3. The One That Got Away

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Un'ora prima

"Ma... non può essere... Non può essere... morto" Will ragiona ad alta voce, e sentirglielo dire non fa che rendere tutto più reale.

La sua domanda è l'ultima cosa che sento, prima che tutti i suoni diventino ovattati e il rumore dei miei singhiozzi disperati annulli tutto il resto. Gli occhi mi si appannano, ma non per questo mi impediscono la vista offuscata dell'espressione sconcertata dell'uomo dai lunghi capelli mori di fronte al quale sono caduta in ginocchio. Mi è successo solo una volta in vita mia, ma credo di avere un attacco di panico. Mi formicola tutto, la testa mi gira, ho il vomito, e sto tremando, mentre il pianto disperato mi fa far fatica a respirare. Will e Colin sono presto ai miei fianchi e mi prendono per le braccia: Will si pone il mio braccio sinistro sulle spalle e Colin il destro, mentre il tizio spalanca la porta, ci fa entrare in casa sua e Connie richiude l'anta dietro di noi. È un casino. Ci sono cose sparse ovunque, ed è un monolocale così piccolo, che quasi sembra impossibile che possa viverci anche solo una persona. Ho la gola secca, e prendere dei respiri mi risulta sempre più complesso. Connie dà le direttive. Non sento quello che dice, ma deve essere molto categorica e ferma, se Colin e Will le obbediscono senza obiettare. È tutto nella tua testa, Celeste, è solo nella tua testa, continuo a ripetermi mentalmente. Poi una vocina petulante mi rammenta che Peter è apparentemente morto, e il mio cuore accelera i battiti, mentre ogni singola parte del mio corpo suda e la voglia di rimettere si intensifica. Le lacrime e il trucco essiccati sulle mie guance mi danno un fastidio smisurato.

"Che cazzo ha?".

"E io che cazzo ne so?!".

"È un attacco di panico, coglioni".

"Ma come è possibile? Che io sappia non ne ha mai avuti!".

"C'è una prima volta per tutto, Einstein".

"E ora che si fa?".

"Ti sembra che ho scritto in testa: 'Wikipedia'?! Che cazzo ne so, io!".

"Per favore, calmatevi: la confusione non farà che peggiorare le cose. Dobbiamo tranquillizzarla".

Una serie di frasi sconnesse mi raggiunge le orecchie, ma non trovo un senso a nessuna di loro, e non mi ci riesco a concentrare per più di tanto, perché mi si annebbia la vista e sento quasi di perdere i sensi.

"Come si chiama la ragazza?".

"Celeste".

"Celeste? Quella Celeste?".

"Ma che cazzo di domanda è?!".

"Ehi, amico, calmati, era per sapere".

"Ci date un taglio, per la miseria?!".

"Celeste, riesci a sentirmi? Fammi un piccolo cenno con il capo se sì" mi ordina dolcemente una voce che non riconosco.

Non sono in grado di parlare, quindi annuisco. O, almeno, cerco di farlo. Qualcuno mi prende le mani e me le stringe. Sono stesa. Quando mi hanno stesa? Questo divano puzza di pizza andata a male. Perché è un divano, quello su cui sono, giusto?

"Va bene, tesoro, ora ti chiederò di fare delle cose, e sarebbe opportuno che tu seguissi i miei consigli, okay?" mi domanda la voce non ancora identificata, e io cerco di assentire nuovamente.

"Perfetto. Ora chiudi gli occhi. Bravissima, tesoro. Sei su una spiaggia, adesso. La vedi? Una spiaggia bellissima, una distesa vastissima di sabbia bianca. Davanti a te c'è l'oceano, terribile e meraviglioso. Lo senti il vento che ti accarezza il volto? I piedi che affondano nella sabbia che te ne solletica la pianta? I bambini in lontananza che giocano a palla e gridano di gioia? Le madri che li richiamano comandando loro di non far chiasso? Le onde che si infrangono a riva in una danza? L'aria salmastra? Il sole sulla pelle? Il ragazzo che passa con il carretto dei gelati con quella canzoncina odiosa? Quello che cerca di venderti del cocco? Ecco, tu sei qui. Su questa spiaggia incredibilmente affollata. Ci sono tutti i tuoi amici, con te e..." mi illustra la voce sconosciuta, pacata e calma, ma viene improvvisamente interrotta da un'altra voce a me familiare.

Celeste - Lasciati trovare [SEQUEL]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora