Impossible

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-Meno di un minuto alla fine! – la voce dell'arbitro la fece tornare alla realtà.

Edel prese un profondo respiro, si asciugò la fronte imperlata di sudore con la maglietta fradicia e si concesse un paio di secondi per analizzare la situazione in campo.

Il pallone era ai piedi di Julia, sull'arco della loro area di rigore; Anne era libera, quindi se lo avesse passato a lei – che si trovava a centrocampo – la ragazza avrebbe avuto la possibilità di correre fino alla porta segnare e finalmente sbloccare la partita.
Le avversarie erano quasi tutte nella loro metà campo, quindi quello era il momento giusto per agire; ora o mai più.
C'era solo un problema: Anne non era abbastanza veloce, quindi sarebbe stata raggiunta e fermata immediatamente e tutte le altre ragazze erano troppo lontane.

L'unica persona abbastanza veloce da arrivare alla porta e segnare senza problemi era Edel – anche lei vicina al centrocampo - che dopo una veloce occhiata d'intesa con Julia scattò in avanti, in direzione della porta.
Era una scheggia; sentiva i tacchetti delle scarpe penetrare nel terreno umidiccio dalla pioggia ed alzare zollette di terra come fossero polvere.
Le sembrava di volare, le sembrava di star partendo per un altro pianeta sconosciuto, uno che le avrebbe dato tutto quello che aveva sempre voluto: una palla ed un campo tutto per lei.

Prese il pallone – perfettamente passato da Anne – e diede tutto quel poco che le era rimasto in corpo per arrivare alla porta. Le avversarie erano ancora indietro; c'erano soltanto lei, il portiere e la palla.
Era un tiro facile, davvero: aveva quasi tutta la porta libera e si trovava piuttosto vicina. Non c'era nemmeno bisogno di tanta forza.

Ancora correndo, Edel prese un profondo respiro, sul punto di calciare il pallone.

-Calcia quella maleddettissima palla Elsenbeck! – le grida di Franz erano le più udibili, ma non le uniche a tormentarla in quel momento.

Sentiva le persone negli spalti urlare, dirle che cosa fare, dirle di darsi una mossa. Sentiva le sue compagne incitarla a fare in fretta, sentiva il coach della squadra avversaria dire alle sue giocatrici di fermarla.
Sentiva anche altre voci, che però venivano da dentro la sua testa. Voci familiari, che conosceva troppo, troppo bene. Voci che chiedevano tante cose.

Ed infine una voce distinta da tutte; una voce che rispondeva a tutte le domande; una voce che ripeteva la stessa parola fino all'infinito, come fosse qualcosa di sacro, una preghiera.

"Impossibile, impossibile, impossibile."

Il respiro le si era fatto pericolosamente pesante; si sentiva come se qualcuno la stesse tenendo per il collo, impedendo all'aria di arrivare ai suoi polmoni.
Fu invasa dal panico, le lacrime le pizzicavano gli occhi spalancati.

Edel calciò il pallone con una forza disumana, come se fosse la palla a provocarle tutto quel dolore e liberandosi di lei si sarebbe sentita meglio, ma il dolore non passò; non subito.
Il portiere non dovette nemmeno sforzarsi a pararla, perché andò tanto in alto che per poco non oltrepassò le gradinate.

Lo stadio si ammutolì; nemmeno i pochi tifosi degli avversarsi festeggiarono, solo silenzio. E poi la voce incredula di Franz, che seppure fosse quasi un sussurro, arrivò forte e chiara alle orecchie di Edel.

-Ha mancato; l'ha mancato. Impossibile. -

L'arbitrò fischiò tre volte, dichiarando la partita finita.

Le compagne di squadra di Edel iniziarono a festeggiare, così come le persone che erano venute a tifare per loro; dopotutto, un pareggio le avrebbe fatte ugualmente passare al turno successivo.

Lei, invece, rimase ferma; immobile davanti alla porta.
Sentiva come un'enorme buco nero crescerle nello stomaco e divorare quel poco che le era rimasto dentro; quel poco che il calcio e la sua vita non avevano ancora preso.

Le gambe le tremavano; era la stanchezza, l'adrenalina che l'abbandonava oppure semplicemente il suo corpo che le diceva di finirla lì: non ce la faceva più ad andare avanti così.
Tutto quello che voleva fare era piangere ed abbandonarsi a quel mare di tristezza che le bagnava i piedi. Potersi finalmente tuffare e lasciare che le onde prendessero il controllo del suo corpo.

Quel mare solo, disperato; il mare dell'impossibile, dove tutti i suoi sogni galleggiavano come barchette di plastica.

-

Thomas e i ragazzi erano in campo da un paio di minuti ormai; erano scesi non appena l'ultimo tifoso era uscito dal piccolo stadio.
Le ragazze invece – a cui era stato detto di aspettare prima di tornare negli spogliatoi – giunsero tutte soltanto in quel momento, ancora contente di essere passate al turno successivo del torneo.

Non appena li videro rimasero tutte senza fiato, iniziando a bisbigliare l'una nell'orecchio dell'altra.
Soltanto una delle ragazze rimase in silenzio; testa bassa e mani incrociate al petto.
Ed era proprio la stessa ragazza da cui Thomas – così come la sua squadra – non riusciva a staccare gli occhi mentre parlava.

-...quindi vi allenerete assieme al Borussia Dortmund per un mese intero; gli allenamenti saranno duri e non lasceranno spazio per nient'altro che non sia il calcio, nelle vostre vite private. Ma credetemi: ne varrà la pena. – terminò il suo discorso con un sorriso soddisfatto sul volto – Se avete altre domande riguardo al progetto, i ragazzi o io stesso saremo lieti di rispondere. Anche se sono sicuro che tutto quello che volete veramente fare ora è una bella doccia ed andare a casa! –

Le diede un'ultima occhiata, poco prima di voltarsi a parlare con una delle altre ragazze: si stava silenziosamente dirigendo verso gli spogliatoi, l'unica tra tutte le sue compagne – al settimo cielo come non mai. Sembrava ancora più afflitta di prima, quando in teoria la notizia appena ricevuta avrebbe dovuto soltanto rallegrarla.

Dio, ma come faceva a reggersi ancora in piedi? Era pietoso vedere il modo in cui zoppicava su quelle gambe deboli e tremanti. Thomas non l'aveva nemmeno guardata in faccia, ma non gli servì per intuire che il suo volto doveva essere ancora più malridotto del suo corpo.

Povera ragazza, ma come aveva fatto a ridursi così?

Thomas distolse lo sguardo, riuscendo appena in tempo a vedere la maggior parte dei suoi ragazzi fare lo stesso.
Prese un profondo respiro, sorrise alla ragazza di fronte a lui ed iniziò a parlare.

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The impossible || R. BürkiWhere stories live. Discover now