L' ULTIMO ANNO

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Leon stava passando un grande momento di depressione. Aveva contratto una malattia infettiva, che lo aveva costretto a rinunciare al terzo di anno di liceo e rimanere sei mesi a casa. Aveva sviluppato una certa ostilità verso i suoi genitori, i suoi amici e tutte le persone che lo venivano a trovare. In quel periodo si era chiusa dentro casa a studiare classici, leggere interi volumi di saghe e romanzi. Una volta tornato a scuola, si era ritrovato senza amici. Era in un classe nuova, diversa con persone più piccole di lui. Nei primi tempi era rimasto a contatto con i suoi vecchi amici e il suo gruppo di nerd e secchioni. Si sentiva ancora parte di loro e gli confessava tutto quello che aveva passato nei mesi della malattia. Con il passare del tempo, Leon non si faceva più vedere e parlava sempre di meno. Non riconosceva più quelle persone come suoi amici e si era accorto della falsa recita che li teneva insieme. Era una grande recita dove tutti si davano degli appellativi. Un giorno un suo amico, appartenete al gruppo dei secchioni gli aveva detto "bro" e lui aveva risposto "Il mio nome è Leon, cazzo mi chiami, sfigato". Dopo quel giorno non era stato mai più visto più né con il gruppo di secchioni né con quello dei suoi amici. Era strano e parlava a chiunque gli rivolgesse la parola con un atteggiamento di sufficienza. Vedeva gli scambi d'affetto, le mancanze, le amicizie tra tutte le persone come un

grandissima sceneggiata. La cosa lo infastidiva e credeva che tutte le cose passate in quei tre anni nel liceo, fossero false. Così in quel periodo così delicato, Leon aveva sviluppato quella che sarebbe stata poi la sua magnifica personalità. Se veramente era tutto falso e tutte le persone interpretavano una parte, allora lui non voleva fare il nerd sfigato a vita. Si era iscritto prima in palestra e poi a calcio, basket e nuoto. Si allenava quattro volte su sei alla settimana e dava sempre il massimo. Aveva sempre avuto un fisico d'atleta: dietro quei novanta chili che si portava, c'erano sempre stati muscoli da calciatore, cestista e nuotatore. Nel giro di un anno, aveva collezionato una serie indicibile di venti medaglie di nuoto, tre campionati di basket vinti, quattro coppe vinte a calcio e tre volte eletto miglior atleta della scuola e della regione. In quarto era la persona più popolare e conosciuta della scuola. Era amato da tutti e non solo per le sue capacità sovrumane, ma anche per il modo per cui parlava e trattava le persone. Leon non aveva capito solo la finzione delle persone, ma anche il comportamento che si nasconde dietro alla loro facciata. Parlava in maniera pacata e gentile, con tutte le persone che incontrava e conosceva. Anche lo sbruffone della scuola poteva essere il suo migliore amico. Senza rendersi conto aveva sviluppato un lato umano e sincero, che lo rendeva unico per tutti quelli che lo conoscevano. Verso Gennaio, aveva attirato l' attenzione di una ragazza. Parlava di questo, quando ci eravamo rincontrati con Mark e Ron. Aveva detto che era interessante uscire con lei e il suo gruppo. Era rimasto colpito dalla indipendenza, che si respirava a diciotto anni. Il fatto di potersi guidare e spostare ovunque, cominciare a pensare al futuro e scegliere una strada da seguire. Diceva anche che i diciottesimi erano stupendi e che dovevamo venire alla prossima festa, che si sarebbe tenuto sabato. Quel sabato avevamo conosciuto il gruppo di Leon. Erano ragazzi del quinto e dell' università molto più maturi e grandi rispetto a noi. In mezzo al gruppo c'era Jessica, la ragazza per cui Mark si era innamorato in quella festa, dove eravamo stati chiamati femminucce e negri. Jessica faceva il quinto ed era amica di Selena, ragazza di Leo. Era stata bocciata al primo anno del liceo e ora stava facendo il quinto anno. Era alta circa un metro e settanta, aveva un naso a patata, i capelli sempre legati e portava sempre gli occhiali. Quel sabato sera aveva parlato tutto il tempo con Mark. Lui, prima di quell'incontro non sapeva molto in fatto di ragazze e di qualsiasi altra cosa. Era sempre indaffarato a idealizzare il suo gruppo di amici e compagni di vita. Era ossessionato dalle loro uscite, avventure e discussioni. Aveva sentito parlare delle loro vacanze, natali e altre cazzate combinate nella loro vita e si sentiva vuoto per non aver fatto mai nulla fino al primo al liceo. Quindi, aveva passato il periodo tra i quattordici e i sedi anni sempre con i suoi amici e fratelli d'avventure. E Quando poi quel gruppo si era sciolto per problemi interni, aveva trovato un altro gruppo di persone con cui discutere e parlare di cazzate. In quel contesto mi ero molto avvicinato a Ron. Eravamo usciti per poco tempo con gli amici di

Leon perché li consideravamo troppo spericolati e senza regole. Il sabato sera fumavano sempre erba e stavano in qualche locale fino alle tre e quattro di notte. Inizialmente, con Ron avevamo deciso di seguire il loro stile di vita, ma poi lo avevamo considerato troppo stupido e prematuro per la nostra età. Per questo avevamo cominciato ad uscire di nuovo nel centro. Inoltre, in quei mesi io e Ron eravamo entrambi innamorati di due ragazze fidanzate. E c'era una certa complicità nelle nostre discussioni, uscite e momenti di debolezza. Se stava male uno, l'altro andava a consolarlo e se stava male l'altro, viceversa. Alla fine avevo stretto una grande amicizia con la ragazza di cui era innamorato e l' avevo convinta a dargli un'opportunità, visto che lui era più innamorato e gentile del ragazzo con il quale era fidanzata. Da quando si erano messi insieme poi, Ron mi era sempre stato riconoscente e aveva passato tutti i sabati con me, la sua nuova ragazza e il suo gruppo di amiche e amici. I genitori di Mark avevano detto ai miei che il loro figlio era diventato ingestibile a casa. Litigava con la madre perché limitava le sue uscite, con il fratello e la sorella perché lo vedevano di mal'occhio in tutti gli atteggiamenti che aveva. Si preparava per circa un'ora, occupando l' unico bagno di casa, dove si pettinava, si sistemava e si guardava per un lungo tempo. Si spruzzava chili di profumo e poi andava da quel gruppo di amici. Ormai si fidava solamente di loro ed era felice solo quando si incontravano di sabato. In quella cerchia di sette persone c'era Elen e qualche altra importante e vitale per lui. Ogni parola che usciva dalla loro bocca era come di vitale importanza ed era vero, e ogni richiesta di andare da qualche parte doveva essere eseguita. Loro erano felici di tutto quello che avevano fatto e stavano facendo e lui era felice solamente di quel periodo e del fatto di uscire di sabato. E per questo odiava i suoi genitori, suo fratello e sua sorella per quelle cose che gli avevano fatto mancare. Non rispettare il coprifuoco, non salutarli e non parlare con loro, era un modo per compensare quel vuoto che si era creato quando si era accorto di non avere un' infanzia. I genitori non avrebbero mai potuto offrire a Ron quello che chiedeva. Erano emigrati dall' Africa e una volta arrivati nel paese, erano stati costretti a cercare lavoro visto che i loro diplomi non erano validi. MarK, aveva nove anni quando la madre faceva tre turni in una pasticceria lontana cinquanta chilometri da casa, il padre faceva il benzinaio diciotto ore al giorno e la sorella puliva i cessi di un piccolo che si trovava dove abitavamo. Si erano concentrati a dargli una buona educazione, istruzione e religione. Avevano però dimenticato di essere in un paese diverso da loro, con usanze e pensieri completante opposti. Perciò avevano costruito una casa sulle sabbia mobili, che ora stava affogando. Mia madre madre mi aveva detto tutte queste cose, quando i genitori avevano cominciato a chiamarci per sapere di Mark e dove fosse. Dopo aver compiuto diciotto anni, aveva preso l'abitudine di bere e fumare insieme agli suoi amici e Jessica.

IL SANGUE DELLE ROSEWhere stories live. Discover now