In bocca al Drago

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Il giorno della prima prova arrivò con una fredda giornata di fine novembre. Seduti ai piedi della scalinata che portava al castello, io e Cedric stavamo guardando il giardino di Hogwarts estendersi fino a sparire, risucchiato dalla Foresta Nera. Un lieve strato di ghiaccio copriva il prato; fili d'erba grigi illuminati dalla luce fioca del sole. Intorno a noi, l'atmosfera era tesa, l'aria ronzante impregnata di elettricità.

Cedric era in ansia: il colorito della sua pelle era leggermente verdognolo; le sue dita tamburellavano nervose sul ginocchio. Abbozzai un sorriso e gli strinsi la mano, Cedric smise di muoversi.

"Farai il botto," dissi.

Il suono della mia voce tagliò il silenzio, una piccola nuvoletta di condensa uscì dalla mia bocca.

"Non vedo l'ora di finire arrostito da un drago."

Il tono di Cedric era divertito, lo sguardo ostentava una falsa sicurezza.

Nonostante stesse cercando di apparire forte, la sua preoccupazione era tangibile. Da quando Harry Potter gli aveva svelato in che cosa sarebbe consistita la prima prova, Cedric aveva cominciato a manifestare i primi segni di nervosismo: la pelle intorno alle sue unghie era diventata rossa e smangiucchiata, lo sguardo assente, perso nei suoi pensieri e l'attenzione durante le lezioni era diminuita drasticamente. I professori non gli davano colpe; capivano a quale stress fosse sottoposto e cercavano di sostenerlo in tutti i modi possibili, battute scherzose o permessi per saltare qualche ora. L'unico che lo trattava con indifferenza era il professor Moody; a volte sembrava persino compiaciuto dell'effetto che il Torneo aveva su di lui.

Sebbene Moody non avesse intenzione di aiutare Cedric, il resto della scuola si era rivelato essere interamente dalla sua parte: studenti e studentesse di qualsiasi anno avevano preso l'abitudine di salutarlo e sorridergli ogni volta che si trovavano vicino a lui; i Tassorosso – aiutati dai Serpeverde che volevano fare un torto a Potter- avevano realizzato spille e cartelloni che incitavano Cedric a vincere il Torneo. I Tassorosso più piccoli si divertivano a distribuire le spille davanti alle classi; il loro tifo era entusiasta e orgoglioso, uguale in tutto e per tutto a quello riservato al Quidditch. Anche i Corvonero erano dalla parte di Cedric; come i Serpeverde, erano convinti che Potter avesse barato perché assetato di fama e successo.

I Grifondoro, invece, si erano montati la testa. Per loro era d'obbligo che un ragazzo della loro Casa fosse uno dei Campioni, non gli importava che fosse andato contro il regolamento del Torneo. Fred e George avevano addirittura creato un giro segreto di scommesse, puntando tutto quello che avevano su Potter.

"Se è riuscito in quello in cui io e George abbiamo fallito," mi aveva detto una volta Fred, riferendosi alla Pozione Invecchiante, "è sicuro che la vittoria sarà sua."

A quelle parole, gli avevo dato un pugno sulla spalla ed ero andata via. Non avevo idea di come Harry Potter fosse riuscito a mettere il suo nome nel Calice, ma una cosa era certa: se avesse vinto al posto di Cedric, avrei scatenato la Seconda Guerra Magica.

L'ultima cosa di cui Hogwarts aveva bisogno, era aumentare ancora di più l'ego dei Grifondoro.

A parte Silente, a nessuno piaceva l'idea che vincessero sempre loro. Se fossero stati anche i campioni del Torneo, chi li avrebbe più sopportati? Io no di certo: nel caso in cui Potter avesse ottenuto la vittoria, avevo già pronto il discorso da fare ai miei genitori per farmi passare il mio ultimo anno in un'altra scuola di magia. E nel caso non fossero esistiti scambi culturali nel sistema scolastico dei maghi, li avrei inventati io.

"Zitto che andrai bene! Sono stata io la tua allenatrice, come minimo sarai talmente tanto bravo che decideranno di finire il Torneo dopo la tua performance."

Tutta colpa del Whiskey (o era Weasley?)Where stories live. Discover now