Aberrations, the captain called them

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«Benvenuti» li accolse Gideon dal centro del ponte principale. «Signorina Snart, signor Ramon, è un piacere avere a bordo dei passeggeri di un’altra Terra del Multiverso».
«Come sa che siete…» iniziò Cisco.
«Ci ha scannerizzato appena abbiamo messo piede a bordo» rispose Sara, prima che l’amico potesse completare la domanda. «Ha rilevato che vibriamo a una frequenza diversa dalla vostra».
«Corretto, signorina Snart» rispose l’interfaccia della nave.
«Wow» commentò Cisco.
«È un piacere averla di nuovo a bordo, signor Ramon» fece poi Gideo, rivolta a Cisco.
«Grazie, Gideon!» esclamò il ragazzo.
«Basta così con i saluti, Gideon» intervenne White Canary.
«Sì, Capitano Lance».
«I nostri ospiti sono qui per proporci una missione di salvataggio» fece presente il professor Stein.
«Ti andrebbe di visitare la nostra Terra?» chiese Paco all’intelligenza artificiale della nave.
«Con piacere!» replicò Gideon.
«Questo è ancora da vedere» ricordò il capitano. «Tanto per cominciare, come diamine faremmo a far arrivare la Waverider su un’altra Terra?»
«A questo potremmo dover pensare dopo, capitano» intervenne Jax. Lo sguardo del ragazzo era stato catturato dalle molteplici finestre di allarme che si stavano aprendo, una dietro l’altra, sullo schermo di controllo del ponte.
«Che succede?» chiese il Canarino Bianco, voltandosi verso il pannello.
«Ho rilevato un’anomalia temporale nel XIV secolo, capitano» rispose Gideon. «Al momento il suo impatto risulta minimo, ma breve potrebbe essere necessario un intervento».
«Siamo ancora reduci degli effetti del terremoto temporale. Non ci muoviamo finché Jax non avrà terminato le riparazioni» dichiarò il capitano. Poi si voltò verso gli amici che avevano chiesto il loro aiuto. «Saremo lieti di darvi una mano non appena questa anomalia sarà eliminata. Nel frattempo, dovremmo pensare a come far arrivare la nostra nave sulla vostra Terra».
«Se mi è concesso, capitano, credo che questo sia un lavoro adatto a me» si candidò Stein.
«Mi fido di lei» rispose semplicemente Sara Lance. Girò sui tacchi e si avviò verso il lato opposto della nave: «Jax, mettiti al lavoro. Nate e Amaya, voi cercate informazioni su questa anomalia» impartì prima di lasciare il ponte principale.
Il professor Stein rivolse agli ospiti un sorriso insieme comprensivo ed entusiasta: «Andiamo?»

Sara non sopportava restare in un angolo a guardare mentre i geni erano all’opera. Avrebbe potuto felicemente ascoltarli parlare di fisica quantistica per ore ed ore senza capire una parola, ma la sensazione di totale impotenza, d’essere d’intralcio era estenuante: Julian, Wally, Stein, Barry, Cisco e Paco erano lì a discutere di energia, massa e velocità e lei non poteva fare altro che dondolare su una sedia nella speranza che giungessero a una conclusione positiva.
«Sai cosa faccio io quando mi sento giù di corda?» chiese HR prendendo posto sulla sedia girevole di fronte a lei. Non ci fu davvero bisogno di rispondere, perché le porse direttamente una tazza di caffè fumante. «Cappuccino con doppia schiuma e tanto zucchero» disse con un gran sorriso mentre Sara accoglieva fra le mani l’offerta di incoraggiamento. «Sai, credo che il caffè faccia bene al cuore! Non ho ancora trovato niente che tiri su il morale meglio di una bella tazza di caffè bollente!»
«Mai provato con la cioccolata?» ribatté Sara.
«Sì, ma non dà la stessa scarica di energia, se capisci cosa intendo…» fece lui sollevando le sopracciglia quasi come volesse alludere a chissà che.
Sinceramente Sara non capiva gli sguardi infastiditi che spesso i membri del team di Terra 1 gli riservavano: HR era genuinamente la persona più positiva e incoraggiante che avesse mai incontrato, non aveva certo bisogno di essere un genio della fisica per essere un buon amico, e quella sua bizzarra ossessione per la caffeina forse lo rendeva ancora più unico nel suo genere, ricordava a tutti quali meraviglie potesse racchiudere il Multiverso.
«Grazie per essere così gentile con me e Paco, HR» pronunciò Sara, quasi sottovoce. «Siamo qui da poco, eppure… a volte mi sembra che tu e Cisco siate gli unici a rendersi conto del fatto che noi ci siamo davvero» aggiunse con gli occhi fissi sulle figure degli uomini che discutevano dall’altra parte del vetro che divideva in due il laboratorio.
«Grazie a te» rispose HR. «È bello sentirsi apprezzati. So che i miei amici in fondo mi vogliono bene, ma per loro è sempre difficile affrontare il fatto che io non sia il Wells che ha tutte le risposte… Se lui fosse qui, probabilmente non starebbero lì a scervellarsi per capire come darvi una mano».
In quel momento Cisco alzò gli occhi su di loro. Sembrava stanco, ma ancor più scoraggiato. Sorrise di rimando a Sara, che aveva sollevato un pollice nel tentativo di incoraggiarlo.
Il professor Stein si accorse della distrazione del ragazzo e seguì il suo sguardo dall’altra parte del laboratorio, fissò per un istante Sara, per poi tornare a discutere animatamente con Julian.
«HR… tu hai idea del perché Stein mi guardi così?» chiese la ragazza.
HR squadrò Stein con aria interrogativa: «‘Così’ come?»
«Come fossi un… problema matematico da risolvere e un’appestata allo stesso tempo! E anche Mick mi ha guardata così… e Sara e tutti i membri dell’equipaggio».
Il romanziere posò la propria tazza sulla scrivania e rimuginò in silenzio per un lungo momento sulla questione sollevata dalla ragazza, tanto che Sara spostò gli occhi azzurri su di lui, quasi spaventata all’idea che l’avesse lasciata sola senza che se ne fosse accorta.
«Io credo» esordì HR «che loro siano spaventati. Ricorda che nella loro linea temporale tu non esisti e che, per quello che ne sapevano fino a qualche ora fa, non avresti mai potuto esistere! Per loro sei qualcosa del tutto inaspettato… e lo so perché è lo stesso modo in cui Francisco e BA mi guardavano quando hanno scoperto che non sono un genio, solo che loro sembravano un po’ più delusi…»
Sara prese un respiro profondo e sospirò forte. «In questo mondo mio padre è morto e mia madre non ha idea di chi sia» disse, più nel tentativo di prenderne coscienza che di ricordarlo all’amico. «Non immagini come sia stato vederla viva, in carne e ossa davanti a me, così impassibile all’idea che io potessi essere sua figlia. Così fredda. Sembrava la madre di Caity…»
«Caity era… la Caitlin Snow di Terra 117?»
Sara annuì mestamente. «Sua madre Crystal lavorava alla Hudson University. Si innamorò del suo insegnante, Martin Stein… che era evidentemente diverso dal signore di là» specificò indicando col pollice l’uomo dall’altra parte del vetro. «Fatto sta che, mentre lavoravano su un progetto nell'Artico, lei e Stein ebbero una discussione piuttosto accesa e Crystal si chiuse involontariamente in una camera termocongelante, ma chissà come, sopravvisse… qualche giorno dopo era una meta pazza che andava in giro facendosi chiamare Killer Frost».
«E una tipa del genere ha avuto una figlia?»
«Già» confermò Sara. Prese un lungo sorso di cappuccino bollente. «Caity ha ereditato i suoi poteri, ma si sono attivati solo quando il nostro acceleratore di particelle è esploso… allora sua madre era già a Blackgate da un pezzo».
«Non sembra il massimo» commentò HR. «Posso usarlo per uno dei miei romanzi?»
Julian spalancò la porta che divideva il gruppo di ricercatori da loro e annunciò: «Forse ci siamo».

«I danni alla linea temporale dovuti all’anomalia si stanno sedimentando. Non sarà possibile aspettare oltre per intervenire» dichiarò Gideon.
«Jax, parlami» implorò il Canarino alla radio.
«Se smettessi di tormentarmi, riuscirei a lavorare molto più velocemente, sai?» lamentò il ragazzo. «E soprattutto se avessi un’assistenza migliore» borbottò.
«Guarda che ti sento!» gli ricordò Ray. «E mi dispiace di non essere il miglior compagno meccanico del mondo, ma si dà il caso che io sia un esperto in robotica, non in motori!»
Jax ruotò gli occhi e si ripulì le mani dal grasso di una tubatura, dandosi un’ultima occhiata in giro prima di rispondere alla vera richiesta del capitano: «Potrebbe reggere un paio di salti temporali, ma non è ancora al massimo del suo potenziale».
«Bene» ribatté l’ex membro della Lega degli Assassini dal ponte di comando. Aprì un altro canale di comunicazione: «Nathan, richiama Stein. Stiamo per tornare operativi».

Il team si era riunito in un semicerchio per ascoltare l’esposizione di Julian. «Dunque, secondo i nostri calcoli,» illustrò il ragazzo, riportando con un pennarello bianco delle ultime cifre, «Barry e Wally dovranno correre simultaneamente sfiorando Mach 3, questo darà loro la possibilità di generare circa quattordici alla quarta kilojoule di energia. Abbastanza per mantenere la breccia stabile senza che Cisco sia esposto a rischi nel cercare di controllarla».
Gli altri rimasero per un lungo momento in silenzio a osservare i passaggi impressi in bianco sul vetro senza comprenderli fino in fondo.
«In pratica, io aprirò una breccia e i ragazzi correranno per tenerla stabile» fu il riassunto di Cisco.
«In realtà sarebbe più semplice se fosse Paco ad aprire la breccia» ammise Julian.
«Ma questo è fuori discussione» ribadì Cisco.
Il biondo fece per ribattere, ma Barry intervenne prima che potesse farlo: «Cisco ha ragione. Noi non metteremo di nuovo a rischio Paco dopo quello che ha passato».
A quelle parole Julian sembrò mordersi la lingua.
Iris passò lo sguardo dalla valanga di calcoli agli occhi del suo ragazzo: «Siete sicuri al cento per cento che questo non avrà effetti su te o Wally?»
«Sì, noi non corriamo alcun rischio» assicurò Barry.
«A meno che non perdiate il controllo delle breccia» puntualizzò Stein. Poco dopo, dallo sguardo sui volti di Cisco e Paco, si rese conto del fatto che non si trattasse della cosa migliore da dire in quella circostanza. «Ma di certo non accadrà» disse il fisico, cercando di raddrizzare il tiro.
E sebbene Stein non suonasse molto convincente, Wally non esitò ad alzarsi dalla scrivania su cui si era rannicchiato per avvicinarsi a Barry, dargli una pacca sulla spalla, e dichiarare: «Io ci sto se tu ci stai, fratello».
Barry sembrò apprezzare quell’appellativo e sorrise all’amico, per poi rivolgersi a Sara e Paco: «Quando Jax darà l’okay per la partenza, tornerete a casa» promise.
«Oh, eccovi qui!» esclamò Nate entrando nel laboratorio. Era sudato. «Questo posto è un labirinto!» ansimò. «Professor Stein, il capitano la rivuole a bordo. Jax ha terminato le riparazione e quell’anomalia non può più aspettare».
«Un momento! Ve ne state andando?» esclamò Paco. «Avevate promesso di aiutarci!»
«E lo faremo» assicurò Nate. «Ma prima dobbiamo rimettere a posto la nostra storia».
«Quindi una schifosa anomalia su Terra 1 è più importante di miliardi di vite su Terra 117!» gridò Paco.
Nate fece un passo avanti verso di lui, cercando di essere ragionevole: «Senti, amico…»
«Non provare a chiamarmi amico!» lo stroncò l’altro.
«Signor Ramon…» tentò Stein.
«Io non ho lasciato la mia città in fiamme, il cadavere della ragazza che amo su una strada, per sentirmi dire che le persone in cui avevo riposto tutta la mia fiducia non vogliono aiutarmi!»
Sara fu accanto a lui e lo trascinò indietro prima che potesse dare ulteriormente di matto. «Calmati!» urlò nella sua testa. Odiava farlo, ma non poteva rischiare che Paco usasse involontariamente i suoi poteri e avesse un’altra crisi. «Calmati, ora!»
Paco ansimò come se gli stesse strappando l’aria dai polmoni e si piegò in due con una mano alla gola e l’altra alla tempia. «Smettila» la implorò in un rantolo strozzato. «Basta».
Cisco prese Paco sotto una spalla per aiutarlo a sostenersi.

«Ho visto il futuro, Sara» balbettò Paco. Le lacrime rigavano il suo volto sporco di sangue. «L’ho vista morire».
«Non lasceremo che accada, noi cambieremo il futuro» cercò di rassicurarlo Sara.
«Non lasciare che mi succeda ancora. Non voglio più vedere il tempo».

In quel momento Cisco preferì tenere per sé il contenuto della sua percezione.
Sara si accovacciò accanto a Paco, seduto e pallido dopo l’intervento dell’amica. «Mi dispiace,» gli sussurrò, «ma non dipende da noi. Dovremmo ritenerci fortunati già sapendo che ci aiuteranno una volta tornati dalla loro missione!»
Nate ingoiò a vuoto nel tentativo di liberarsi dalla sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato senza volerlo. «Sono venuto a chiamare il professor Stein solo perché me l’ha chiesto il capitano» disse, come se questo potesse giustificare quella sensazione che grattava in fondo alla sua gola. «Forse potreste tornare con noi alla Waverider e chiedere al capitano di venire con noi in missione, così… potrete stare certi che, una volta rimessa a posto l’anomali, partiremo subito per Terra 117».
Gli occhi di Sara si rivolsero a Paco: «Che ne pensi?»
«Penso che per colpa tua ora ho la nausea» borbottò. «Va’ con loro, convinci White Canary» le disse infine.
Sara gli sorrise.

Il cuore di Cisco aveva perso un battito nel momento stesso in cui Sara lasciò i laboratori S.T.A.R. con Nate e Stein.
Ora il giovane ingegnere se ne stava a mordicchiare un lecca-lecca davanti a un monitor spento, mentre Caitlin controllava la pressione di Paco in infermeria.
«Sembra che i tuoi valori siano nella norma, probabilmente la sensazione di soffocamento che hai provato è stata solo una condizione psicologica dovuta ai poteri di Sara» diagnosticò Caitlin.
Paco si risistemò la manica borbottando: «Non è la prima volta che lo fa. Cerca sempre di frenarmi quando crede che stia per perdere il controllo».
«Lo fa perché tiene a te» replicò Caitlin. Ripose lo stetoscopio e la piccola torcia che aveva usato per controllare le reazioni delle iridi di Paco.
«Lo so» rispose seccamente Paco.
Caitlin non seppe esattamente cosa dire e si limitò a lasciare solo il paziente. Cisco si alzò di scatto non appena l’amica lasciò il laboratorio e raggiunse Paco nell’infermeria.
«A te non importa se Sara riesce a convincere le Leggende a portarvi con loro in segno di buona fede, tu hai paura di viaggiare nel tempo. Ho ragione?» chiese Cisco con lo sguardo basso.
«Allora l’hai visto» affermò semplicemente Paco, grattandosi il mento lì dove un accenno di barba cominciava a far sentire la propria presenza.
«Ho ragione?» ripeté Cisco.
«Conosci già la risposta» ribatté seccamente Paco. «Da quando ho visto l’Anti-Flash uccidere Caity, ho avuto il terrore di viaggiare di nuovo nel tempo. Ho passato notti insonni per la paura di vedere di nuovo quella scena. È stato solo grazia a Sara se sono riuscito a tornare a dormire…»
«Ma non puoi lasciare Sara da sola! E se le accadesse qualcosa durante quella missione?»
«Io…» Paco prese un respiro, cercando di darsi un contegno. Non riusciva a sostenere lo sguardo duro del proprio dopperlganger. «Speravo ci avrebbero riportato subito su Terra 117, non avevo previsto che…»
«Fai andare me».
«Cosa?» Gli occhi increduli di Paco scattarono su Cisco.
«Siamo identici, nessuno si accorgerà dello scambio» rispose Cisco. «Lascia che sia io ad andare con lei».
Paco rise. «Amico, hai davvero una bella cotta per lei…»
«E anche se fosse?» ribatté il ragazzo. «A differenza tua, io posso usare i miei poteri quando voglio. Posso proteggerla».

«Va bene» rispose Sara Lance. «Ma dovrete eseguire gli ordini che vi verranno impartiti».
«Non sarà un problema» assicurò Snart.
Il capitano sembrò soppesare per un momento le successive parole da rivolgere alla ragazza, poi disse: «Recupera il tuo amico, abbiamo poco tempo».
«Non ce ne sarà bisogno» sbottò Mick Rory indicando con una bottiglia di birra la figura mingherlina di Ramon. «Come se questa nave non fosse abbastanza piena di nerd» borbottò, lanciando un’occhiata a Nate, Ray e Stein.
«Grazie per averci ammessi a bordo, capitano Lance» fece il ragazzo, un po’ impacciato.
«Benvenuti a bordo» esultò Ray, ma il suo entusiasmo fu presto smorzato dallo sguardo del capitano.
Ramon porse a Snart uno zaino dall’aria consunta. «Questo è da parte di HR» le disse. «Lo ha trovato nel laboratorio della velocità, lo hai perso quando hai attraversato la breccia».
Il capitano li superò e si sistemò in posizione di pilotaggio: «Vi consiglio di sedervi a tenervi forte, novellini» affermò la bionda. «Gideon, decolliamo».

Terra 117Where stories live. Discover now