Capitolo 13

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Le lezioni, per una volta, sono passate in modo molto veloce grazie alla riconciliazione con la mia amica. Mi dispiace litigare con lei, soprattutto se si tratta di cose talmente stupide da nemmeno parlarci più.

"Vedi Harry in giro, per caso?" Chiedo a Savannah mentre ci dirigiamo verso l'uscita.

"Harry?"

"Sì, Harry. Lo vedi oppure no?" Chiedo nervosa.

"Aspetta." Dice, fermandosi all'improvviso.

Tengo stretto il bastone davanti alla mia figura e aspetto che lo cerchi.

"Visto, si sta mettendo il casco della moto." Mi informa.

"Che?" Esclamo allarmata. Devo immediatamente raggiungerlo prima che se ne vada via.

"Chiamalo, per favore." Le stringo il braccio.

Mi prende la mano e con tutta la velocità possibile, cerco di camminare molto in fretta.

"Harry!" Grida Savannah. "Harry, aspetta." Mi lascia la mano e poi sbuffa.

"Se n'è andato." Dichiara.

"Cosa? Ma non ci ha visti?" Sospiro, infastidita.

"No, in realtà ci ha viste entrambe, ma ci ha ignorate."

Cosa? Che diavolo gli prende? Sono una stupida perché l'ho cercato per chiedergli scusa per il mio atteggiamento di prima e lui mi ignora così.

"Che facciamo?" Chiede, dopo avermi vista in silenzio.

"Niente, portami a casa." Dico scocciata.

Il mio umore si è nuovamente capovolto e stavolta per colpa sua. Sono stata una stronza a rispondergli così, è vero, ma non credevo fosse il tipo che se la prendesse così facilmente.

Non sopporto quando le persone mi ignorano, o risolvi con me o mi insulti. Ma lasciare tutto in sospeso per una stupida litigata, mi fa girare troppo le scatole.

"Ci vediamo domani." Mi accarezza il braccio e sento i suoi passi allontanarsi da me.

"Sav?" La chiamo.

"Sì?"

"Grazie per aiutarmi, so che ti paga mio padre per farlo, ma mi trovo bene con la tua presenza." Le spiego, sinceramente.

Lei si riavvicina di nuovo e si ferma davanti a me. "Mi fa piacere aiutarti, Mia. Ci vorrà del tempo, ma credo che potremmo diventare buone amiche."

Non ho amici, a parte Janece. Prima avevo un'infinità di amiche che hanno iniziato a mettermi in disparte perché facevo loro pena; le ho sentite chiaramente quando si organizzavano per andare in qualche festa e si rifiutavano ad invitarmi, o semplicemente si misuravano nel parlare dei fatti loro per cercare di non mettermi in qualche situazione di disagio. Ma ciò che faceva molto più male di aver perso una qualità essenziale per la mia vita era quello di non essere tratta normalmente; non a caso, ho voluto cambiare completamente paese e mettere da parte ogni conoscenza.

"Certo." Forzo un sorriso. Mi saluta nuovamente ed entro finalmente a casa.

Arthur abbaia, non appena varco la soglia e alzo gli occhi al cielo togliendomi la mia giacca e la borsa.

"Arthur, non rompermi le palle." Lo avviso, ma lui si allunga mettendo le zampe sulle mie ginocchia chiedendo di essere coccolato. Gli accarezzo la sua piccola testa e mi avvio verso il b agno per lavarmi le mani.

Sono leggermente stanca di mangiare roba già pronta e doverla fare scaldare al microonde tutti i giorni, ma non essendoci mamma non posso farci granché.

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