23.Due destini separati

Mulai dari awal
                                    

La prima cosa che mi venne in mente fu chiamare Jake e chiedergli se gentilmente poteva venire a casa nostra, mi sembrava quello più comprensivo di tutti.
In poco tempo arrivò a casa con una vaschetta di gelato e due birre, che posò sul tavolino.
Si sedette comodamente sul divano e iniziai a raccontargli tutto ciò che (non) era accaduto.

"Quindi é incazzato per qualcosa che non hai fatto?"
"Esatto"
"Glielo hai detto?"
"Certo, ma non vuole credermi"
"Ora dov'é?"
"É chiuso di là da un'ora"
"Lascialo sbollire, aspetta che gli passi e chiarite tutto"
"Non vuole sentire ragioni, non mi crede"
"É istintivo, ha bisogno di un po' di tempo per assimilare tutto e capire che tu non c'entri nulla"
"Lo spero" sospirai.
"Ma sì, non può ignorarti per sempre"
"Non lo so, onestamente"
"Dagli un po' di tempo... Ora vado, tienimi aggiornato"
"Sì, certo" mi alzai per accompagnarlo alla porta.
Lo salutai con un bacio sulla guancia e richiusi la porta.
Un po' mi aveva tranquillizzata il discorso di Jake, ma temevo che qualcosa andasse storto.
Tenevo troppo a lui per lasciarlo andare via.
Dopo tanto mi ero affezionata a qualcuno, non volevo restarci delusa per l'ennesima volta.
Passai il resto della mattinata a dormire e guardai qualche informazione qua e là per trovare tracce di mia sorella.
Consultai qualche forum di musica Rock e Metal, ma non trovai molto.
Era difficile risalire ad una persona tramite un insulso nickname.
Dalla camera da letto si sentiva solamente un forte odore di marijuana, segno che Cosimo si stava fumando l'impossibile.
Sospirai di nuovo e controllai i messaggi.
Nessuno mi aveva cercata, per fortuna.
Per un minuto venni tentata dall'idea di scrivere a Cosimo di non fumarsi un intero albero, ma poi ci ripensai, era meglio lasciarlo sbollire in pace.
Provai a telefonare a mia madre ma non rispose, aveva la segreteria.
Mi misi a pensare a cosa fare, ero sola ed iniziavo già ad annoiarmi.
Ricordai di avere la moto parcheggiata sotto casa, uscii il più velocemente possibile e partii verso un punto indefinito della città.
Avevo in mente di andare vicino a Pavia, c'era una strada che portava alla campagna ed era il posto ideale per pensare.
Nel giro di una mezz'oretta ero già a sfercciare lungo quelle strade, era tutto deserto e faceva un discreto freddo.
Aveva piovuto e l'asfalto era abbastanza bagnato, ma il vento in faccia era l'unica cosa di cui m'importava.
Amavo la velocità.
Quando andavo così veloce riuscivo a sentirmi viva, la velocità mi faceva stare meglio.
Andava tutto molto meglio da quando ero in sella alla mia moto.
Era tutto tranquillo fino a quando non mi accorsi di andare veramente troppo veloce, una curva improvvisa e un tuffo sull'asfalto.
Mi ritrovai stesa a terra con il fiato corto.
Riaprii gli occhi giusto per controllare che fossi ancora viva e sì, mi sembrava di essere viva e vegeta.
Provai a rialzarmi ma sentii un forte dolore alla testa e alla schiena.
Ero praticamente senza forze.
Riprovai nel mio intento ma fallii miseramente.
Intanto mi stavo lentamente impanicando, non mi era mai successo di non riuscirmi a rialzare in quel modo.
Sospirai sonoramente e provai ad estrarre lentamente il telefono dalla tasca dei pantaloni, senza pensarci due volte composi il numero di Cosimo.
Avvicinai il telefono al mio orecchio ed iniziai a fissare il cielo grigio che mi trovavo davanti.
Dava libero, non rispondeva nessuno.
Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli.
Stavo iniziando a perdere le speranze e a rassegnarmi all'idea che su quell'asfalto ci avrei lasciato la pelle.
Almeno avrei riabbracciato mio padre una volta per tutte.
"Pronto?" Sentii la sua solita voce roca.
"Giulia?" Chiese non sentendo la mia risposta.
"Cosimo..." Dissi con un filo di voce.
"Giulia? Cosa cazzo é successo?"
"Sono sulla strada per Pavia, fai presto...ti prego"
"Che cazzo hai combinato?"
"Con la moto..." Tossii "...Sono caduta, muoviti per favore"
"Arrivo, aspettami!" Disse con un tono agitato.
Non tolsi nemmeno il telefono dal casco, non ne avevo la forza.
Sentivo una sorta di calore salire su per la gola, mi veniva quasi da vomitare.
Cercavo di tenere gli occhi aperti ma mi era praticamente impossibile, sentivo le palpebre troppo pesanti.
Ripensai a mia madre e a Cosimo, a Federica e a tutti i miei amici.
Non potevo andarmene senza salutarli, non volevo morire lì.
Non quel giorno.
Avevo appena vent'anni, avevo praticamente tutta la vita davanti.
Speravo solo che Cosimo facesse in fretta.
Provai a rimanere cosciente la maggior parte del tempo, ma quasi quindici minuti dopo persi completamente i sensi.
Quel calore continuava a salire e nella parte bassa della schiena sentivo freddo, probabilmente era il bagnato della strada.

"Giulia!" Sentii due voci familiari.
"Oh cazzo!"
"Caricala in macchina che io prendo la moto"
"Chiamiamo un'ambulanza, non vedi com'é ridotta?"
"Ma prima che arrivano ci cricca, caricala in macchina e andiamo a Pavia!" Ribadé l'altro.
Sentii il casco venire via e due labbra posarsi sulla mia fronte, dopo due braccia forti mi tirarono su e finii in un posto molto più caldo e asciutto.
"Giulia? Mi senti?" Continuava a ripetermi.
Sentivo una certa pressione su una mano, ero in una sorta di dormiveglia.
Mi faceva malissimo la testa, ero sicura che quelle erano le mie ultime ore.
Mi scazzava andare via senza aver chiarito tutto.
Raccolsi un po' delle mie forze per stringergli la mano e provare a dire qualcosa.
"Cos..."
"Parlami, amore, non ti addormentare" disse trattenendo il nervosismo causato dalla situazione.
"Ti...amo..."
"Anche io Giulia, non mollare che ci siamo quasi"
Non ottenne alcuna risposta da me.
La mia passione mi aveva ridotto in quel modo.
Sentii la macchina fermarsi e due braccia sollevarmi per l'ennesima volta, poi nient'altro.
Come se qualcuno avesse spento la luce.

Non finisce qua, a presto il prossimo capitolo (spero)❤

Scarface || Gué PequenoTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang