Capitolo 10 - Vienimi a prendere.

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Dopo essere uscita dall'ospedale le giornate erano tornate monotone. Andavo a scuola, mi annoiavo, venivo letteralmente rapita dal mio ragazzo e poi tornavo a casa a studiare. Era da un po' però che il mio ragazzo si era scordato di esserlo probabilmente.

Da un paio di giorni si era allontanato, lo vedevo sempre triste ed era scorbutico come se gli desse fastidio la presenza di chiunque. Matthew è molto evasivo quando gli domando cosa gli succede, dice che è normale avere momenti no eppure non mi sembra che sia un momento, perché è perennemente così da un po'.

«Signorina Jones, volete ascoltarmi per favore?» chiese il professore guardandomi male e chiesi scusa con lo sguardo cercando di ricompormi e prestargli un po' di attenzione.

«Ho sentito dire che il suo ragazzo ha preso a pugni il bidello.» sentì dire da una mia compagna, Letiz mi pare si chiami.

Sgranai gli occhi e balzai in piedi. «Quando?» chiesi avvicinandomi a lei.

Mi mostrò il tweet di qualcuno che si occupava del giornale scolastico e notai l'orario. È successo cinque minuti fa. Com'è possibile? Cos'è successo?

Chiesi, o meglio supplicai il professore di farmi uscire e non so se abbia accettato per pietà e per togliermi dai piedi ma comunque sia era meglio così.

Uscì dalla classe in ansia e a passo svelto cercavo qualcosa che portasse a Dylan e capire cosa stesse combinando. Girovagai un po' per la scuola finché non sentì l'infermiera sbuffare.

«Black devi stare fermo.» sbuffò la signora che ci faceva da infermiera e corsi letteralmente verso l'infermiera.

Quando entrai non potevo credere ai miei occhi. Dylan aveva lo sguardo spento, gli occhi iniettati di sangue e rabbiosi, un labbro spaccato e uno zigamo messo peggio dove già si intravedeva un segno violaceo.

«Signorina Jones, cosa ci fa qui?» squittí l'infermiera e la supplicai con lo sguardo di lasciarmi sola con lui, le mimai mille per favore e finalmente me lo concesse. Oggi sembravano tutti così gentili.

«Cosa sta succedendo?» mi avvicinai al mio ragazzo poggiando le mie mani sui suoi ginocchi per guardarlo negli occhi.

«È arrivata la mia salvatrice.» il suo tono di voce era quasi scherzoso come se mi stesse prendendo in giro.

Sentì una fitta di dolore ma non mi lasciai scalfire. «Si ormai è diventato il mio lavoro, che ne dici se mi paghi lo stipendio mensile e i contributi?» usai la sua stessa ironia e lo guardai male.

«Non ci provare. Non ci provare.» ripetè con sguardo duro.

«A fare cosa?» inarcai un sopracciglio.

«A fare la buona samaritana e a incazzarti con me. Non ne hai il diritto. Non adesso.» strinse le sue mani attorno ai miei polsi e incastrò i nostri occhi.

«Non voglio incazzarmi con te, voglio solo sapere cosa ti succede e aiutarti a superarla. Non si chiama fare la buona samaritana ma essere coerente con quello che provo per te.» gli feci notare tenendo il suo sguardo, non lo avrei fatto vincere.

«Vuoi davvero sapere cos'ho? Perfetto! Mettiti comoda allora.» rise, ma una risata isterica, una di quelle di un mostro da film horror.

Un amore a 200 km/h [IN REVISIONE.]Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ