Capitolo 23: Bionde molto cattive.

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Giorno 12: John
Erano le sette meno venti quando la vidi. Occupava uno dei tavolini più nascosti del locale, in un angolino appartato. Per questo non l'avevo vista prima di quel momento. Indossava una camicia rossa, in forte contrasto con i suoi capelli, dei jeans lunghi e un paio di tacchi vertiginosi neri. Mi venne in mente la semplicità di Ariadne, in forte contrasto con l'esageratezza della bionda, e sorrisi. Avrei preferito mille volte la mia Adny a lei. Non vedevo l'ora di rivederla! Mi mancava e non vedevo l'ora di poter tornare a casa con lei, anche se questo avrebbe significato estenuanti ore a patire davanti alla saga di Twilight. Per lei ero pronto a tutto. Sorrisi e tornai al bancone. Avrei fatto finta di nulla, per me era solo una sconosciuta. Anche se...un po' di curiosità c'era. Come faceva a conoscere Ariadne? E chi era? Mi metteva in soggezione e mi sentivo sempre osservato. Era la prima volta che tornava dopo la settimana scorsa e le ero infinitamente grato per questo ma, se anche oggi non fosse venuta, non mi sarebbe dispiaciuto. Kevin mi raggiunse e mi affiancò, sorridendomi maliziosamente. "Allora? Visto chi è tornata?" Annuii, scuro in volto. Tanta felicità buttata nel cesso. "Non mi sembri molto contento." Lo guardai storto. "Ma come siamo arguti oggi Kevin." Mi sorrise e mi fece l'occhiolino. "Non per vantarmi ma..." Gli tirai un pugno sul braccio e lui scoppiò a ridere, facendo nascere anche sul mio viso un inizio di sorriso. Mentre aspettavo che quel bambinone troppo cresciuto si riprendesse mi misi ad asciugare alcuni piatti, giusto per ingannare l'attesa. Non c'erano molti clienti e, fortunatamente, si stava in tranquillità. Niente schiamazzi o risa sguaiate. Kev si asciugò le lacrime e mi passò un ordine. Lo presi e lessi: un panino prosciutto cotto e mozzarella. "Arriva subito." Lui, ahimè ancora ridendo, alzò il pollice in su e se ne andò, probabilmente a pulire qualche tavolo. Anche lui stasera aveva fretta di tornarsene a casa. Presi il panino dalla vetrinetta e lo misi sulla piastra per scaldarlo, aspettai qualche minuto e lo rigirai. Nel frattempo presi un piattino e ci misi sopra qualche tovagliolo. Mi riavvicinai alla piastra e tolsi il panino da essa, pronto per essere portato al suo legittimo proprietario. Richiamai Kevin e aspettai il suo arrivo. In meno di due secondi fu davanti a me. "Fatto?" Glielo passai e gli sorrisi. "Prontissimo." Sorrise e scappò nuovamente. Non capivo perché fosse così impaziente. Lo seguì con lo sguardo e vidi che nel tavolo verso cui si stava dirigendo era seduta una bella rossa. Ed ecco svelato il mistero. Mi lasciai andare a una leggera risatina e presi il mio amico straccio in mano. Erano ormai quasi le sette e, anche se dovevamo aspettare che tutti uscissero, tra poco avremmo chiuso. Incominciai a lavare il bancone e a sistemare tutto ciò che non era al suo posto. Avevo appena cominciato quando si presentò un gruppo di ragazzi alla cassa. Lasciai tutto e andai da loro. Registrai il numero del loro tavolo e mi uscirono le loro ordinazioni. "Allora ragazzi, avete preso due panini speck e brie, una panino solo al cotto, due piadine crudo e mozzarella e, per finire, tre Coca Cole e due birre medie. Ho detto giusto?" Loro annuirono all'unisono e io sorrisi. "Sono 33,00$, ragazzi." Uno dei ragazzi mi diede i soldi, che contai velocemente, e poi li misi in cassa, facendogli lo scontrino. Glielo consegnai e lui mi sorrise. "Buona serata, ragazzi! Alla prossima!" Loro mi salutarono in coro e uscirono dal bar. Ripresi in mano lo straccio e mi allontanai dal bancone. Nel locale c'erano solo la bionda, la rossa, che parlava con Kev, e una coppia di anziani venuti qui per il dolce. Passai lo straccio sul tavolo appena liberato dai ragazzi, che si erano rivelati tranquilli, che era pieno di briciole e di macchie lasciate dalle bibite. Lo ripulii tutto e poi passai a quello successivo. Notai la coppia di anziani alzarsi e mi stavo già preparando per andare da loro quando Kev mi fece segno con la mano che ci avrebbe pensato lui. Meno male. Così avrei finito di pulire i tavolini restanti. Sbuffai. Erano le sette in punto. Avevo voglia di tornare a casa. Ripulii gli ultimi tavolini, che erano quasi tutti già abbastanza a posto, e guardai prima la bionda, che stava digitando qualcosa sul suo cellulare, e poi la rossa, che stava leggendo un libro. Dovevo farle sgomberare, dovevo farle levare le tende. Almeno la rossa, alla bionda ci avrei pensato poi io. Andai da Kevin, che era nel retro che si stava cambiando, per avvisarlo di ciò che avrei fatto. "Ehi Kev, guarda che sono le sette e dieci e io devo andare a prendere Adny quindi faccio sgomberare le due belle di là." Lui mi guardò e velocemente finì di cambiarsi, prendendo le sue cose. "Vado io, tranquillo. Tu cambiati." Annuii e gli feci un sorriso malizioso. "Ehhhh, la rossa vero?" Lui, imbarazzato, sgattaiolò via. Mi tolsi il grembiule, mi infilai il giacchetto di pelle nera e presi portafoglio, telefono e chiavi di casa e di macchina. Pronto. Sistemai velocemente anche quella stanza e poi rientrai nel bar. Il locale era completamente vuoto, c'era solo Kevin che sistemava le ultime cose. Si girò verso di me e mi sorrise. "Abbiamo finito qui?" Lui annuì e insieme ci dirigemmo verso l'uscita. Spegnemmo le luci, uscimmo dal bar e io chiusi la porta del bar a chiave. Tirai giù la saracinesca e chiusi anche quella. Sospirai e mi girai verso Kev. Si era accesso una sigaretta e sorrideva. "La bella rossa, di nome Rose, mi ha dato il numero." Risi e gli diedi una pacca sulla spalla. "Non avevo dubbi Kev!" Rise e rilasciò andare il fumo. "Io vado John, a domani." Ricambiai il saluto e lo osservai allontanarsi. Feci per andarmene, era tardi e Ariadne mi aspettava, quando una voce mi fece bloccare. "Meno male che se ne è andato via, non potevo più aspettare." Mi girai verso la voce ed eccola lì, in tutto il suo splendore. "Chi sei? Io non ti conosco e non ti ho mai vista, se non nell'ultima settimana." Lei mi si avvicinò e io indietreggiai, non mi fidavo molto di quegli occhi. Mi sorrise e piegò la testa di lato. "Tu non mi conosci ma io si." Strinsi forte la mascella e i pugni contemporaneamente. Non mi sarei fatto prendere in giro. "Chi sei e cosa sai." "Mamma mia quante cose vuoi sapere! Ariadne lo sa che sei così curioso?" Mi bloccai. Era evidente che lei conoscesse cosa ci fosse tra me e Adny. "Evidentemente non lo sapevi neanche tu, se no gli avresti già fatto tante di quelle domande." Incominciavo ad arrabbiarmi. "Cosa centra Ariadne in tutta questa storia?" "Ogni domanda a suo tempo e ora proprio non ne ho. Io devo scappare e mi sa anche tu ma se vuoi possiamo rivederci." Sbattei la mano contro il muro, facendola sussultare. "Non voglio rivederti, sono sicuro che porteresti danni, ma voglio delle risposte." La osservai avvicinarsi a me, afferrarmi la mano destra e lasciarci dentro un bigliettino. Si allontanó da me così come mi si era avvicinata e scese dal marciapiede, richiamando l'attenzione di un taxi. Mi rigirai tra le mani il fogliettino, sul quale c'era scritto un nome e un numero di telefono. Sarah. Ecco finalmente svelato il nome della misteriosa ragazza bionda. "Sarah Garcia, il piacere è decisamente solo e tutto mio." La guardai e storsi il naso. Nome e cognome adatti a quella che sembrava una stronza. "Te l'ho già detto, non ti voglio rivedere." Il taxi si fermò e lei aprì la portiera. "Io, invece, sono sicurissima che lo farai. Sai com'è, quello che tu hai sono domande e quello che tu vuoi sono risposte e, guarda caso, io le ho tutte." Sarah salì sul taxi. "Aspetta..." Non feci in tempo a finire la frase che lei aveva chiuso la portiera e che il taxi era partito. Merda. Riguardai il biglietto. Fui tentato di buttarlo ma qualcosa mi trattenne. Sbuffai e me lo infilai nella tasca della giacca. Mi incamminai verso la macchina e diedi un'occhiata all'orario del cellulare. Erano le sette e mezza e avevo tre chiamate perse di Ariadne. Cazzo! Mi affrettai verso la macchina e la aprii immediatamente, tuffandomici dentro. Misi in moto e in poco tempo arrivai davanti alla libreria. Era lì, tutta sola, che mi aspettava seduta sul marciapiede, stringendosi la borsa al petto. Chiunque, passando di lì, avrebbe potuto aggredirla, soprattutto nella condizione in cui era in quel momento. Parcheggiai l'auto velocemente e scesi, senza neanche chiuderla. Corsi verso di lei. "Ariadne!" Appena lei si sentì chiamare si alzò di scatto e corse verso di me, buttandosi tra le mie braccia, con solo il pancione in mezzo a noi. La tenni stretta a me e dopo poco mi scostai, per guardarla in faccia. Gli presi il viso tra le mani e lo osservai. "Stai bene? State bene?" Lei annuì più volte. "E tu? Stai bene? Non ti vedevo arrivare e mi sono preoccupata! Pensavo ti fosse capitato qualcosa di brutto." Scossi la testa e le lasciai un bacio sulla fronte. "Non mi è accaduto nulla e, si, sto bene e anzi, ora che siete con me, sto meglio." Lei mi sorrise e sfiorò le sue labbra con le mie. Mi guardò negli occhi e sembrava quasi scavarci dentro. "Sicuro di star bene? Ti vedo preoccupato." La guardai e cercai di infondergli tranquillità. "Sto bene, non ti preoccupare." Mi sorrise e annuì. Ci separammo e io le circondai le spalle con il mio braccio, tenendola stretta a me, e insieme ci dirigemmo verso la macchina. Destinazione casa.

Noi e il frutto del nostro amoreWhere stories live. Discover now