Capitolo 11 - Balla una bachata

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La scuola era davvero esasperante. Probabilmente le persone non capiscono che noi studenti subiamo un vero e proprio crollo psicologico ma secondo loro il nostro unico problema è non voler studiare per uscire con il fidanzatino. Fortunatamente io sono una di quelle studiose, ho voti molto alti se non fosse per il mio comportamento un po' strafottente ma non con tutti, solo con chi mi tollera a malapena e la cosa è reciproca perché in caso contrario avrei una bella A anche in quel campo. Tuttavia sono un'atleta e se non avessi voti alti non mi sarebbe permesso di dedicarmi al basket e soprattutto di far parte al campionato. Non era lo stesso per mio fratello, il mio migliore amico e il mio ragazzo. Quei tre sono in squadra solo perché sono i più bravi e senza di loro non ci sarebbe un campionato perché quando si tratta di studiare mi ricordano tanto dei gatti e del formaggio, loro il formaggio succulento e i gatti sono i libri che li seguono cercando di essere sfogliati ma finisce sempre allo stesso modo: il gatto viene distratto dal topo. Spero di aver reso l'idea. Si distraggono facilmente e non hanno per nulla voglia di studiare, non capisco perché continuino a tentare di fare l'ultimo anno se lo hanno già fatto una volta e la cosa è andata male. Non sono neanche stati ammessi all'esame finale. Quindi posso definirmi la più brava della famiglia perché tra me e mio fratello la spunto sempre io, non per vantarmi. Qualcuno bussò alla porta della mia classe di letteratura inglese e la professoressa Galdrey urlò un avanti esasperato. La mia classe in questo momento somigliava a un porcile misto a una scuola elementare con bambini urlanti. Eravamo in sostituzione e la prima regola in questi casi è sempre una sola: non permettere alla supplente di dimostrare di essere comunque un'insegnante! Dalla porta fece il suo trionfo il professore di disegno e modellistica seguito da quella banda di capre che è la classe di mio fratello e i suoi due compari. Si aggiustò gli occhiali prima di parlare. «Buongiorno Margaret, Dovrei chiederle un favore. Siccome non è sicuro lasciarli da soli nonostante la loro già ben matura età, le dispiace tenerli qui per l'ora in corso?». Si voltò verso i ragazzi per guardare loro male e poi tornò a concentrarsi sulla docente, la quale lo guardò scettica e credetti stesse pensando che non bastava una classe ma ora doveva sopportarne anche due, per giunta una delle peggiori dell'istituto e forse dell'intera Grande Mela. «Va bene, Steve. Ma si ricordi che mi deve un favore». Si scambiarono un sorriso e un coro di versi strani si elevò prima che i ragazzi si precipitarono in classe. Non feci in tempo a individuare i tre moschettieri che me li ritrovai addosso. «Ciao amore». Mi schioccò un bacio sulle labbra Dylan prima di beccarsi una lavata di testa dalla professoressa. «Qui non siamo né a casa vostra né al cinema e neanche in mezzo alla strada e soprattutt-». Fu bloccata da Daniel. «Si non siamo da nessun'altra parte che non sia la classe della nostra amata New York School of Design». Si elevò un grido di approvazione mentre la docente cominciava la sua lista di note che avrebbe riempito il registro nei prossimi dieci minuti. «Ma ci sono certi docenti in giro?». Mi guardò Daniel mentre mi batteva il cinque. «Noi ne abbiamo visti passare tanti». Rise Matthew. «Siete in questa scuola dalla sua fondazione». Gli feci l'occhiolino. «Quant'è simpatica la mia ragazza». Mi diede un bacio sulla guancia Dylan. «In quel siete sei compreso anche tu, amore mio». Gli sussurrai all'orecchio e risi mentre lui si imbronciava. Daniel cominciò a sbuffare. «Mi sto annoiando. Perché non ci lasciano andare ad allenare? Quanto tempo sprecato. Facciamo qualcosa? Obbligo o verità? Qualcosa?». «Oh Santo Dio, Daniel!». Lo guardai male. Ma quanto parlava questo ragazzo. «Balla una bachata». Propose ridendo mio fratello ma non avrebbe mai dovuto farlo. Daniel Smith, il mio migliore amico, sbloccò il suo cellulare, inserì la canzone su YouTube, mi prese per un polso e diede vita alla più grande cazzata della nostra vita. Mi strinse tra le sue braccia e mise il mio braccio destro intorno al suo collo mentre mi teneva la mia mano sinistra tra la sua. Pose la sua mano destra sulla mia schiena e cominciò a ballare. Era un gran ballerino ma non sfoggiava mai le sue doti se non quando eravamo soli, doveva proprio essere annoiato per farlo con più di venti persone in una stanza. «Su muoviti tesoro». Mi incitò a muovere il bacino con un colpo di anca e risi facendomi trasportare dalla musica che ovattava le urla della docente. Nel frattempo tutti in classe avevano formato delle coppie e feci giusto in tempo a voltarmi prima di vedere la mia cara compagna di classe, Stacy, che tentava di ballare con il mio ragazzo. Mi allontanai da Daniel e mi avvicinai al mio ragazzo. «Balliamo?». Lo guardai negli occhi non prendendo minimamente in considerazione Stacy. Dylan mi guardò sorridendo e cinse il suo braccio attorno alla mia vita senza farselo ripetere due volte. «Ti stavi divertendo con Daniel?». Mi sussurrò un po' infastidito e sorrisi. «E tu? Con Stacy?». Incalzai e sorrise. «Avevo lo sguardo fisso su di te e sulle mani di Daniel, non l'avevo notata». Mi strinse ancora di più a lui. «Che bravo il mio ragazzo». Gli sorrisi. «Tuttavia devo riconoscere che Daniel balla meglio di me». Sospirò sconfitto e non aveva tutti i torti. Il mio ragazzo più che ballare sembrava stesse calpestando delle uova. «Segui me». Ordinai. «Non è l'uomo che porta?». Chiese lui inarcando un sopracciglio. «Ma il mio uomo è imbranato». Risi mentre lui si imbronciava. «Questa potrei legarmela al dito». Mi guardò truce. «Fai pure, lo prendo come un anello di fidanzamento. Aspetto la proposta». Lui mi guardò divertito e mi lasciò un bacio sulla fronte dolcemente. «Forza futura sposa, mi faccia vedere come si balla questo dannato ballo». Mi sorrise. «Un passo a destra, lentamente, abbassa e alza il bacino, sempre lentamente, sensuale». Gli davo ordini. «Poi un passo a sinistra, continuando lentamente e infine stacco e due passi a destra. E continui così». Gli mostrai prima da sola. «Non sarà una bachata sconfiggermi». Esclamò serio mentre mi prendeva le mani. «Un due..». Mi fermai al due perché il mio ragazzo era davvero imbranato. «Amore avrai sicuramente altre qualità». Mi sorrise. «Ma la bachata e il titolo di legenda non ti appartengono più». Risi quando lui mi guardò male. «Ah, è così che la metti?». Mi guardò malizioso e mi strinse a sé prima di condurmi in dei passi di bachata perfetti e puliti. Cominciai a parlare ma non ebbi chiaro cosa dire. «Ho molte qualità amore, eri solo carina mentre facevi la professoressa». Mi sussurrò prima di stringermi in un abbraccio inghiottendo le mie labbra. «Un ragazzo dalle mille risorse e dai neuroni completamente disfatti». Gli sussurrai e rise con me. La bachata fu interrotta bruscamente dall'entrata furiosa della supplente seguita dalla preside visibilmente divertita. Ero così concentrata sul mio ragazzo che non mi ero accorta che la professoressa era uscita. «Signora Preside, le va di ballare con noi?». Se ne uscì Daniel, avvicinandosi a lei a passi di danza. La preside lo guardò con sguardo serio ma sembrava divertita. All'improvviso fece un sorriso sornione e ci guardò tutti uno e ad uno. «Signorino Smith siccome siete così simpatici e portati per l'animazione sono certa che sarete perfetti per il volontariato al reparto di neuropsichiatria infantile dell'ospedale di Mahnattan». Sorrise. «Vi voglio pronti per questo pomeriggio alle 3, vi aspetto all'ingresso dell'ospedale. E Smith prepari altre coreografie». Guardò Daniel prima di andarsene mentre la supplente sghignazzava. «Ci tocca fare i babysitter oggi». Esclamò Matthew mentre un coro di polemiche si elevava e riempiva la stanza. Per nostra, e soprattutto per la mia, fortuna le lezioni erano finite e non dovetti subirmi ogni polemica ma sgattaiolai fuori dalla classe appena udì la campanella suonare. Era meglio correre a casa e mangiare qualcosa prima di andare in ospedale. 

Un amore a 200 km/h [IN REVISIONE.]Where stories live. Discover now