Capitolo 4

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Mezz'ora dopo, Garrett era già seduto nella sala interrogatori ma stavolta era venuto in compagnia del suo avvocato; io e Hodges li stavamo osservando da dietro il vetro-specchio.
«Non sono sicuro di riuscire a farcela.»
«È stato strano anche per me la prima volta, però si tratta di smentire le stronzate che questo tizio proverà a raccontarci. Pensa al fatto che tu sei quello che ha ragione.»
«Ehi, io ho sempre ragione.»
«Appunto.» Gli diedi una pacca sulla spalla. «Andrai alla grande.»
In quello stesso istante Brass venne a chiamarci: toccava a noi adesso.


Garrett aveva un'espressione molto irritata, probabilmente lo avevano sottratto dal suo ufficio con la forza; l'avvocato invece pareva molto tranquillo, di sicuro aveva già in mente qualche scappatoia per scagionare il suo cliente.
«Signori, questi sono gli agenti Williams e Hodges, lei li conosce già, signor Garrett. Vorrebbero farvi alcune domande.»
L'uomo in giacca e cravatta si alzò in piedi per stringerci la mano ma non c'erano bisogno di presentazioni: era già famoso per aver difeso alcune carogne della malavita organizzata.
«Gary, come vanno gli affari?»
Sogghignò. «Siamo sempre al completo.»
«Mi fa piacere... abbiamo bisogno di rivedere alcune delle dichiarazioni che ci ha fatto questo pomeriggio.»
«Mi sembrava di avervi già detto tutto.»
Hodges prese la bustina di plastica contenente il profilattico. «Bhe, questo dimostra il contrario.»
«Già, e sa perché? Perché lei ci ha detto di non conoscere la vittima ma qua sopra ci sono i vostri DNA.»
L'avvocato gli disse qualcosa sottovoce che poteva sembrare un consiglio sul non dire nulla. «Il mio cliente si appella alla facoltà di non rispondere.»
«Bhe, le dico come la penso. Lei aveva bisogno di, mi lasci passare il termine, svuotarsi un po' le palle e ha raccattato quella poverina in strada... magari vicino alla Strip?» Garrett sembrava innervosirsi ad ogni parola che gli dicevo. «Sta cominciando a sudare! Forse è perché ho ragione.»
«E anche se fosse? Io non l'ho uccisa.» Incrociò le braccia.
«Allora ci dica la verità.» Hodges ripose le prove dentro la scatola di cartone.
Garrett aspettò un cenno del suo avvocato prima di parlare. «Ok, l'avevo incontrata sulla Strip... poi l'ho portata nel mio locale per una sveltina.»
«Perché portarla in un luogo così distante?»
«Senta, mi piace stare in un ambiente familiare, ok? Ma questo è tutto ciò che ho da dire a riguardo.»
Guardai Hodges e la scatola di cartone: effettivamente non avevamo altre prove che potessero trattenerlo quindi ci toccava lasciarlo andare. «Sa quanti anni aveva?» Tentai il tutto e per tutto.
Garrett cominciò a sudare. «Non mi sono mai interessato di saperlo... a vederla ne avrà avuti una ventina.»
«Ne aveva diciassette. Sa cosa intendo, vero?»
L'avvocato si illuminò: se ci aiutava, poteva tenere lontano il suo cliente da altre eventuali accuse e gli suggerì qualcosa all'orecchio. «Voglio un accordo.»
«Solo se ci darà una mano. Ci aiuti a catturare l'assassino di quella poveretta e noi parleremo con il giudice... dieci anni per favoreggiamento della prostituzione minorile direi che possano andare bene, considerando che ci ha già mentito una volta.»
«Vogliamo anche alcuni vantaggi come la buona condotta.»
«Possiamo parlarne... dipende da quanto ci saranno utili le informazioni che ci darà...»
L'avvocato fece un cenno a Garrett, il quale rispose che avrebbe accettato l'accordo. «Dunque... Quando se ne è andato, dopo aver fatto sesso con la vittima, ha visto o sentito qualcosa di strano?»
Garrett ci pensò su, grattandosi il pizzetto. «Ho sentito alcune voci provenire da lì vicino... potevano essere alcuni clienti che sono usciti a fumare.»
Presi un taccuino: le testimonianze non valevano di certo come le prove fisiche ma potevano darci una mano a risolvere il caso. «Mi descriva queste voci... erano maschili o femminili?»
«Maschili, sì, sembravano di ragazzi molto giovani... sono sicuro che fossero almeno in due.»
Hodges mi piantò il dito nel fianco. «Saranno Floyd e i suoi due amici... sai, i teppisti di cui ci ha parlato Brett.»
«Ottima osservazione socio... lei li conosce, Garrett?» Hodges gli fece scivolare la foto di Marcus Floyd sotto il naso.
«L'ho già visto qualche volta al locale... è sempre circondato dai suoi due cugini ritardati.»
«Cosa intende?»
Garrett sogghignò, prendendo in mana la foto. «Lui comanda la banda, gli altri due lo seguono come dei cagnolini e fanno tutto ciò che lui dice di fare... in compenso spendono molto e mi fanno guadagnare parecchio.»
Annotai tutto sul taccuino. «Sa come si chiamano i due?»
«Uno mi pare si chiami Lucas... l'altro non me lo ricordo.»
Finii di scrivere tutto poi chiusi la penna e il taccuino. «Grazie del suo aiuto, signor Garrett... adesso dovrà seguire questo agente che convaliderà il suo arresto. Le faremo sapere quando avremo chiuso il caso.»
Garrett e il suo avvocato si alzarono in piedi e uscirono dalla stanza in una manciata di secondi, seguiti dall'agente che gli leggeva i diritti.


Hodges mi aiutò a rimettere in ordine le sedie poi prese la scatola delle prove e, insieme, ci avviammo verso il laboratorio.
«Ottimo lavoro, David.»
Sembrava sorpreso. «Oh, grazie! Anche se non mi sembra di aver fatto molto, purtroppo.»
«Questo è anche il tuo primo interrogatorio... andrà meglio la prossima volta. Cosa bisogna fare adesso?»
Hodges ci meditò su. «Credo bisogna trovare al più presto quel Marcus e portarlo qui insieme ai suoi cugini.»
«Esatto. Hai chiesto a Brass di rintracciarlo?»
«Sì, ma mi ha detto che le prove che avevamo prima non erano sufficienti e che dovevamo andare noi da lui. Forse con le nuove dichiarazioni riusciamo a portarlo qua.»
Gli lasciai il taccuino. «Ottimo! Vai e scoprilo... le porto io queste cose in laboratorio.»
«Grazie! Così mi faccio bello davanti a Jim.»
«Sei sempre il solito.»

Waking up in VegasWhere stories live. Discover now