Capitolo 7

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La Strip si era praticamente riempita di gente nel giro di poche ore, i club avevano acceso ogni sorta di luci e neon per attirare nuovi clienti, i ristoranti avevano piazzato alcuni ragazzi vestiti con i più svariati costumi pur di far entrare gente a mangiare un boccone ma, soprattutto, si vedevano fin troppe ragazze vestite con abiti succinti che abbordavano le auto che si fermavano vicino al marciapiede. Individuammo un ragazzo seduto su una panchina all'incrocio con la Robindale. «Sei mai stato sotto copertura, David?» Fermai l'auto vicino al marciapiede, poco distante dal tizio che avevo adocchiato.

Hodges mi guardò, un po' stupito dalla domanda. «Mickey, lo sai che sono rimasto chiuso in laboratorio fino a pochi mesi fa, come puoi pensare che io sia andato sotto copertura?»

Continuai a tenere d'occhio il ragazzo, sganciai la cintura dell'auto. «Chiedevo.» Misi in sicurezza la glock nella fondina. «Lo hai notato anche tu?» Feci un cenno con la testa per indicare il ragazzo. «Cappellino rosso, occhiali da sole e giubbotto di pelle.»

David lo cercò tra la folla. «Sì, pensi sia il protettore? Devo forse distrarlo?»

«Non proprio, credo sia più un suo sottoposto, sai, un pesce piccolo. Non preoccuparti, ci andrò io a parlare, nel frattempo tu cerca di abbordare una ragazza poi falla salire in macchina. Una volta salita chiedile di Laura e mostrale una foto.» Scesi dall'auto, Hodges fece lo stesso ma aveva un'aria un po' spaventata.

«Michelle io non credo di farcela. Sono prostitute e io uno scienziato, le due cose non vanno d'accordo!» Mi scongiurò.

«Oh dai, sei un uomo affascinante. Fai del tuo meglio.» Attraversai la strada guardando a destra e sinistra. «Non cacciarti nei guai.» Gli dissi ancora.

Mi avvicinai all'obiettivo, le bande catarifrangenti del mio gilet rilucevano debolmente alle luci dei neon, il ragazzo con il cappellino rosso sembrava avermi adocchiata ma non si scompose più di tanto. Si tirò su a sedere, masticando una gomma. «Qualche problema, agente?» abbassò gli occhiali da sole.

Presi il tesserino dalla giacca e glielo mostrai. «Agente Williams, della scientifica. Lei è...?»

«Luke Girlwalker.»

Riposi il tesserino nella tasca, sorridendo. «Nome curioso per un pappone, voglio il nome vero.»

Spostò lo sguardo svogliatamente. «Donald Scott, gli amici mi chiamano Donnie. Sono forse in arresto?» Fece scoppiare la bolla che aveva appena fatto con la gomma da masticare.

«No. Ho bisogno di qualche informazione su questa ragazza, la conosci?» Gli mostrai la foto di Laura.

Donnie la prese tra le dita, guardandola con noia. Si lisciò il pizzetto, poi fece un lieve sorrisetto. «È Misty. Sono tre giorni che non si fa vedere... se non torna a lavoro giuro che-»

«Laura è morta, Donnie. L'hanno uccisa lunedì sera.» Gli dissi gelamente. «Quindi, come puoi immaginare, dovrò chiederti dov'eri al momento dell'omicidio.»

Donnie sbiancò, una puttana morta significava solo guai per un pesce piccolo come lui che aveva, come unico compito, quello di assicurarsi che tornassero a casa dal paparino. Probabilmente non era neanche lui l'assassino ma dopo aver visto gente impalata per questioni molto più stupide non mi sembrava neanche così impossibile come finale. «Sto aspettando.» Intimai ancora una volta.

«Lunedì sono rimasto tutta la notte con un'altra delle ragazze...» Incrociò le braccia sul petto. «Si chiama Angelica Petersen, ma in strada la conoscono come Miranda.» Alzò il dito puntando una rossa con un vestito bianco dall'altra parte della strada. Mi soffermai a guardare la Denali su cui avevo lasciato un povero David Hodges in completo affanno. «È lei.» Continuò Donnie. «Ma il mio capo non deve sapere nulla, mi ammazzerebbe se sapesse che noi due stiamo insieme.»

Waking up in VegasWhere stories live. Discover now