Lettera numero novantatré

36 10 2
                                    

Ancora un'ultima volta

Senza avvisare sei comparso dal nulla dei miei giorni. Come il fascio di luce, in prima mattina, che irradia l'unico spazio di ombra che non deve toccare. 
Hai toccato corde profonde in così poco tempo senza chiedere "posso?".
Ti ho lasciato giocare al tuo vizio. Come fossi un giocattolo e tuo il mio bambino, credendo che questa volta. Almeno questa potesse essere davvero diversa. Tu. Tu che mi hai guardata come se ci fosse tutta la bellezza di fronte ai tuoi occhi.

Ti ho mostrato le mie insicurezze. Rendendomi vulnerabile. Forse troppo. Ti ho ceduto quella spada che invece avrei dovuto tenere per me.
E come da copione, sono rimasta ferita.

E qualcosa rimane tra questa pozzanghera di sangue. Forse qualche parte del mio cuore innamorato di te che hai saputo abbindolare.

Avrei tanto voluto continuare a baciare le tue labbra che ancora, quando le guardo, mi tolgono l'anima. E il semplice respiro.

Hai deciso così. Di prendere tutto e tornare a casa, quando, il profumo di casa tua avrei desiderato fossi io.
E dovrei odiarti. Cancellare ogni traccia di te dalla mia ingenua mente che ancora spera.

Non so se sia stata colpa mia. O colpa del tuo cuore che ancora desiderava lei.

È notte fonda e dovrei dormire ma qualcosa continua a spezzarsi se ancora ripenso a quei giorni.
Mi sono sentita così tanto desiderata. Ma tu avevi solo uno scopo. E questo lo sappiamo entrambi.

Ci sarei anche stata al tuo scopo se solo ci avessi dato altro tempo.
Ma è solo e soltanto fiato sprecato.

Tu.
Tu non tornerai. E questa santa voglia di vivere che vorrei vivere con te dovrò farmela passare.

Vuoi uomini siete così bravi a dimenticare. Che quasi mi spaventa.

Ma mai. E giuro, mai più mi lascerò accarezzare da uno come te.

Maestro di illusioni.
Fuoco che incendia acqua.

Le cento lettere di me e di teWhere stories live. Discover now