Capitolo 6

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Las Vegas, come dico sempre, è una città magica: sembra di essere in un altro mondo perché ci sono così tante luci e colori da farti venire il mal di testa ma più la guardi e la vivi più vuoi restarci. Lo diceva anche The King, Elvis, che bastava solo una volta per non essere più gli stessi: non è un caso se quelli che passano da qui ne restano vittime, molti vengono qui solo per trasgredire da un mondo piatto e monotono, altri denigrano tutto questo e la definiscono "La città del peccato", ma qui l'unico vero peccato è voler essere felici anche solo per un secondo.


Lasciammo il locale verso le nove di sera, Nick aveva voluto fermarsi ancora qualche minuto per chiedermi consigli su come comportarsi all'appuntamento con Melinda. Per la strada del ritorno decidemmo di passare lungo la Strip e di goderci un po' quei pochi minuti di libertà che ci rimanevano.


[...]
Appena rientrammo in laboratorio vidi un affannato David Hodges che mi correva in contro, aveva un sorriso soddisfatto in faccia.
«Indovina un po'?» Disse con un accenno di fiatone.
«C'è una svolta nel caso?»
«Non proprio ma potrebbe aiutarci... hanno arrestato Marcus Floyd mentre tentava di rubare degli alcolici in un supermercato vicino a casa sua. Brass lo sta portando qui così potremo interrogarlo.»
Gli diedi una pacca sulla spalla. «Ottimo... prendi tu la scatola delle prove, questa gamba mi dà un fastidio continuo.» Poggiai una mano sul ginocchio: in effetti lo stavo sforzando un po' troppo perché si era gonfiato leggermente. Cercai di non darci troppo conto, il giorno dopo l'avrei avuto libero e sarei potuta andare dal medico a farlo controllare.
Hodges uscì dal laboratorio con la scatola in mano, dopodiché ci avviammo verso la sala interrogatori dove, fino a poche ore prima, avevamo interrogato Garrett. Dopo esserci seduti al tavolo e aver rivisto le prove, aspettammo ancora una buona mezz'ora prima dell'arrivo del nostro sospettato.
Erano le dieci e mezza di sera passate quando il ragazzo fece capolino dentro la sala, scortato da un agente e dal suo avvocato d'ufficio.
«Ben arrivato, signor Floyd. Si accomodi.»
Il ragazzo non fece una piega, si sedette senza battere ciglio e con il volto contratto in un'espressione di sfida.
«Dawson Cappelletti, avvocato difensore. Tengo a informarvi che il mio cliente sarà fuori entro la mezzanotte, quindi cerchiamo di accelerare i tempi.»
«Non ci vorrà molto, signor Cappelletti.» Presi la cartellina e una penna dalla borsa, in modo da appuntarmi tutto. «Abbiamo motivo di credere che il suo cliente sia coinvolto in un omicidio avvenuto lunedì sera vicino al Red Lips Game, sulla Montgomery Street.»
Floyd sembrò rilassarsi infatti aveva assunto uno strano ghigno. «Lunedì sera, eh? Ero a casa con mia madre. Non c'entro nulla.»
Hodges prese la copia della dichiarazione firmata da Garrett al momento del suo arresto. «Le conviene dire la verità, signor Floyd, perché abbiamo un testimone che giura di averla sentita parlare sul luogo del delitto la sera dell'omicidio.» Non era stata una grande idea usare quelle esatte parole perché l'avvocato si umettò le labbra, pregustando la vittoria.
«Giura di averlo sentito parlare? Andiamo, se non erro quel locale è famoso per avere degli amplificatori sul tetto che disturbano la quiete pubblica dell'intero quartiere. Come può quest'uomo essere certo di aver sentito proprio il mio cliente?»
Hodges sbiancò, era consapevole di aver fatto un grave errore così intervenni io: per fortuna avevamo materiale a sufficienza per supportare la testimonianza di Garrett. «Il mio collega può provare ciò che dice, noi della Scientifica non diamo mai nulla per scontato e verifichiamo sempre le ipotesi: abbiamo trovato diverse impronte sopra alcune bottiglie di Vodka e Gin rinvenute nel cassonetto fuori dal locale, in più il gestore del Red Lips ci ha confermato la presenza del suo cliente al bar, insieme ai suoi due cugini, la sera in questione. Abbiamo delle ricevute che confermano che eri lì a bere, Marcus, questo non puoi negarlo.»
Floyd incrociò le braccia e corrucciò la fronte. «Scommetto che è stato Lucas a parlare, quell'idiota me la pagherà uno di questi giorni.» L'avvocato gli consigliò di stare zitto.
«Sta forse confessando l'omicidio?»
«Ehi! Frena cocca. D'accordo, ero lì con i miei cugini a bere, il tizio col pizzetto non ci aveva mai detto niente ma l'altro si è infuriato come una bestia, ci ha detto che se non ce ne andavamo via subito avrebbe chiamato gli sbirri, così ce ne siamo andati.»
«E le bottiglie?»
«Visto che non abbiamo potuto bere abbiamo fatto un salto nel supermercato che c'è lì vicino, il commesso è così idiota che non si è accorto della patente falsa.»
Annotai tutto sulla cartellina, dovevamo confermare il loro alibi. L'avvocato controllò l'orologio: mancava un quarto d'ora a mezzanotte.
«Il mio cliente non ha più nulla da dirvi quindi, se non vi dispiace, toglieremmo il disturbo.»
Nonostante le accuse fossero piuttosto pesanti, Floyd venne rilasciato con un ammenda di mille dollari, pagati subito dalla madre del ragazzo.


[...]
Andai in laboratorio per cercare David: lo trovai intento ad analizzare le prove del caso di Catherine. Bussai sul vetro ma lui parve non sentirmi, così entrai.
«Pessime notizie, socio.» Hodges alzò la testa dal microscopio per stare ad ascoltarmi, nel frattempo andai a sedermi su una delle sedie da ufficio girevoli che arredavano il piccolo cubicolo. «L'alibi di Floyd e dei suoi due cagnolini è stato confermato: Archie ha visionato il nastro della sorveglianza, la telecamera all'ingresso li ha ripresi mentre ciondolavano per le corsie del supermercato mezz'ora prima che la ragazza venisse uccisa e sono rimasti lì per quasi un'ora... Sembravano ubriachi.»
David mi guardò perplesso. «C'è sicuramente qualcosa che ci sfugge.»
«Sì ma cosa?» Ripensai alle prove raccolte, alle dichiarazioni fatte da Garrett,... qualcosa mancava di sicuro. «Abbiamo pensato troppo al contesto dove l'abbiamo trovata e non a quello dove dovrebbe stare.»
Se prima Hodges mi guardava perplesso, adesso era totalmente confuso. «Che vuoi dire?»
Mi alzai in piedi, camminando lentamente su e giù. «Rifletti, Garrett ci ha detto che aveva voglia di divertirsi un po'.»
«Sì, ma continuo a non capire.»
«Andiamo David, mi deludi... Dove è andato per cercare qualche ragazza?»
Il ragazzo assunse un'espressione corrucciata. «Sulla Strip se non sbaglio...» Poi meditò sulle sue stesse parole. «Stai forse pensando ad un protettore incazzato?»
Mi fermai un attimo, passando una mano dietro la nuca. «Sì, sappiamo che Laura aveva vinto, a inizio anno, una borsa di studio alla Rebels*. Secondo me voleva smettere di lavorare...» Guardai l'orologio: mezzanotte e dieci minuti. «Direi di vedere se qualcuno in strada la conosce, sicuramente troveremo altre ragazze che giravano con lei...»
Hodges annuì al mio ragionamento. «Vado a stampare una foto della ragazza, in questo modo sarà più facile trovarla.»
«Ottimo, vado a prendere le chiavi della macchina.»

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora