problema vero e proprio: la gelosia.
Già.
Detto così una persona penserebbe "La gelosia? Non è nulla!" oppure "É solo un modo per far capire alle persone che ci tiene." e così via, ma no.
Non nel suo caso almeno.
La gelosia era come un demone che viveva dentro di lui.
Una volta, ad esempio, a tredici anni, uscì con Pansy, la sua migliore amica. Un ragazzo si avvicinò a lei, forse un po troppo intimamente e Draco...beh, lui... perse la testa. Iniziò a picchiare selvaggiamente quel ragazzo, mentre la ragazza, impaurita, lo pregava di fermarsi.
Il ragazzo ebbe molti danni, fortunatamente non permanenti.
No, Pansy non piaceva al biondo.
Era solo la sua migliore amica.
Giurò che non l'avrebbe più fatto, che era stata una serata no e che se la prese con la prima persona che aveva sotto mano.
Ma le scenate continuarono.
Più violente.
Anche se magari si trattava solo di sua madre o dei suoi amici.
Tutti questi fattori spinsero i suoi genitori ad abbandonarlo in quello stupidissimo ospedale psichiatrico, dove ormai tutti avevano perso le speranze con lui.

Le lacrime nel frattempo continuano a rigargli le guance.
La porta si aprì ed entrò l'infermiera Grace.

"Buongiorno Draco, tutto bene?" Sorrise, e fu un misto tra compassione e affetto "Ti ho portato della zuppa e del pane...Vuoi mangiare?"

Il ragazzo scosse la testa, guardando il cibo come se ne fosse terrorizzato.

"Okay, allora bevi un po d'acqua." Disse per poi far cadere una pasticca nel bicchiere pieno.

"Tirati su, Draco."
Ormai la pastiglia si era sciolta.

Draco si trascinó sul suo letto e, con fatica, bevve tutto il liquido.
Poco dopo chiuse gli occhi, cadendo in un sonno profondo.
Gli davano sempre dei sonniferi, quando piangeva disperatamente e non riusciva a calmarsi.

Draco ormai era stanco di tutto.
Stanco di piangere, di disperarsi, di distruggere le cose...
Era stanco perfino di respirare.
Aveva tentato molte volte il suicidio, ma non era mai riuscito a farla finita.
Ovviamente nessuno avrebbe mai portato un coltello ad un ragazzo depresso e pieno di crisi di ogni genere.
Non poteva nemmeno uscire dalla sua stanza, se non accompagnato e Draco, di uscire, non ne aveva proprio voglia.
Era così stanco che la morte ormai era il suo unico sogno.

Intanto, dall'altra parte dell'ospedale un nuovo medico faceva la sua entrata.

Harry James Potter.
Un affascinante ventiduenne che aveva da poco finito gli studi, ma già molti lo conoscevano per la bravura che possedeva nel suo mestiere.
Aveva aiutato molti a guarire, certo...Non si può guarire da tutte le malattie psicologiche, ma si può provare ad aiutare le persone a stare meglio.

L'infermiera Jess si offrì di fargli fare un giro dell'ospedale, dato che era nuovo del posto.
Gli mostrò le sale più importanti, dove si trovano tutte le apparecchiature, la mensa, la sala solo per i dottori e la stanza per le terapie di gruppo.

"Lei si occuperà delle stanze al terzo piano. Chiaro?" Disse, mostrando tutte le camere, saltando però la 394.

"É vuota? La stanza intendo..." chiese incuriosito.

"La 394? No. É occupata da un ragazzo. " rispose velocemente Jess andando avanti.

"E perché l'abbiamo saltata?"

"Perché è un caso senza speranza. In molti ci hanno provato ma nessuno é ancora riuscito a curarlo."

"Che ha?" Insistette Potter.

La donna sbuffó e gli passò la cartella clinica del ragazzo.

Gelosia irrefrenabile simile ad ossessione...pianti isterici...crisi nervose...numerosi casi di tentato suicidio...

"Dottor Potter, mi ascolti bene: lo lasci perdere. É solo uno spreco di tempo." Dice per poi continuare a camminare.

Harry dovette mordersi la lingua, per non risponderle in modo poco educato.

"Beh io non approvo la sua affermazione." Ammise, cercando di controllarsi.

"Scusi, come?" E la donna fermò il passo.

Sta calmo Harry pensò intanto il ragazzo.

"Li dentro, in quella stanza buia, c'è un ragazzo, una persona che ha bisogno di aiuto e io voglio darglielo. "Dichiarò convinto e deciso.

L'infermiera fece una risata sprezzante.
"I migliori psicologi e psichiatri di tutta Inghilterra, alcuni anche dall'estero, sono venuti per curarlo e non ce l'hanno fatta. Come potrebbe farlo un novellino come lei?"

Il ragazzo moro aprì la bocca per rispondere ma, da questa, non uscì alcun suono.

Jess nel frattempo sorrise vittoriosa.

"Io voglio curarlo. E anche se non sono un esperto lo curerò. Può starne certa, signora Jess."
Accidenti a lui e alla sua lingua lunga e biforcuta.

"Faccia come crede signor Potter. Però poi non venga a lamentarsi del tempo perso, perché l'avevo avvertita." Disse infine "Il nostro giro turistico é finito."
Girò i tacchi e se ne andò, senza guardarlo in faccia.

Harry si passa una mano tra i capelli corvini e spettinati.
Forse non avrebbe dovuto dire quelle cose, ma ormai era fatta e lui dopotutto voleva davvero aiutare quel povero ragazzo.

Ma proprio mentre stava guardando dentro la stanza, attraverso la piccola finestra sulla porta, i suoi occhi ne incrociarono un paio grigi.
E pensò che, forse, non sarebbe stato così facile.

Psychiatric Love||DRARRYWhere stories live. Discover now