Capitolo 5 - CACCIATORI DI OMBRE - seconda parte

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Dopo una robusta colazione, che donò loro le giuste forze per affrontare la giornata, i ragazzi si riversarono in strada dove il capitano delle guardie li stava già aspettando. Dordei li fece accomodare su un'elegante carrozza trainata da due cavalli e guidata da un assonnato cocchiere. Su quel comodo mezzo di trasporto attraversarono la città fino a giungere all'ospedale psichiatrico.

La struttura era grigia, imponente, soffocante, circondata da una solida inferriata sulla cui sommità correvano dei rotoli di filo spinato. Si stagliava come un gigante dall'aspetto ributtante seduto tra le povere baracche di quel quartiere periferico. Non c'era alcuna differenza apparentemente tra un edificio del genere e una prigione di massima sicurezza.

«Che posto lugubre» commentò Dass.

Un anziano dottore dalla lunga barba li stava attendendo al cancello di ingresso. Era alto come uno spaventapasseri, allampanato, con una selva di rughe che gli solcavano il volto

«Mi è stato annunciato il vostro arrivo capitano Dordei. Seguitemi, vi porterò dalla nostra ospite.»

L'interno di quel luogo non era decisamente più allegro. Lunghi corridoi, dalle pareti grigie, erano zeppi di stanze, chiuse da pesanti porte e robusti chiavistelli. I pochi pazienti a piede libero ciondolavano con espressioni assenti, come fuochi fatui nel buio di una notte spettrale. Gli infermieri somigliavano a sgherri di bassa lega, con il loro aspetto imponente e i loro volti poco raccomandabili.

«Come vedete questa struttura è all'avanguardia nella cura delle malattie mentali» disse il dottore con una punta d'orgoglio, mentre la sua voce veniva disturbata da lamenti e latrati animaleschi dei pazienti segregati nelle loro celle. I ragazzi si guardarono in faccia evitando di dire ciò che pensavano veramente.

«So che siete venuti qui per la nostra ospite di nome Theresa. Ecco, stanza centoventisei, siamo arrivati.»

La camera era un ambiente abbastanza surreale, disseminato di bambole e pupazzi di pezza tenuti con ordine e pulizia maniacale. Oltre a essi, soltanto un piccolo letto e uno scrittoio con uno specchio, dove una giovane ragazza vestita con un'abbondante camicione stava spazzolando i lunghi capelli neri. Si voltò in modo innaturale, come se la sua testa fosse posta su una ruota dentata che scattava lentamente. Osservò con i grandi occhi sbarrati, circondati da pesanti occhiaie cineree, il piccolo gruppetto di persone che si era introdotto nella sua stanza.

«Oh mister Pinky, ci sono ospiti» disse, rivolgendosi al pupazzo di un coniglio rosa appoggiato vicino a lei.

«Theresa, queste persone sono venute a farti visita.»

«Sono venute a giocare con me, dottore?» esclamò, con la gioia di una bambina. Prese una piccola bambola con le lunghe trecce e si avvicinò ad Alteria.

«Ciao ciao!» disse di fronte alla ragazza, agitando la mano della sua bambola in segno di saluto.

«Vieni!» Theresa prese la mano della giovane trascinandola verso un angolo della stanza pieno di giocattoli. Mentre Alteria veniva portata via contro la sua volontà, il dottore spiegava la situazione della sua paziente.

«Vedete, la nostra ospite è arrivata qui dopo un terribile omicidio, ma grazie alle nostre cure ora è una persona nuova, docile e mansueta.»

«A me sembra completamente fuori di testa» commentò Dass, dando sfogo ai pensieri comuni di tutto il gruppo.

«Sciocchezze ragazzino, nella nostra struttura utilizziamo un metodo rivoluzionario per la cura delle malattie mentali. Applichiamo due elettrodi sulle tempie dei nostri ospiti e somministriamo scariche elettriche. Con questo sistema, frutto di accorate ricerche scientifiche, cancelliamo la rabbia dalle loro menti in nove casi su dieci.»

«Sì, ma sembra di avere a che fare con una bambina di sette anni» disse Alteria, che nel frattempo si era svincolata dalle attenzioni della paziente.

«Vorremmo porre delle domande a Theresa, può lasciarci soli?»

«Sì certo capitano Dordei, allora a più tardi.» Il dottore si congedò con un cenno della mano.

«Bene, quindi dovremmo cavare delle risposte da questa ragazza alla quale hanno fritto il cervello!» esclamò Selene, con fare sconsolato.

Maximilian si accovacciò vicino alla ragazza che nel frattempo stava pettinando le sue bambole.

«Buongiorno Theresa!»

«Ragazze, questo signore è venuto qui a bere il tè con noi!» si illuminò, rivolgendosi ai pupazzi seduti a cerchio sul pavimento intorno a delle tazze vuote.

«Solo io trovo tutto ciò molto inquietante?» esclamò Dass, a disagio per la situazione in cui si trovavano.

***

Maximilian passò qualche minuto insieme a Theresa cercando di porle le giuste domande, mentre interagiva con i vari giochi che lei gli proponeva.

«Niente da fare, non si ricorda nulla di suo figlio, di suo marito» disse lo stregone, «sembra che le abbiano cancellato dalla mente gli ultimi quindici anni di vita, facendola regredire al tempo della sua infanzia.»

«Siamo di nuovo davanti a un vicolo cieco quindi» concluse Dordei.

«No, non è detto» intervenne Selene.

«Selene non vorrai...» Maximilian era l'unico ad aver intuito le intenzioni della sua compagna.

«Sì, è l'unica cosa da fare» esclamò risoluta, «proverò a usare un incantesimo per scavare in profondità nelle sua mente. È una magia complessa, ma dovrei riuscire a padroneggiarla con sufficienza.»

«È troppo pericoloso, è fuori discussione! Selene non sei nelle condizioni per...»

«È l'unica chance che abbiamo!» I due si fissarono per qualche istante, finché la determinazione che balenava nello sguardo della ragazza non fece desistere Maximilian.

«E sia, ma non rischiare più del dovuto.»

Selene si avvicinò a Theresa stringendole le mani tra le sue. La ragazza sussultò al contatto con la pelle della maga, ma dopo una manciata di secondi sbarrò gli occhi, cadendo in una specie di stato catatonico. L'incantatrice chiuse gli occhi e cominciò a scavare nei meandri più profondi della coscienza di Theresa, per attingere ai ricordi sopiti sul fondo della sua mente.

LA TORRE SCARLATTA - Destini Intrecciati (Libro 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora