Il sogno di Maglor

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La luce del mattino lo destò dal suo sonno.

Aprì piano piano gli occhi, mettendo a fuoco l'ambiente attorno a lui.

Anche se mezzo intontito dal sonno, capì subito che qualcosa non quadrava.

Lui non aveva casa, era un vagabondo mezzo morto di fame, vestito di abiti laceri e rovinati dal fango e dalle intemperie. Faticava perfino a guadagnarsi qualche soldo, a causa dell'arpa che non poteva suonare per via delle mani bruciate.

Il suo tetto era il cielo, punteggiato di stelle o illuminato dal sole, talvolta gli alberi, il suo giaciglio la nuda terra.

Allora perché era disteso su di un letto, avvolto in morbide coperte, lo sguardo rivolto verso l'alto, a fissare un soffitto che non avrebbe dovuto esserci?

Si portò le mani al viso, e notò con stupore che non erano più bruciate.

Com'è possibile?, si chiese incredulo il Fëanoriano. Non una minima lesione a deturpare la perfezione delle sue mani.

Continuando a fissarle, si tirò su a sedere. Solo allora decise di guardarsi attorno, e ciò che vide, lo stupì ancora di più: riconobbe la sua vecchia camera, quella dove viveva quando erano ancora a Tirion.

Era ordinatissima, come sempre. La scrivania sgombra, con una pila di fogli fitti di pentagrammi vuoti, in attesa di essere riempiti di note. Le sue numerose penne erano tutte allineate a seconda del tipo, il temperino era accanto a loro, perfettamente dritto e affilato, come al solito. Gli scaffali erano stracolmi di spartiti, raggruppati a seconda del tipo di emozione che voleva esprimere la musica, e libri, tutti ordinati per colore. In un angolo c'erano tutti i suoi strumenti: l'arpa grande, l'arpa piccola, il flauto traverso, il violino, la viola, la ghironda, il liuto e moltissimi altri strumenti.

Strano, davvero molto strano...

Si alzò dal letto, e aprì la porta.

Fuori c'era la sua casa, dove aveva vissuto per anni in pace con la sua famiglia, dove da bambino aveva giocato con Maedhros, dove aveva insegnato a Celegorm a suonare il flauto (più perché quest'ultimo non aveva nulla da fare quel giorno che per vero interesse), dove aveva fatto la lotta con Caranthir sul tappeto del salotto, dove aveva spinto Curufin in altalena quel caldo pomeriggio d'estate.

Si guardava intorno, come se non riconoscesse nulla, chiedendosi perché era lì e, soprattutto, come fosse possibile.

-Buongiorno, pitya nyello nin- disse una voce familiare. Maglor spalancò gli occhi nel vedere chi aveva parlato: sua madre. Nerdanel la saggia, la sua amata madre, gli stava di fronte, non molto distante da lui.

Sorrideva, e teneva un braccio intorno alle spalle di un ragazzino che le arrivava poco più in basso dell'ascella. Era biondo, con i capelli che gli arrivavano a malapena alle spalle, e i suoi occhi erano grigi e tempestosi, pieni di una fiera determinazione. Maglor lo riconobbe subito: era Celegorm, il suo fratello minore.

-Ammë?! Cosa ci fai qui? Dovresti essere da sola... e tu Celegorm dovresti essere morto!-

-È bello sapere che mi vuoi bene- disse Celegorm, guardandolo storto. 

-Maglor! Ti sembrano cose da dire a tuo fratello? E cosa intendi per "dovresti essere da sola"?- lo rimproverò Nerdanel. 

-È... è difficile da spiegare. Voi non dovreste essere qui-

-Che cosa intendi, figliolo? Questa è casa nostra. Dove dovremmo essere altrimenti?-

Ma che diavolo è successo?

Il sogno di Maglor // Silmarillion OSWhere stories live. Discover now