47 ~Il serpente~

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Guardavo quell'improponibile gelatina verde poggiata sul tavolino senza appetito, non vedevo l'ora di tornare in Italia per gustarmi una cheesecake oppure una di quelle ciambelle fritte ricoperte di zucchero e Nutella. La colazione in ospedale era comunque il pasto migliore di tutta la giornata, a pranzo di solito mi rifilavano una zuppa insapore con delle verdure scondite che galleggiavano indisturbate e, a cena, una fettina di carne, solitamente pollo, insipido e duro come un pezzo di cuoio, accompagnato da una purea altrettanto priva di sapore.

Mi annoiavo a morte per tutto il giorno, il mio cellulare era andato perduto, mia madre aveva detto che, a causa del concitamento per il mio incidente, si era dimenticata di prendere la mia sacca da palestra e che poi si fosse smarrita e, la televisione, aveva solo canali in portoghese o inglese.

Non potevo parlare neanche con le infermiere perché non mi capivano, venivano ogni tanto a controllare i miei valori e la ferita, poi se ne andavano di fretta, riuscivo solo a comunicargli a gesti le mie necessità, come quando avevo sete o freddo.

Il post operatorio si stava rilevando tedioso e spiacevole, non riuscivo a lavarmi come avrei voluto né tanto meno a mangiare quello che mi piaceva, le visite erano dolorose soprattutto quando i medici mi controllavano i punti di sutura.

Avevo domandato vagamente a mia madre i dettagli della mia operazione e le complicazioni, che lei stessa aveva nominato in uno dei suoi borbottii, ma aveva preferito rimanere elusiva e io , avevo preferito non conoscere i dettagli, il solo pensiero del mio corpo aperto sul tavolo operatorio mi faceva salire il vomito.

Per questo non vedevo l'ora che arrivasse il momento delle visite del pomeriggio, oggi stavo meglio e mi avevano concesso di far venire chiunque.

Senza avere nulla da fare la mia mente si inerpicava in voli pindarici, pensavo a Sveva e a ciò che mi aveva fatto, alla cattiveria delle persone che non riescono ad accettare le sconfitte, a Lia e alle sue inevitabili lacrime di fronte al mio incidente, a come dovesse essere in pena Samuele e quanto sarebbe cambiata la sua amicizia con Sveva, poi mi venne in mente Giorgio e la sua dolcezza, chissà cosa avrà pensato e come si sarà sentito nel vedere il mio schianto in diretta televisiva. Volevo sapere cosa dicevano i giornali di quello che era successo, ma nessuno mi permetteva di farlo, non so se fosse per evitare che mi agitassi ma, in questo modo, mi stavano escludendo dal mondo e dalla mia vita.

Ripensai anche a quello strano sogno, al giardino Zen e all'incontro con mio padre, sapevo che dopo l'anestesia c'era la possibilità di avere delle allucinazioni o delle esperienze extrasensoriali, eppure mi era sembrato così reale, ricordavo ogni frase e ogni emozione provata. Adesso però ero ancor più sicura, mio padre era davvero vicino a me e sapevo che mi avrebbe protetta.

Prima che scoccassero le cinque avevo chiesto all'infermiera dai lunghi capelli scuri, di passarmi lo specchietto poggiato sul comodino, lei aveva sorriso e, insieme a esso, mi aveva passato anche il pettine.

Dire che ero brutta era un eufemismo, i miei capelli erano arruffati a tal punto che facevo difficoltà a pettinarli, le sopracciglia mi erano ricresciute andando a intaccare la forma regolare che gli davo di solito e, la mia pelle, era stranamente a chiazze.

Ma Samuele mi aveva visto in condizioni peggiori, quindi non persi la fiducia in me stessa e nel discorso che doveva farmi.

Alle cinque in punto mia madre fece il suo trionfale ingresso in stanza portandomi della frutta secca, era uno dei cibi che amavo di più per fare degli spuntini, non mi aspettavo che se lo ricordasse, la premura era più una qualità di papà.

Poi mi diede un bacio sulla fronte, mi chiamò di nuovo tesoro e infine se ne andò perché doveva parlare con il medico curante.

La sua dolcezza di questi giorni stava iniziando a darmi fastidio, perché doveva sempre estremizzare tutto? Passava dall'esasperata freddezza alla dolcezza stucchevole. Forse qualcuno avrebbe dovuto farle notare che esistevano anche le vie di mezzo.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora