Eleven:

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Suona la sveglia, inizia la giornata. Potrebbe essere una giornata qualsiasi: io che vado a scuola, vedo Zayn e sono felice senza preoccupazioni. Ma oggi non sarà così, oggi andrò a scuola, cercherò di non urlargli addosso appena lo vedo camminare per i corridoi oppure di piangere segretamente chiusa in uno degli squallidi bagni del terzo piano. E con questo spirito, mi alzo dal letto e cerco di sorridere al mio riflesso nello specchio.
L'autobus arriva, come al solito, in puntuale ritardo. Nella testa mi rimbombano tutte le chiacchiere inutili della gente, il rumore dei freni del mezzo e persino il continuo respirare affannosamente per il raffreddore del tizio accanto a me. Mi estranio dal mondo infilandomi le cuffie e mettendo la riproduzione casuale della mia playlist. Porto lo sguardo al finestrino alla mia sinistra e osservo distrattamente gli attimi di vita dei passanti. Gente che parla al telefono, altri che corrono ascoltando la musica, alcuni che sorseggiano un cappuccino al bar sulla strada. Tutti con la propria normalità, i propri pensieri e i propri dolori. E io che tipo di dolore sto provando? Essere diversi spesso non è il massimo: se il signore davanti alla pasticceria facesse cadere il suo vassoio pieno di dolci appena pagati, i commessi lo aiuterebbero senz'altro perché non sarebbe la prima volta che capita. Io a chi potrei chiedere aiuto? Nessun altra persona ha mai provato quello che sto provando io quindi non può aiutarmi nessuno. Sono sola, ancora una volta.
Questi pensieri mi tengono occupata finché l'autobus non si ferma davanti alla mia scuola. Mi riprendo dal mio stato di trans momentaneo e scendo insieme agli altri ragazzi che frequentano la National Art School. Mi avvio verso il portone principale e comincio a salire le scale. Mi sembra strano non vedere Camille quindi decido di scriverle un messaggio veloce. Passando per i vari corridoi mi tornano alla mente i ricordi di quattro anni fa, quando io e Cami eravamo in prima superiore: io e Zayn stavamo insieme senza preoccupazioni, c'era solo il sesso tra di noi. Forse stavo meglio prima.
«Signorina Sheeran, cosa fa fuori dall'aula?» mi richiama all'attenzione la Wise «Scusi, mi ero un attimo incantata.» sospiro, entrando in classe. Nel banco affianco al mio non c'è Camille e io mi sento terribilmente sola. Mille pensieri invadono la mia mente, dubbi e rabbia repressa nei confronti di Zayn per la litigata di sabato. Non mi ha cercata, nessuna chiamata, nessun messaggio per sapere se stavo bene dopo essere tornata a casa da sola a piedi a notte fonda. Non gliene frega un cazzo di me in fondo. Durante le due estenuanti ore di inglese delle Wise, mi sale una rabbia incontrollabile verso Zayn che faccio fatica a restare seduta. Suona la campanella, finalmente, ed esco per cercarlo nei corridoi. Girando in tondo, mi imbatto in alcune persone che conosco, ma che non degno nemmeno di un saluto veloce da quanto sono arrabbiata con lui. Come può trattarmi così? Non è da lui. O forse lo è? Mi si sta presentando solo adesso il vero Zayn?
D'un tratto lo vedo. Sta uscendo dalla seconda aula del primo piano, quella di disegno. Si gira nella mia direzione, in una frazione di secondo siamo solo io e lui in quel corridoio che ora mi sembra enorme. A passi lenti si avvicina a me, continuando a guardarmi negli occhi. È a qualche metro da me e io sento le gambe tremarmi dall'ansia e dalla rabbia. Mi guarda, le nostre spalle si sfiorano, continua a camminare. Mi volto, disarmata, verso la sua imponente figura che si allontana da me, senza degnarmi di un altro sguardo. Senza controllo, infuriata, disperata e implorante, lo chiamo a gran voce e non mi preoccupo di chi possa sentirmi e dirmi qualcosa «Zayn!». Lui sembra rallentare per un instante, poi riprende a camminare. Scompare dalla mia vista quando gira l'angolo. Mi sento stordita, mi gira la testa come se qualcuno mi avesse schiacciato con un martello. Mi ha davvero completamente ignorata? La campanella mi fa sobbalzare e sono costretta a tornare in classe. Con mille pensieri, domande e la rabbia che viene schiacciata dalla tristezza, mi siedo al mio banco e cerco di sembrare attenta alle altre lezioni.

Torno a casa, senza quasi più forze. Sono distrutta dalla rabbia e dalla tristezza che mi opprimono il cuore. Mi lascio cadere sul divano, dove ho passato tutto il resto del fine settimana a piangere. Ed non è a casa e io non ho la minima intenzione di pranzare. In effetti è qualche giorno che non mangio. Improvvisamente, ricevo una chiamata. Scocciata, rispondo senza nemmeno guardare il mittente «Pronto?» una voce maschile e vagamente familiare risponde dall'altro capo «Alyssa, ciao!» non rispondo e lui continua «Sono Eric.» la persona sbagliata al momento sbagliato. Cerco di sembrare tranquilla «Ciao Eric, come va?» dici forzatamente «Tutto bene tu? Hai più parlato con Zayn?» a cosa si riferisce? Sa che abbiamo litigato? «Riguardo a cosa?» chiedo curiosa. Eric si schiarisce la voce e ho un brutto presentimento «Beh, di sabato sera... Avete discusso no?» ha una voce strana, come se fosse preoccupato «Sì, ma tu come lo sai? Te ne ha parlato lui quando me ne sono andata?» insisto «In realtà, dopo che sei andata via è stato tutto il tempo con Sophie...» ammette e il mio stomaco si chiude «Sophie.» ripeto con un tono vagamente disgustato «Ha cominciato a bere più del solito e...» le frasi a metà non sono accettabili in questo momento «E cosa Eric? Cos'è successo?» mi innervosisco «Sono... Alyssa non voglio aggiungere problemi tra di voi.» si giustifica e mi fa arrabbiare ancora di più «Eric tra me e Zayn ci sono problemi adesso, ma tu devi dirmi cosa mi sono persa.» lo incito «Io li ho solo visti andare in camera, poi ho sentito Sophie che parlava con le sue amiche... E diceva che Zayn era bravissimo a letto e cose così.» la stessa sensazione che ho provato quando ho scoperto di essere incinta, quattro anni fa, si ripresenta. Mi crolla il mondo addosso e sento la testa pesante. È la mia immaginazione o l'ha detto davvero? Sta per cadermi il telefono dalle mani, quando sento la voce di Eric chiamarmi «Alyssa? Ci sei ancora? Ho sbagliato, non avrei dovuto dirtelo...» dice mortificato. Sento le sue parole lontane e non trovo la forza di rispondere. Eric continua le sue scuse, ma non mi interessano. Riesco solo a pensare alle mani di Zayn che toccano il corpo di quella sgualdrina, che le provocano piacere come lo facevano a me, i gemiti di Zayn rivolti a lei, al suo piacere... Improvvisamente mi riprendo, forse per uno scatto d'ira, forse per una vendetta «Eric.» interrompo il suo monologo «Ah, allora ci sei!» dice sorpreso. Ripenso a ciò che voglio fare per un altro secondo e decido che ormai non ho più nulla da perdere e che se Zayn vuole giocare sporco, io so fare molto peggio «Ti va di andare a ballare sta sera?»

My Half.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora