Il piano di Gwen

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Le sagome scure di Kate e Steve mi stavano guardando minacciose; rigide e austere, l'ombra del castello le avvolgeva rendendole imponenti e inquietanti. Stavano tenendo entrambi le braccia incrociate contro il petto, i capelli scossi dalle raffiche di vento - ciuffi neri che incorniciavano i loro visi come criniere- e il corpo avvolto da mantelli scuri.

Ero quasi certa che quella fosse l'immagine del Tristo Mietitore; se Kate mi avesse indicato il Lago con un dito, sottile e leggermente incurvato, per esortarmi a tuffarmici dentro, ne avrei avuto la conferma.

Io, senza alcuna ombra di dubbio, stavo già andando incontro alla mia morte.

Non potevo credere di essermi davvero cacciata in quella situazione.

Da quando in qua Gwen si era proclamata Cupido? Quando era impazzita totalmente? E cosa le era passato per la testa quando aveva pensato di farmi compiere quel gesto funesto? Beh, io mi ero affidata al suo piano senza sapere di cosa si trattasse, ma non era questo il punto. Il punto era che due miei amici mi stavano controllando perché sapevano cosa ero obbligata a fare e non avevano la minima intenzione di risparmiarmi da quel suicidio.

Sospirai.

L'Universo doveva starsi sbellicando dalle risate vedendomi in piedi davanti al Lago Nero, impalata come uno stoccafisso. Sapevo che mi trovavo lì per colpa sua: quale modo migliore per farmi capire cosa avevano provato i miei amici quando li avevo coinvolti contro la loro volontà in piani assurdi mirati al mio puro piacere personale?

Merlino, nessuno mi aveva costretta a fare niente, lo avevo voluto io. Era proprio vero che siamo noi i nemici di noi stessi.

I miei occhi si spostarono sul Lago; la sua superficie nera cozzava contro il candore della neve che copriva l'erba e i rami degli alberi. A qualche metro da me, la mia preda stava passeggiando intorno alla riva; noncurante di quello che stava per accadere, camminava lenta e pensierosa, le mani congiunte dietro la schiena e lo sguardo basso.

Steve tossicchiò per richiamare la mia attenzione, il suo braccio proteso verso il ragazzo. Non riuscendo a vederlo in volto, capii che quello era il modo per sollecitarmi ad agire. Alzai gli occhi al cielo. Se non avessi affrontato in fretta quello che mi aspettava, sarei rimasta lì per tutto il giorno.

Presi un respiro e mi sistemai i capelli.

Avevo affrontato cose ben più terribili che chiedere a un ragazzo di accompagnarmi a un ballo. E non importava che quella fosse stata una mia idea o che Gwen avesse scelto l'unica persona che mi metteva in soggezione. Dovevo smetterla di rimuginare e passare all'azione; d'altronde cosa sarebbe potuto succedere di male?

A quella domanda, il mio cervello cominciò a stilare una lista di possibili catastrofi dovute al fallimento della mia impresa; con i denti stretti, serrai le mani in due pugni e camminai spedita verso il ragazzo. Ignorai il battito cardiaco che aumentava a ogni passo, il mio stomaco che cadeva nel vuoto a mano a mano che la distanza tra noi due diminuiva; cancellai i pensieri negativi e mi focalizzai sul mio scopo: come potevo risultare desiderabile e accattivante? Non ero un esperta in questo campo, ma potevo imitare Halinor e Kadma quando parlavano con i ragazzi. Non sarebbe stato un problema sbattere le ciglia e toccarmi i capelli in modo civettuolo; quello che mi risultava difficile era ridacchiare per qualsiasi cosa mi venisse detta.

E poi dovevo calmarmi: Viktor Krum sarà stato un giocatore di Quidditch in gamba e famoso, ma rimaneva pur sempre un ragazzo come me e questo lo avevo appurato durante le interviste ai Campioni del Torneo, quando Cedric mi aveva obbligata ad accompagnarlo.

Arrivata alla meta, mi schiarii la voce: era ora di entrare in scena.

"Ehilà!" esclamai con un sorriso; il ragazzo spostò il suo sguardo verso di me, ma quando mi vide, le sue folte sopracciglia si incurvarono verso il basso.

Tutta colpa del Whiskey (o era Weasley?)Where stories live. Discover now