35 ~Qualcosa di inaspettato~ ✔

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Incredibile fu la parola che usò Enrico per definire il mio punteggio ottenuto nell'esercizio a corpo libero; mai, nella mia vita da ginnasta, ero riuscita a superare il 16,000.

Questa volta, però, il tabellone luminoso segnava il mio nome e cognome accompagnato da un 16,100, un punteggio che fece trasalire tutti quanti dallo stupore, sia il pubblico che lanciò un ululato, sia Enrico che mi strinse in un abbraccio forte a tal punto da farmi perdere il respiro e sia le altre atlete che videro la loro corsa verso l'oro, impennarsi e tramutarsi in una montagna impervia e difficile da scalare.

Ora avrei dovuto seguire la gara di tutte le altre come spettatrice, guardavo ogni esercizio delle mie avversarie e mentalmente lo confrontavo con il mio. Lia faceva la stessa cosa ma ad alta voce, come se fosse una telecronista, eravamo sedute sulle sedie a bordo pista vicino a mia madre che rideva sotto i baffi.

«Un passo nell'arrivo dal doppio carpiato e giro non completo nella piroetta, la Murakami è fuori tranquilla», esclamò Lia battendomi un colpetto sul ginocchio e fissando il tabellone su cui, poco dopo, comparve un 14,533.

«Ma non è lei il pericolo», si intromise mia madre inaspettatamente, «sono le americane, loro sono perfette».

«E io sono solo stata fortunata...», mormorai abbassando lo sguardo e fissandomi i piedi.

«Hai detto qualcosa Giusy?», mi chiese lei guardandomi con i suoi occhi scuri come la pece.

Non risposi perché, in quel momento, era salita in pedana l'americana Alexandra Raisman con il suo body rosso interamente ricoperto da brillantini. La musica del suo esercizio iniziava con un soave violino per poi scatenarsi, ad hoc, quando realizzava le diagonali artistiche in modo da accompagnare la sua grinta e la sua esplosività. Tutto lo stadio era rapito da tanta bellezza e perfezione e, spostando lo sguardo intorno a me, mi accorsi che chiunque fosse a bordo pedana era ipnotizzato da lei.

La sicurezza per la mia prestazione iniziò a vacillare, come un funambolo alla sua prima esperienza.

Quando l'americana scese dalla pedana, prima di essere circondata da quattro persone che volevano abbracciarla, mi sorrise dolcemente e, dal suo sguardo, carpii il profondo rispetto che lega le ginnaste che raggiungono certi livelli; non colsi la sfida o la lotta per la supremazia come succedeva con Sveva, leggevo la stima di chi sa quali sono i sacrifici fatti per essere arrivate fin lì.

«Non ha completato la rotazione nell'enjambèe con un giro ed è arrivata leggermente insaccata dallo Tsukahara, io dico che non ti supera», proferì Lia con convinzione.

Anche questa volta, la sua profezia, si avverò, la Raisman ottenne 15,500.

«Tu hai un futuro come giudice», dissi a Lia, «o come maga...».

«Avrei preferito come ginnasta, ma mi accontento».

La gara continuò e io venni rapita dagli esercizi delle altre, mi sembrava che avessero sempre qualcosa in più di me, soprattutto nell'espressività e nell'ardore che leggevo attraverso i loro occhi e i loro sorrisi.

Dopo che anche la Steingruber terminò la sua prestazione, Lia mi abbracciò: «ti rendi conto che manca solo Simone Biles? Che sei già automaticamente sul podio?».

Sgranai gli occhi, ero stata talmente concentrata da non aver contato le ginnaste.

Mi alzai in piedi e, solo in quel momento, mi accorsi di avere numerosi occhi puntati addosso, io ero l'outsider, quella che aveva avuto zero esperienze a livello mondiale ma, soprattutto, quella che aveva la possibilità di spodestare la regina indiscussa della ginnastica, un cavallo di razza blasonato.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora