36.Meglio che morto

619 19 2
                                    

COSIMO

Erano da poco passate le tre e mezza, e di Giulia non c'era la minima traccia.
Stavo iniziando ad alterarmi, ero geloso marcio di quell'Alex, mi stava sui coglioni e non poco.
Però sapevo quanto Giulia tenesse a lui, quindi cercavo di farmi andare a genio l'idea che lo vedesse, ma era molto difficile.
Quando scattò la segreteria telefonica per la terza volta, lanciai il telefono sul divano ed andai in camera.
Cosimo, sei un coglione.
Inziai a pensare ad un modo per trovarla, avevo paura che quel coglione, preso da un momento di deficienza cronica, facesse qualcosa che non doveva fare.
In realtà l'aveva già fatto, ma preferivo non pensarci per non incazzarmi utleriormente.
L'unica cosa che mi fece distogliere il pensiero dalla situazione in cui mi trovavo, fu lo scatto della serratura della porta di casa.
Mi girai di colpo e mi alzai, andando a passo svelto in entrata.
Fortunatamente era lì, con un'espressione in viso difficile da descrivere.
"Cosimo..."
In un tempo che variava dal mezzo secondo al secondo e tre quarti, me la ritrovai tra le mie braccia.
Aveva il viso affondato nel mio petto e mi stringeva forte in vita.
Avvolsi le sue spalle con le mie braccia ed appoggiai il mento sulla sua testa.
Singhiozzava e non poco, probabilmente era tutta colpa di quel ragazzo.
"Giu', cosa é successo?"
"Mio padre..."

Maurizio?

"Che cosa...?"
"Lo ha ucciso Fabrizio, ha fatto tutto perché voleva mia madre."
"Mi dispiace, Giulia."
"Anche a me, tanto."
La strinsi ancora un po' e attesi che si calmasse, volevo parlarle a proposito dell'ultimissimo colpo.
Non volevo che venisse anche lei, la volevo fuori da tutti quei casini.
"

Giu', stasera aspettami a casa, non venire."
"No, Cos. Voglio partecipare anch'io alla sistemazione di Fabrizio."
"É rischioso, non voglio che ti succeda qualcosa."
"Non mi succederà niente, davvero."
"Non mi sento sicuro." Dissi staccandomi da lei.
"Cos, é l'ultima cosa che posso fare, mi sembra un mio diritto partecipare!"
"Non voglio che ti ricapiti ciò che ti é già successo!"
"Se sto con te e con tutti gli altri, non mi succederà niente."
Sbuffai sonoramente e mi sedetti sul divano.
"Fai come ti pare." Conclusi prendendo il mio telefono tra le mani.
"Allora, partiamo domani?" Chiese sedendosi accanto a me, per poi appoggiare la testa sulla mia spalla.
"Già."
"Canarie?"
"Non proprio."
Mi guardò interrogativamente, ignara di tutto ciò che avevo progettato.
"Dove hai prenotato?" Domandò successivamente, ma la lasciai col beneficio del dubbio.
"Vedrai."
"Cosimo!"
"Non ti dirò nulla."
"Che due coglioni che sei!" Sbottò staccandosi dalla mia spalla.
Mi girai e la guardai per vedere se fosse seria, infatti la trovai con le braccia incrociate sotto il petto e il broncio al viso.
"Giulia?"
Lei mi guardò un attimo in faccia, per poi scoppiare a ridere.
La guardai ancora più interrogativamente, non ci stavo più capendo un cazzo.
"Dovevi vedere la tua faccia!" Disse tra una risata e l'altra.
Il vederla ridere così di gusto, mi fece venire da ridere anche a me, così la seguii nella sua risata.
"Quindi, dove andiamo?"
"Ti ho detto cinque minuti fa che non ti dirò niente."

GIULIA

"Comunque preferisco che tu non venga." Concluse sedendosi sul letto.
Era tutto il pomeriggio che mi ripeteva quella frase ed io mi ostinavo a non ascoltarlo.
Neanche lui mi avrebbe convinta a rimanere a casa.
Se c'era da lasciarci le piume, volevo farlo insieme alla persona che amavo!
"Cosimo, é inutile che continui a ripetermelo."
"Dammi una motivazione buona, almeno."
"Ho vissuto con chi ha ucciso mio padre, ha picchiato mia madre più di una volta e ha messo le mani addosso a me. Ti può andare bene?" Sputai acida.
Sapeva meglio di me le mie ragioni, era inutile continuare a stressarmi.
"Giulia."
"Niente, Cosimo. Non rimarrò a casa."
"Fai il cazzo che ti pare!" Disse alzandosi dal letto, per andare in salotto e poi sul poggiolo a fumarsi una sigaretta.
Mancavano esattamente venti minuti all'appuntamento con Jake e tutti gli altri, ed io ero ancora vestita da casa.
Misi le prime cose che trovai in giro per casa, ossia una felpa nera e un paio di jeans scuri.
"Dobbiamo andare!" Sbraitò Cosimo dal salotto.
"Arrivo!"
Lo raggiunsi e scesi giù con lui, dove trovammo Emi con il suo immancabile furgone nero.
Salimmo a bordo e cercammo di rilassarci al meglio, nonostante fosse una cosa impossibile da fare.
"Tutto chiaro? Entriamo con la valigetta, gli proponiamo l'affare e bam! Li facciamo fuori tutti insieme!" Esclamò Jake, ripetendo per la terza volta il piano.
"Alla Tony Montana?" Domandai ridendo.
"Esatto! Li facciamo fuori tutti innun colpo solo!"
"Occhio a non farti fottere come ha fatto Tony!" Disse Emi con una sorta di saggezza nelle sue parole.
Spostai lo sguardo su Cosimo, che aveva le braccia incrociate al petto e lo sguardo fisso, con un'espressione tutt'altro che felice.
"Cosimino, cosa c'é adesso?" Domandò Vigo prendendolo in giro.
Era incredibile come riuscisse a non farsi prendere dall'ansia anche nelle situazioni in cui era naturare averla.
"Succede che se muore qualcuno, non voglio avercelo sulla coscienza!"
"Non morirà nessuno, non succederà niente." Lo rassicurò Emi.
"Non sono sicuro di un cazzo!" Sbottò lui.
Avvicinai la mano al suo braccio, come per fargli una specie di carezza, ma lui me la scostò bruscamente, rifilandomi anche uno sguardo incazzato.
Guardai interrogativamente Vigo, che mi rispose mimado un "lascialo perdere".
"Ora non é che perché sei incazzato tratti tutti di merda eh!" Sbottai io, guardandolo ancora più male di come mi aveva guardato lui.
Lo so, era infantile da parte mia, ma in quel momento mi parve la cosa giusta da fare.
"Tu sei l'ultima che dovrebbe parlare!" Rispose lui a tono.
"Vabbé dai, state tranquilli." Intervenne Joe, che per una decina di minuti calmò le acque all'interno della macchina.
Emi parcheggiò poco lontano da quella che era la nuova residenza di quel figlio di puttana dell'ex di mia madre, che sembrava vivesse in solitudine con i soliti scagnozzi rimpinzati di chissà quale droga.
Cosimo continuava ad ignorarmi, mi aveva preso per mano solo per non farsi rompere le palle, altrimenti ne avrebbe fatto a meno molto volentieri.
Suonò al campanello, dopodiché attese con ansia l'arrivo di qualcuno che ci aprisse la porta.
La visione che si presentò a noi, di Fabrizio, era quella di un uomo di mezza età ben curato e benestante, non era cambiato di una virgola.
Aveva la stessa pelle abbronzata di quando viveva con noi, i capelli neri rigorosamente tinti e quell'accenno di pizzetto che lo rendeva inguardabile, anch'esso tinto palesemente.
"Ciao Bro!" Lo salutò Cosimo, fingendo un sorriso.
Io abbassai lo sguardo, ora che sapevo tutta la verità era impossibile guardarlo in faccia.
"Allora, di cosa volevi parlarmi?"
"Ho pensato di prendere un quantitativo di coca abbastanza consistente e dividerlo, insomma, non sarebbe male." Iniziò Cosimo.
"Per niente, per niente."
"Quindi? Prendere o lasciare."
"Devo pensarci..." Disse sedendosi di fronte a noi, nella sua poltrona.
"Possiamo parlarne nel mio studio? Qui c'é troppa gente." Disse poco dopo riferendosi a me.
Lo guardai male, con sincero odio negli occhi, ma non dissi nulla.
Avevo troppe cose dirgli, cose che se avessi detto in quel preciso istante, probabilmente saremmo stati sotto tre metri di terra qualche ora dopo.
"Non possiamo parlarne qua? A me non sembra che ci sia chissà quale casino."
"Andate pure, io devo parlare con Giulia."
Quella voce.
Mi girai di scatto al sentire la voce di Alex, quella del mio migliore amico.
"Parliamone in privato." Iniziò Fabrizio.
"Io devo parlare con Giulia." Disse rifilandomi uno sguardo di cui non capii la natura.

Scarface || Gué PequenoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora