Orario di visita [Parte 2]

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"Henrik, si, tranquillo.", mi dice Lisa sorridendomi un po'.

Esco dalla stanza sempre con un po' d'ansia, guardandomi indietro, chiedendomi sempre se è giusto lasciarlo anche per pochi minuti. Marlon mi segue attento e iniziamo a scendere le scale.

"Scusa se ho detto a Lea dell'incidente..."

"No, tranquillo Marlon, davvero, hai fatto bene. Sarebbe venuta a saperlo comunque. Oslo sa essere veramente piccola."

"Non mi aspettavo che sarebbe venuta qui."

"Non è stata inopportuna. Ci siamo chiariti. Non siamo...migliori amici adesso ma...abbiamo calmato le acque almeno."

Annuisce, "Mi fa piacere...comunque il web ti da per disperso. Nessuno sospetta niente ma...mancate alla gente."

"Non...me la sento di scrivere quanto amo Tarjei facendo credere a tutti che la vita stia andando a gonfie vele. Avrei più voglia di scrivere del modo in cui mi sento davvero...e scoprirebbero la verità quindi è meglio per me stare lontano dai social."

Annuisce comprensivo.

Arriviamo nel giardino dell'ospedale in cui vorrei portare Tar.

Respiro profondamente socchiudendo gli occhi. Quanto mi manca uscire...

Osservo i grandi alberi e le ormai pochissime foglie secche superstiti che cadono di tanto in tanto.

Ci sediamo su una panchina e Marlon accende una sigaretta porgendomela.

"No...grazie...poi se mi avvicino a Tar magari gli fa male."

"Henrik...puoi...per dieci minuti pensare a te stesso? Lo so che lo ami, ma ti stai lasciando andare e non in senso buono."

"Sono sempre in camera con lui, magari l'odore di nicotina potrebbe fargli male."

"Non è questo il punto...", mi guarda, "Cosa stai facendo esattamente? Non puoi chiuderti in questo ospedale aspettando il miracolo. Devi ricominciare a vivere, a piccoli step almeno!", mi passa la sigaretta.

Scuoto la testa rifiutandola nuovamente.

"Henrik...", respira profondamente prima di riprendere, "...e se Tarjei non dovesse più risvegliarsi?"

Mi alzo di scatto dalla panchina guardandolo con rabbia, "NON DIRE MAI PIU' UNA COSA DEL GENERE, CAPITO?", ruggisco fuori controllo.

"Non hai capito, è ovvio che spero che si svegli, ma se non dovesse accadere? Cosa farai? Continuerai a stare qua dentro e lasciare andare tutto il resto? Non dico di rifarti una vita, ma almeno torna a casa ogni tanto! Torna a lavorare! Torna a prenderti un po' cura della tua salute mentale! Stare lì dentro ventiquattro ore al giorno ti sta ammazzando! Siamo preoccupati per te! Sembri un morto che cammina! Fai impressione! Stai anche dimagrendo e tu sei già magrissimo!! Fai paura, veramente! Ormai temiamo il peggio anche per te!"

Gli rubo la sigaretta dalla mano portandomela alle labbra. Inizio a lasciar scivolare qualche lacrima e qualche piccolo singhiozzo. So benissimo che quello che dice è vero ma io proprio non ce la faccio ad andarmene.

"Torna un po' a casa Henrik..."

"Non posso..."

"Perché?"

Guardo in alto cercando di ricacciare indietro le lacrime.

"Io...", singhiozzo, "...una...una delle ultime volte in cui Tar è stato a casa mia...", respiro profondamente e la voce mi esce disperata e rotta dal pianto, "...abbiamo fatto l'amore per tutta casa, non c'è un cazzo di angolo che non mi ricorderebbe lui!", mi risiedo ricominciando a piangere disperatamente.

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