Il ragazzo sospirò. Si stava facendo prendere dall'ansia e, come se non bastasse il fatto che invece Frank paresse inspiegabilmente rilassato, non c'era neanche Mikey in casa a potergli dare una mezza dritta. Gli aveva già telefonato due volte, non poteva chiamarlo ancora o lui avrebbe spento il telefono, l'aveva detto e Gerard non stentava a credere che l'avrebbe fatto, conoscendo il fratello. Così si ritrovava solo, senza uno straccio di idea e divorato dall'angoscia, a mezz'ora dall'arrivo di Frank e perdipiù ancora in mutande.

Okay, calma, si ripeté mentalmente. Frank aveva detto informale, Mikey aveva detto camicia, così decise che avrebbe optato per una camicia nera, un paio di normalissimi jeans e delle scarpe un po' più decenti delle converse. Quando si guardò allo specchio così vestito dovette ammettere che tutto sommato non era male; avrebbe rischiato di morire di caldo in camicia dato che le temperature di fine maggio non erano più così miti, ma avrebbe corso il rischio.

Aveva appena finito di sistemarsi i capelli in modo che non sembrassero il solito cespuglio di rovi quando il campanello suonò e lui saltò per aria.

Dio, era già l'ora.

Quasi di corsa scese le scale, tornando sui suoi passi due volte per controllare di aver chiuso la porta a chiave, e infine si trovò di fronte a Frank che a differenza sua vestiva una maglietta dei Green Day e i suoi soliti jeans strappati e che appena lo vide lo squadrò da capo a piedi.

"Rettifico tutto, ci chiudiamo in camera mia per tutto il giorno e fanculo ai miei ok?" disse con un sorrisetto eloquente che fece arrossire Gerard fino alla punta delle orecchie. "Cazzo, stai da favola vestito così. E sei anche pettinato!"

"Smettila dai!" ribatté il ragazzo. "Non prendermi in giro"

"Non ti prendo affatto in giro, stai benissimo e mi fai venire voglia di saltarti addosso" disse Frank con tutta tranquillità.

Gerard arrossì di nuovo senza saper cosa dire, così optò per un imparziale sorriso mentre intrecciava le dita a quelle di Frank. "Prendiamo l'autobus?" domandò, e l'altro annuì.

"Non ci metteremo molto, i miei abitano un po' fuori ma in quaranta minuti circa saremo là. Mia madre era super eccitata, credimi, avrà cucinato per un reggimento"

"Le hai già detto che io... cioè che noi... insomma... "

"Che porto il mio ragazzo? No, non ancora, ho detto che volevo far conoscere loro una persona e se potevo invitarla a pranzo e loro mi han detto di sì, tutto qui. Che si aspettino una ragazza è ovvio, ma comunque non cambia niente"

"Diciamo" borbottò Gerard mentre Frank lo trascinava a bordo di un pullman mezzo vuoto. Dopotutto erano le undici della domenica mattina e le strade non erano particolarmente affollate fortunatamente, e questo comportava che anche il traffico fosse scarso.

Per tutta la strada Frank non rimase zitto un attimo ma Gerard ne fu più che felice perché lui era talmente agitato che non avrebbe saputo aprire un discorso nemmeno sotto tortura, e poi la voce di Frank, così allegra e rilassata, lo metteva di buon umore e gli faceva dimenticare l'ansia almeno per un po' così quando arrivarono finalmente alla fermata giusta si sentiva notevolmente meglio. Frank gli aveva raccontato parecchi aneddoti legati alla sua famiglia, gli aveva parlato dei suoi genitori spiegandogli che tipi erano e facendogli così abbandonare l'idea intimidatoria che si era fatto di loro.

La casa dei genitori di Frank era una villetta di periferia, piccola ma molto curata. Il ragazzo bussò solo una volta e anche se Gerard avrebbe preferito avere un paio di secondi in più per prepararsi psicologicamente all'incontro, in meno di un secondo l'uscio era stato spalancato e una donna bassa e sorridente aveva fatto la sua comparsa.

Face It - (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora